L’Europa a guida franco-inglese non desiste da un approccio suprematista delirante e lontano dalla realtà, per risolvere la crisi ucraina.
“Gli alleati si preparino a difendere la pace”, ha detto il primo ministro britannico Keir Starmer, durante il vertice dei 26, convocato da Londra per costituire la cosiddetta ‘coalizione dei volenterosi’, col fine di garantire la sicurezza di Kiev in un accordo di pace con Mosca. Ovviamente si parla ancora di armi e di truppe di peacekeeping per ottenere la tanto agognata cessazione delle ostilità.
“Abbiamo concordato che nel caso in cui il presidente Putin si rifiutasse di accettare un cessate il fuoco immediato e senza condizioni, dovremo aumentare i nostri sforzi per rafforzare l’Ucraina, indebolire la macchina da guerra russa e intensificare le pressioni sul presidente Putin per convincerlo a venire al tavolo dei negoziati”, ha detto Starmer, mantenendo fede al mantra insindacabile del partito della guerra, sull’ottenimento della pace attraverso la forza. Il leader del Cremlino, per il primo ministro britannico, va obbligato con la politica delle cannoniere a scendere a patti alle condizioni occidentali. Una politica che ha ottenuto molto successo negli ultimi 3 anni, nel dilaniare un’intera generazione di ucraini.
“Accelereremo il nostro sostegno militare, intensificheremo le nostre sanzioni contro i profitti della Russia e continueremo a valutare tutte le vie legittime per garantire che la Russia paghi per i danni che ha provocato all’Ucraina”, ha proseguito.
In precedenza Vladimir Putin si era detto favorevole ad un cessate il fuoco ma ha sottolineato la necessità di chiarire come gestire le aree contese, in particolare la regione di Kursk, chiedendosi cosa accadrebbe alle forze presenti e chi sarebbe responsabile di eventuali violazioni. Ha inoltre evidenziato il rischio che l’Ucraina utilizzi la tregua per rafforzare le proprie truppe, continuando la mobilitazione e ricevendo armi. Secondo la Reuters, Mosca insiste sul riconoscimento internazionale della sovranità sui territori annessi, come Crimea, Kherson, Zaporizhzhia, Lugansk e Donetsk; su garanzie formali che l’Ucraina non aderirà alla NATO e che non verranno dispiegate truppe straniere sul suo territorio. Considerando l’avanzata militare russa e la sua intransigenza sui territori controllati, la realizzazione di una tregua duratura appare complessa. Il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, in un’intervista rilasciata a blogger americani, si era inoltre detto contrario a qualsiasi dispiegamento di truppe NATO nel Paese.
Una tregua immediata è attuabile quando entrambi gli eserciti delle due potenze in lotta sono allo stremo, ma in questo caso Mosca è sovrastante e avanza inesorabilmente su tutta la linea del fronte. Come ammesso dal segretario generale della NATO, Mark Rutte, Mosca produce in 3 mesi quanto l’intera Alleanza produce in un anno.
Sostenere una pace “giusta” che rispetti la volontà della leadership ucraina rappresenta solo un abile espediente linguistico per mascherare la volontà di proseguire la guerra.
Kiev “non riconoscerà come territorio russo i territori occupati… Questa è la linea rossa più importante. Non lasceremo mai che nessuno dimentichi questo crimine contro l’Ucraina”, ha detto durante una conferenza stampa a Kiev sottolineando che “questa è la nostra lotta per l’indipendenza” e “la nostra gente sta combattendo per questo. Nessuno lo dimentica”, aveva promesso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a margine dei colloqui di Gedda.
Vladimir Putin
Rearm Europe, la lapide dell’Unione Europea che affossa i bilanci per l’industria bellica USA
“La Russia deve dimostrare di essere disposta a sostenere un cessate il fuoco che porti a una pace giusta e duratura. Nel frattempo, sosterremo il rafforzamento dell’Ucraina e delle sue forze armate seguendo la nostra ‘strategia dell’istrice'”, ha commentato la Ursula von der Leyen che pochi giorni fa ha incassato il via libera dal parlamento europeo del piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro.
Il piano prevede due meccanismi principali: il primo è un fondo da 150 miliardi di euro, chiamato "Safe" ("Security action for Europe"), per finanziare progetti di difesa condivisi tra almeno due Stati membri, incentivando la cooperazione e riducendo gli sprechi. Il secondo è l'allentamento del patto di Stabilità, con la possibilità di escludere dal calcolo del deficit una parte delle spese militari, pari all'1,5% del PIL. Per l'Italia, questo significherebbe poter spendere 31 miliardi in più per la difesa, ma rimangono dubbi sulla sostenibilità finanziaria, dato l'alto debito pubblico e il deficit già oltre i limiti Ue.
Il numero The GuardianWeekly evidenzia le numerose criticità di questo progetto che avrebbe come obiettivo, quello di aumentare drasticamente la spesa per la difesa e la produzione di armi, ridurre al minimo la dipendenza dagli Stati Uniti in ambito militare e aumentare le possibilità di aiutare l'Ucraina. Obiettivi che secondo la pubblicazione, difficilmente potranno essere realizzati dal vecchio continente, strozzato da tasse elevate, costi elevati del lavoro, sistema burocratico dei rapporti tra Stato e imprese, costi elevati dell'energia e di altre materie prime, la maggior parte delle quali deve essere importata.
L'Europa ha a lungo compensato il calo di competitività e i problemi economici con l'emissione di moneta, ma questo modello è ora al limite dopo le spese pandemiche e la crisi energetica. Investire centinaia di miliardi nel riarmo, finanziato con ulteriore debito pubblico, rischia di aggravare l'inflazione e la stabilità finanziaria, portando a una spirale insostenibile. Invece di risolvere i problemi economici, il riarmo potrebbe peggiorarli, minacciando il futuro del continente, continua GuardianWeekly.
In secondo luogo, una parte significativa dei fondi destinati a scopi militari sarà spesa al di fuori dell'UE. Più che ReArm Europe dovremo dire Enrich America, nonostante i buoni propositi autarchici. Come ha affermato di recente la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l'80% di tutto il denaro speso dagli europei per l'acquisto di armi viene speso al di fuori dell'UE. Innanzitutto negli Stati Uniti.
“Se provassimo a cambiare radicalmente e ad acquistare solo armi europee (come insiste, ad esempio, Macron), potrebbero volerci molti anni o addirittura decenni per avviare la nostra produzione di molti modelli. E in un caso del genere non si può parlare di un rapido riarmo. Inoltre, la produzione di armi richiederà maggiori importazioni di vari tipi di materie prime, il che non migliorerà la bilancia commerciale dell'UE”, afferma la pubblicazione.
Inoltre la spesa per la difesa può certamente essere finanziata non aumentando il debito e l'emissione, ma riducendo altre voci di spesa di bilancio. Anche per esigenze sociali, ma anche “congelando” l’indicizzazione dei salari. Ciò, tuttavia, comporterebbe lo smantellamento effettivo dello Stato sociale europeo e potrebbe portare alla destabilizzazione politica dell'intera UE.
Il rapporto 2023-2024 dell’European Defence Agency segnalava un decorso già chiaro: “oltre l'80% degli investimenti nel settore della difesa, circa 61 miliardi di euro, è stato destinato all'acquisto di attrezzature. Gli Stati membri hanno spesso fatto ricorso a prodotti COTS (Commercial Off-The-Shelf, cioè “pronti all’uso”) ordinati da produttori non europei per colmare rapidamente le lacune di capacità, indebolendo la base industriale e tecnologica di difesa europea”.
Il Sipri certifica la dipendenza europea dai fornitori statunitensi che tra il 2015-19 e il 2020-2024, hanno raddoppiato le esportazioni verso l’Ue (+105%). In sostanza Washington ha fornito il 64% di queste armi, rispetto al 52% del quinquennio precedente.
Le forze armate ucraine bloccate nel Kursk sono senza via d’uscita
Si avvicina nel frattempo l’epilogo dell’operazione ucraina nel Kursk, ormai descritta dai media occidentali come l’errore più costoso di Kiev dall’inizio della guerra. Ne parla il The Telegraph, secondo cui il ritiro delle truppe AFU dalla regione rende ancora più probabili i negoziati di pace con Mosca.
"70.000 soldati ucraini a Kursk sono morti invano: la Gran Bretagna ha investito centinaia di milioni di sterline nel sorprendente fallimento di Zelensky", scrive il Hull Daily Mail.
Allo stato attuale il gruppo delle Forze Armate ucraine nella regione è quasi completamente circondato e gli “analisti occidentali riconoscono all'unanimità che le truppe russe prenderanno presto il controllo”, riporta la NBC News, ma Zelensky continua a negare la disfatta.
“Putin sta mentendo a tutti sulla situazione sul campo, soprattutto su ciò che sta accadendo nella regione di Kursk, dove le nostre forze ucraine continuano le loro operazioni”, ha scritto Zelensky su X.
Il leader del Cremlino aveva affermato durante una conferenza stampa del 13 marzo che le forze russe avevano "isolato" le forze ucraine nell'Oblast di Kursk e che è "impossibile" per piccoli gruppi di forze ucraine ritirarsi dalle posizioni. È stato lanciato un ultimatum per la resa, prima che l’offensiva russa opti per un assalto all’ultimo sangue.
“L’offerta del presidente russo Vladimir Putin alle truppe ucraine nell’area del Kursk per deporre le armi è ancora valida, ma il tempo si sta esaurendo“, ha affermato il portavoce del Cremlino, , Dmitry Peskov, citato dall’agenzia russa Tass.
Foto © Imagoeconomica
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