Nonostante le virulenti invettive del partito della guerra per portare avanti il conflitto a tempo indeterminato, le trattative di pace tra Washington e Mosca proseguono e si annunciano passi sostanziali in questa direzione.
L'inviato speciale del presidente degli Stati Uniti, Steve Witkoff, ha affermato che nel quadro dell'accordo ucraino si è presentata l'opportunità di arrivare a qualcosa di importante per il mondo intero. "Penso che potremmo essere sull'orlo di qualcosa che sarà molto importante per il mondo in senso globale", ha detto a Fox News.
Secondo Witkoff il presidente russo Vladimir Putin sarebbe pronto ad un accordo per una pace duratura, i cui termini riguardano "i cosiddetti cinque territori" che comprendono la Crimea, le regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Al contempo "c'è molto di più", ha aggiunto, "ci sono i protocolli di sicurezza, non c'è la Nato, l'articolo 5 della Nato, insomma, ci sono solo un sacco di dettagli allegati". Neutralità e riconoscimento dei territori occupati sono in sintesi le questioni principali per Mosca per porre fine al conflitto. L'11 aprile, Witkoff aveva incontrato il leader del Cremlino nell'edificio della Biblioteca presidenziale di San Pietroburgo, conducendo trattative che sono durate circa quattro ore e mezza.
Per l’inviato speciale di Trump, "la richiesta di Putin è di raggiungere una pace permanente… Quindi, al di là del cessate il fuoco, abbiamo ottenuto una risposta".
Condizioni ribadite oggi dal capo dei servizi d’intelligence russi per l’estero, Serghei Naryshkin: “gli obiettivi strategici della Russia dopo la fine del conflitto rimangono gli stessi. Lo status neutrale e senza armi nucleari dell’Ucraina, la demilitarizzazione e denazificazione dello Stato ucraino e l’abolizione di tutte le leggi discriminatorie” contro la minoranza russa, ha affermato.
Immediata la reazione di Volodymyr Zelensky che non ha gradito i termini presentati da Witcoff, sottolineando che solo il popolo ucraino può prendere decisioni riguardanti “i territori del nostro Paese”. Lo ha dichiarato a Odessa durante un briefing congiunto con il segretario generale della NATO Mark Rutte.
"Per quanto riguarda i territori, l'Ucraina è uno Stato sovrano. E tutti i territori appartengono allo Stato unitario ucraino. Pertanto, solo il popolo ucraino può parlare dei territori del nostro Stato. E sapete che per noi la "linea rossa" consiste nel riconoscere qualsiasi territorio temporaneamente occupato non come ucraino, ma russo. Pertanto, i rappresentanti competenti stanno discutendo questioni che vanno oltre la loro competenza", ha affermato il presidente.
Nella conclusione, il leader ucraino ha rilanciato sulla necessità di dispiegare le truppe di peacekeeping. "Gran Bretagna, Francia e altri paesi della NATO stanno già attivamente preparando il terreno per un contingente di sicurezza in Ucraina.
È importante che tutti noi siamo sufficientemente rapidi ed efficienti in questo processo", ha concluso Zelensky, chiedendo, di fatto, ai suoi alleati europei, di attuare tutte le azioni necessarie per prolungare il conflitto fino al raggiungimento dell’integrità territoriale del Paese. Lo stesso Zelensky che il 14 aprile aveva ammesso che Kiev non ha abbastanza potenza militare per restituire tutti i territori conquistati dalla Russia. Ma questa possibilità non ce l’ha nemmeno l’Europa, considerando che, come ammesso dal segretario generale della NATO, Mark Rutte, Mosca a livello militare produce in 3 mesi quanto l’intera Alleanza in un anno intero.
La Russia, in precedenza, aveva avvertito che qualsiasi presenza militare della NATO in Ucraina, indipendentemente dalla forma, sarà considerata una minaccia diretta alla sua sicurezza e potrebbe innescare un conflitto con l’intera Alleanza. Un monito lanciato da Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, che ha accusato il presidente ucraino Zelensky di cercare un coinvolgimento più diretto degli alleati europei, definendo un eventuale dispiegamento di truppe un atto di guerra.
Quando nel 2022 la guerra poteva essere fermata ad Istanbul
Mentre Kiev, allineata all’Ue più guerrafondaia, rimane inflessibile nelle sue posizioni, le dichiarazioni di Witcoff non possono non rievocare gli accordi di Istanbul, quando, già nell’aprile 2022 le due parti avevano trovato un’intesa preliminare che avrebbe fermato l’ecatombe in pochi giorni. L’Ucraina si sarebbe dichiarata "perennemente neutrale e non nucleare", rinunciando ad entrare nella NATO, a ospitare basi militari straniere e a truppe straniere sul suo territorio.
In cambio, il Paese avrebbe ricevuto garanzie internazionali di sicurezza da parte dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (inclusa la Russia), più Paesi come Germania, Italia, Israele, Canada, Polonia e Turchia. Tuttavia, la lista dei garanti cambiava frequentemente e il quadro rimaneva fluido. Il presidente Zelensky, inizialmente aperto all’accordo, dichiarò che la neutralità era accettabile, riconoscendo che per la Russia questa era la richiesta principale.
Secondo quanto rivelato successivamente da David Arakhamia (capo negoziatore ucraino), i russi erano pronti a chiudere la guerra se Kiev avesse accettato quella condizione. Ma dopo il ritorno da Istanbul, il 9 aprile 2022, l’arrivo nella capitale del premier britannico Boris Johnson avrebbe cambiato tutto, spingendo l’Ucraina a non firmare nulla e continuare a combattere.
L’Occidente, in sostanza, fece deflagrare tutto. “I russi erano pronti a porre fine alla guerra se avessimo accettato la neutralità: noi avremmo dovuto promettere di non aderire alla Nato. Questa era la cosa più importante per loro, il punto chiave”, ha ricordato il capo del partito di Zelensky, David Arakhamia alla tv ucraina “1+1”.
“Quando siamo tornati da Istanbul – continua Arakhamia – Johnson è venuto a Kiev e ha detto che non avremmo dovuto firmare nulla con i russi, ma solo combattere e basta”.
Il leader ucraino licenzia il governatore di Sumy per aver organizzato la cerimonia della 117° brigata il giorno del Raid
Nel frattempo a Sumy, appare sempre più evidente come le vittime civili del barbaro bombardamento russo della domenica delle palme siano imputabili anche alla scelta irresponsabile da parte delle autorità ucraine, di indire una riunione di militari in pieno centro città.
Secondo stime ufficiali, nel raid 35 residenti avrebbero perso la vita e più di 100 sarebbero i feriti.
Come riportato da Unian, il Governo ha sostenuto i progetti di decreto Zelensky sul licenziamento di Volodymyr Artyukh dalla carica di capo dell'Amministrazione statale regionale di Sumy e di Artem Lysohor dalla carica di capo dell'Amministrazione statale regionale di Luhansk.
Una decisione che arriva dopo la denuncia, trapelata sul Kyiv Indipendent, di Artem Semenikhin, sindaco della città di Konotop, che ha accusato il governatore regionale Artiukh di aver organizzato una cerimonia di premiazione per la 117° Brigata a Sumy il 13 aprile, proprio nel giorno del Raid. Un evento che, secondo Semenikhin ha rappresentato un rischio eccessivo per i civili e il personale militare.
“Ha organizzato la consegna di attestati e medaglie ai nostri ragazzi, eroi, qui oggi… Tutti ne parlano, tutti ne scrivono, quindi non è un segreto. Il grande raduno di soldati ha creato il pretesto per la Russia di attaccare un raduno militare”, ha detto il governatore, che si è detto poi felice di apprendere che “è stato aperto un procedimento penale non solo per l'attacco terroristico genocida dei macellai contro gli ucraini, ma anche per scoprire chi ha pensato di organizzare eventi con un raduno di militari nel centro della città, a 30 chilometri dai macellai".
Ci sono inoltre conferme di diversi militari ucraini rimasti uccisi nell’attacco missilistico, come riportato sempre da Ukrainska Pravda, citando un messaggio del Consiglio comunale di Berdichev. Tra questi c’è il colonnello Yuri Yula, nato nel 1982, ex comandante ad interim dell'unità A1476 dell'esercito ucraino (27ª brigata d'artiglieria). È accusato dai militari russi di essere responsabile di attacchi contro civili nel Donbass. Nel 2015 ha ricevuto l'Ordine di Bogdan Khmelnitsky per il suo ruolo nella cosiddetta Operazione antiterrorismo (ATO). L'unità A1476, dislocata a Sumy, avrebbe colpito civili con missili Uragan nel 2014 e, successivamente, utilizzato sistemi HIMARS anche contro territori russi. Un’altra vittima dell’esercito è Vladimir Zherebtsov, originario del villaggio di Popovichka nella regione di Černihiv, nato nel 1986 e arruolato nelle Forze Armate ucraine dal 2008. Entrambi hanno riportato ferite letali, secondo dettagli stanno emergendo in questi giorni sui media ucraini.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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