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Protezione civile di Gaza: persone intrappolate dalle macerie, mancano i macchinari adeguati a causa del blocco israeliano

Un nuovo crimine israeliano si consuma proprio durante la domenica delle Palme. Nella notte, due caccia israeliani hanno lanciato missili contro l’ospedale Battista di Al-Ahli, una struttura gestita dalla chiesa anglicana nel nord di Gaza city. Il raid, lanciato mentre i medici stavano evacuando i pazienti ricoverati, ha distrutto il pronto soccorso, l'ingresso principale e una struttura che ospitava l'ossigeno medicale per i pazienti di terapia intensiva. Un bambino, ricoverato a causa di ferite alla testa, è morto durante l’evacuazione. Ora anche il più grande ospedale ancora funzionante nel nord di Gaza, già colpito 5 volte durante la guerra, è ormai fuori servizio. Un ennesimo crimine di guerra che ha sollevato l’indignazione della comunità cristiana e delle organizzazioni umanitarie. “La Diocesi di Gerusalemme è sgomenta”, si legge in una dichiarazione ufficiale della Chiesa Battista di Gerusalemme e del Medio Oriente, che ha condannato con fermezza l’attacco a una struttura medica vitale per il nord dell’enclave. “Una condanna a morte per chiunque subisca un trauma o abbia bisogno di un intervento chirurgico nel nord di Gaza”, ha commentato in un’intervista ad Al Jazeera, il medico norvegese Mads Gilbert, esperto in medicina d’emergenza, definendo l’azione “sadica, sistematica e profondamente immorale”. “Preferirei essere all’inferno che a Gaza in questo momento,” ha dichiarato. Hamas ha condannato l’attacco definendolo “un crimine orribile”, attribuendone la responsabilità a “un’entità criminale che calpesta ogni legge, regola e principio umanitario, con il sostegno e la complicità degli Stati Uniti”. Nel comunicato si sottolinea inoltre che l’ospedale Battista, l’unico ancora pienamente operativo a Gaza City, accoglieva centinaia di pazienti, feriti e membri del personale sanitario al momento dell’attacco. Il bombardamento di ospedali è solo la punta dell’iceberg di una drammatica serie di violazioni documentate. Dall’inizio della guerra, anche scuole trasformate in rifugi sono diventate bersagli. Almeno 33 palestinesi, molti dei quali bambini, sono morti nei recenti raid aerei su tre scuole nel quartiere Tuffah di Gaza City. Nel corso del conflitto, la scuola al-Fakhoura nel campo profughi di Jabalia è stata colpita due volte in due settimane, provocando almeno 65 morti. Altri 100 civili sono rimasti uccisi nell’attacco alla scuola al-Tabin il 10 agosto, e 30 persone sono morte nella scuola di Abbasan a luglio. La Protezione Civile di Gaza ha lanciato un accorato messaggio alla comunità internazionale, denunciando l’impossibilità di portare soccorso alle vittime intrappolate tra le macerie degli edifici bombardati. “Molti feriti sono rimasti uccisi sotto le macerie delle loro case, che l’occupazione ha distrutto sopra le loro teste senza alcun preavviso”, si legge nella nota diffusa sul canale Telegram ufficiale dell’organizzazione. I soccorritori riferiscono di numerosi episodi drammatici nei quartieri di Shujayea, Abasan, Rafah e Deir el-Balah, dove è stato possibile udire le grida di aiuto provenienti da sotto gli edifici crollati. Tuttavia, la mancanza di macchinari e strumenti adeguati, bloccati ai valichi d’ingresso da parte dell’esercito israeliano, ha reso impossibile il salvataggio. “Ora non sono altro che corpi scomparsi”, afferma la Protezione Civile. “Ci chiediamo ancora: quando finiranno le morti nella Striscia di Gaza? E per quanto tempo continuerà questo fallimento internazionale?”. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero della Sanità di Gaza, il bilancio complessivo delle vittime ha raggiunto 50.944 morti e 116.156 feriti, ma a peggiorare la situazione, concorre l’assedio totale che Israele ha imposto da sei settimane: nessun aiuto entra nella Striscia, nessun rifornimento di cibo, acqua o medicinali. Uno sterminio organizzato e ancora totalmente impunito.

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