Una giornata che è un nuovo bollettino di guerra contro la popolazione civile di Gaza. Nelle prime ore dell'alba, i caccia israeliani hanno sferrato una serie di attacchi aerei che hanno ucciso almeno 38 palestinesi, molti dei quali donne e bambini rifugiati in quelle che un tempo erano strutture scolastiche. La scuola Dar al-Arqam, nel quartiere di Tuffah a Gaza City, è stata ridotta a un cumulo di macerie fumanti, con decine di corpi straziati tra i banchi dove fino a pochi giorni prima i bambini palestinesi cercavano una parvenza di normalità.
Secondo il personale ospedaliero, almeno 17 persone, alcune delle quali appartenenti alla stessa famiglia, sono rimaste uccise dopo che un attacco aereo ha colpito la città meridionale di Khan Younis. Solo il giorni prima, gli attacchi israeliani avevano provocato almeno 100 morti tra i palestinesi.
"Eravamo qui perché pensavamo fosse un posto sicuro", racconta con voce spezzata Um Mohammed, sopravvissuta miracolosamente al bombardamento. "Mio figlio di 8 anni studiava in questa scuola prima della guerra. Oggi l'hanno trasformata in un cimitero".
"La situazione è molto pericolosa e la morte ci raggiunge da ogni direzione", ha detto Elena Helles, aggiungendo che la sua famiglia è intrappolata nella casa della sorella a Shujayea.
Secondo l'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite OCHA, nelle ultime due settimane più di 280.000 persone sono state sfollate a Gaza.
"Giuro su Dio che rimarrò in strada, qui non c'è alcun riparo", ha detto Hemam al-Rifi, 40 anni, all'agenzia di stampa Reuters, sottolineando che i membri della sua famiglia sono stati uccisi quando il complesso scolastico di Gaza City in cui si erano rifugiati è stato colpito dal mortale attacco di Israele giovedì.
Netanyahu: completeremo la vittoria
Nel frattempo Netanyahu non perde il suo cinico ottimismo per la vittoria di sangue finale. In un incontro con i leader della comunità ebraica in Ungheria, ha assicurato che il suo esercito sta vincendo "una guerra su sette fronti per l'eternità di Israele" in quello che viene definito un momento storico.
"Con l'aiuto di Dio completeremo la vittoria nel prossimo futuro", ha annunciato Netanyahu, secondo quanto riportato dal suo ufficio.
Un successo che, a detta sua, richiederà il ritorno di tutti i prigionieri tenuti a Gaza. "I nostri soldati stanno combattendo e facendo pressione sui mostri di Hamas".
Toni trionfali che si frappongono alle continue tensioni tra il capo dell'agenzia per la sicurezza interna israeliana Shin Bet (servizio di sicurezza interna) e il primo ministro. Perdurano infatti le accuse che il leader israeliano avrebbe fatto pressione su Ronen Bar affinché comunicasse ai giudici che non avrebbe potuto testimoniare al suo processo per corruzione.
L'inchiesta condotta dallo Shin Bet soprannominata "QatarGate", ha coinvolto Yonatan Urich, consigliere di Netanyahu ed Eli Feldstein, ex portavoce dell'ufficio del premier. I due sarebbero coinvolti in un’operazione di corruzione da parte del Qatar volta a promuovere un’immagine positiva del Paese arabo, diffondendo altresì messaggi critici verso l’Egitto", screditandone il ruolo di mediatore nei negoziati per il cessate il fuoco a Gaza.
In una lettera presentata all'Alta Corte, Bar ha affermato che il suo licenziamento è stato avviato dopo aver rifiutato la richiesta di Netanyahu. È stata anche esercitata pressione su di lui per compiere azioni che ha descritto come "contro i cittadini dello Stato".
Netanyahu e Bar sono in conflitto da mesi a causa anche delle recriminazioni per l'incapacità di prevenire gli attacchi del 7 ottobre 2023. Bar aveva precedentemente affermato che la sua rimozione era motivata dal desiderio di fermare la “ricerca della verità” sugli eventi che hanno portato al 7 ottobre.
Gli scheletri nell’armadio del governo hanno origini ancora più remote. I media israeliani, come il quotidiano Haaretz, hanno recentemente ricordato come dal 2018, Netanyahu fece pressione sul Qatar affinché inviasse ad Hamas 30 milioni di dollari in contanti, imballati in valigie, ogni mese. In totale 1,8 miliardi di dollari nelle mani di quella che, teoricamente, dovrebbe essere l’organizzazione terroristica, nemica numero uno di Tel Aviv.
La politica di Netanyahu è sempre stata quella del dividi et impera riguardo ad Hamas e all'Autorità Nazionale Palestinese, e in tale contesto – scrive Haaretz – ha rafforzato Hamas, un'organizzazione jihadista il cui obiettivo è l'eradicazione di Israele e indebolito l'Autorità Nazionale Palestinese, che riconosce Israele. Risultato? Le azioni del gruppo radicale, culminate nel 7 ottobre hanno dato l’alibi per la politica genocida e imperialista dell’attuale primo ministro.
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