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È un occidente a due binari quello che si sta costituendo nella fascia euro-atlantica, con Donald Trump che preme per intavolare una conversazione con Vladimir Putin nelle prossime ore e un’Europa incatenata in una nevrotica corsa al riarmo, ben lungi dal garantire la tanto agognata “pace giusta e duratura”.
Mentre nel vecchio continente, su iniziativa del premier britannico Keir Starmer, viene promossa la coalizione dei volenterosi per stabilire contingenti militari in Ucraina in tempo di pace – travalicando le condizioni poste da Mosca in tal senso – al Consiglio Affari Esteri del parlamento Ue Kaja Kallas chiede altri 40 miliardi di euro da deliberare il prima possibile per fornire sostegno militare a Kiev.
Il piano Kallas si concentra principalmente sul sostegno all'Ucraina attraverso la fornitura di munizioni per artiglieria, sistemi di difesa aerea, missili, droni e jet da combattimento, ma sono previsti anche aiuti non letali, come l'addestramento e l'equipaggiamento delle brigate ucraine, con l'obiettivo di coinvolgere anche gli Stati membri neutrali. L'iniziativa ha un valore stimato di "almeno 20 miliardi di euro", con la possibilità di raggiungere "potenzialmente" i 40 miliardi.
Per evitare che i veti di alcuni Paesi possano bloccare le forniture, la proposta è stata strutturata su base volontaria.
Per quanto riguarda l’Ucraina, c’è un ampio sostegno politico per un’iniziativa di difesa di 40 miliardi di euro. Naturalmente, ora la discussione è intorno ai dettagli. All’ultima riunione del Consiglio europeo (6 marzo – ndr) abbiamo ricevuto conclusioni che dobbiamo portare avanti rapidamente questa iniziativa e abbiamo svolto qualche altro lavoro su questo tema”, ha detto Kaia Kallas sul pacchetto che sarà discusso in una riunione informale dei ministri della Difesa dell’UE a Varsavia il 2-3 aprile.
L’intesa, tuttavia, non è unanime. “A Bruxelles continua a prevalere la posizione favorevole alla guerra. Nella riunione odierna del Consiglio dei ministri degli Esteri è in fase di preparazione un pacchetto di aiuti finanziari da almeno 20 miliardi di euro per l’Ucraina. Non ci lasceremo trascinare in questa vicenda e non permetteremo che il denaro dei contribuenti ungheresi venga utilizzato per finanziare le forniture di armi all’Ucraina”, ha scritto in un post su Facebook il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, precisando che il Paese, sostiene invece i negoziati di pace.
Grazie al Presidente Trump, la speranza di pace non è mai stata così vicina negli ultimi tre anni come lo è ora, motivo per cui l’intenzione di Bruxelles di rendere impossibili i negoziati di pace è inaccettabile”, ha precisato.
A questo proposito, sono in aumento le aspettative per la conversazione telefonica di martedì, tra Vladimir Putin e il miliardario newyorchese. Un’occasione che, secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, rappresenta “un passo molto importante per il rilancio delle relazioni bilaterali".
"Penso che molto sia già stato discusso da entrambe le parti, Ucraina e Russia. Vogliamo vedere se possiamo mettere fine a questa guerra. Forse possiamo, forse no, ma credo che ci siano buone possibilità", ha commentato un Donald Trump molto ottimista che, a bordo dell’Air Force One, ha rivelato l’inizio di discussioni sul "dividere alcuni asset" tra Russia e Ucraina.
La portavoce della Casa Bianca Carolyn Levitt si è spinta a dire che un accordo di pace è più vicino che mai, con le due parti "a pochi metri” dal raggiungimento di tale obiettivo.


Le condizioni di pace ucraine che alimentano la guerra

Nel frattempo, il partito della guerra europeo rema in direzione opposta, in completa sintonia con la leadership ucraina. Da Londra, Starmer si è detto pronto a inviare truppe in Ucraina per un periodo prolungato al fine di sostenere un eventuale cessate il fuoco nella guerra avviata dalla Russia e per impedire ulteriori invasioni; si parla di 30.000 soldati. Ne parla il Times che cita una fonte del governo. "Sarebbe un impegno a lungo termine, stiamo parlando di anni. Il tempo necessario per preservare un accordo di pace e scoraggiare la Russia", ha affermato la fonte. Un piano orwelliano se si parla della volontà di raggiungere la pace.
Commentando nel merito, Peskov ha definito queste discussioni, “una tendenza assolutamente pericolosa".
Mentre a parole si parla di una pausa nei combattimenti di 30 giorni per avviare la strada alla cessazione delle ostilità, nei fatti, Kiev sta tentando di trascinare il conflitto a tempo indeterminato.
Ne dà prova il ministro degli Esteri di Kiev, Andrii Sybiha, che ha illustrato le tre condizioni fondamentali per eventuali negoziati con la Russia volti a porre fine alla guerra:
il rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina; il diritto dell’Ucraina di scegliere le proprie alleanze internazionali, Nato compresa; assenza di restrizioni nella capacità di difesa del Paese che ora beneficeranno anche di una nuova arma: il Long Neptune, in grado di viaggiare a 900 km/h, trasportando 150 kg di esplosivo per una distanza di 1000km. Caratteristiche tecniche che gli permetterebbero di tenere sotto tiro la capitale russa.
Proposte difficilmente conciliabili con le richieste di Mosca che, secondo la Reuters, insiste sul riconoscimento internazionale della sovranità sui territori annessi, come Crimea, Kherson, Zaporizhzhia, Lugansk e Donetsk, e su garanzie formali che l’Ucraina non entrerà nella NATO e che non verranno dispiegate truppe straniere sul suo territorio. Data l’avanzata militare russa e la sua fermezza sui territori controllati, raggiungere una tregua duratura appare difficile. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha, inoltre, ribadito la contrarietà a qualsiasi dispiegamento di truppe NATO in Ucraina.
L’asse Kiev-Bruxelles rimane incatenato in un pericoloso delirio di rivalsa che non ha alcuna affinità con la realtà sul campo. Sono infatti la stessa Casa Bianca e il segretario generale della Nato, Mark Rutte ad ammettere che Kiev non è in grado di negoziare da una posizione di forza e che la prospettiva di riconquistare i territori del 2014 è pressoché irrealistica.


Ucraini in fuga dal Kursk, BBC: ritirata disastrosa

I soldati ucraini in ritirata dalla regione di Kursk hanno descritto scene “da film dell’orrore” durante la loro fuga. Parlando alla BBC, diversi di loro hanno raccontato lo straziante ripiegamento dalla città di Sudzha, caratterizzato dall’incalzare incessante di droni russi che hanno paralizzato la logistica ucraina nella regione. Colonne di auto e mezzi blindati sono finiti nel tritacarne di fuoco, trasformando le vie di comunicazione in un cimitero di rottami e corpi di soldati uccisi.
Un soldato ha raccontato di “panico e crollo del fronte”: “Colonne di truppe e equipaggiamento stanno cercando di andarsene. Alcune di loro vengono bruciate dai droni russi sulla strada. È impossibile andarsene durante il giorno”. “Il nemico è riuscito a distruggere decine di unità di equipaggiamento”, ha raccontato un altro soldato, sottolineando che i relitti hanno “creato congestione sulle rotte di rifornimento”.


Offensiva russa su Zaporizhzhia

Dopo una lunga pausa operativa, le forze armate russe (VSRF) hanno intensificato le operazioni militari nel settore di Zaporizhzhia, avanzando su un fronte di oltre 17 chilometri. Secondo fonti russe, il villaggio di Stepove è già stato liberato, e si prevede che le località di Shcherbaky e Mali Shcherbaky cadranno presto sotto il controllo delle truppe russe. Sul fianco orientale del fronte, le unità avanzate russe si sono avvicinate a Novoandriivka, situata a soli 4 chilometri da Orikhiv, un obiettivo strategico chiave.
L’intenzione del comando russo è chiara: isolare Orikhiv, interrompendo le principali vie di rifornimento delle forze ucraine (VSU) provenienti da Zaporizhzhia. Questo obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso un’operazione di accerchiamento da ovest, con l’avanzata verso Novoandriivka che rappresenta il primo passo. Un ulteriore progresso verso le località situate lungo il fiume Zherebets potrebbe completare l’accerchiamento, tagliando definitivamente i rifornimenti alla guarnigione ucraina.
L’operazione nella regione, oltre a isolare Orikhiv, potrebbe costringere le forze ucraine a ritirarsi verso il fiume Dnipro, mettendo sotto pressione le unità dispiegate nelle aree di Kamianske e Malokaterynivka. Questo scenario rappresenterebbe una grave minaccia per il Gruppo Operativo Territoriale (OTG) ucraino "Tavria", già indebolito dal prelievo di risorse per sostenere altre unità impegnate in combattimenti nel Donbas.
Secondo analisti militari, il comando ucraino ha commesso un errore strategico, indebolendo eccessivamente il gruppo "Tavria" per sostenere altre operazioni. Molti esperti militari ucraini avevano avvertito del rischio di un’offensiva russa nella regione di Zaporizhzhia, ma le risorse sono state dirottate altrove, lasciando il settore vulnerabile. Ora, le forze ucraine si trovano in difficoltà nel garantire i rifornimenti a Orikhiv, mentre la pressione russa aumenta.

Foto d'archivio © Imagoeconomica

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