Un dato è inoppugnabile: il recente vertice di Londra ha sancito l’unione delle democrazie europee nella dottrina del riarmo come priorità assoluta. Ne è prova la bozza conclusione del Consiglio Ue nel quale si punta a stilare un piano per incrementare la produzione bellica e lo sviluppo della Difesa europea, condizionandoli all’incrollabile sostegno della causa ucraina.
Il documento finale, di cui alcuni estratti sono stati pubblicati dal Fatto Quotidiano, sostiene la richiesta di reindirizzare fondi originariamente destinati ad altre voci di bilancio verso investimenti nel settore militare. Nello specifico, si invita la Commissione Europea a individuare fonti di finanziamento aggiuntive per la Difesa a livello comunitario, suggerendo anche una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali. In altre parole, si propone di destinare una parte delle risorse finanziarie europee, attualmente allocate per sostenere la crescita economica, l’occupazione e lo sviluppo delle regioni degli Stati membri, all’acquisto di armamenti e al potenziamento delle capacità militari.
Il testo è attualmente una bozza che dovrà essere discussa e approvata dai capi di Stato e di governo dell’Unione Europea durante il prossimo vertice previsto per il 6 marzo. Tutti gli investimenti sul futuro del continente saranno dunque indirizzati nella guerra. Clamoroso in questo senso l’utilizzo che si propone di fare nei confronti dei fondi strutturali, che rappresentano una delle principali fonti di finanziamento per lo sviluppo regionale e sociale nell’UE. Tra questi fondi rientrano il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo Plus (FSE+), i Fondi di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMP). Queste risorse, gestite tra gli altri dal commissario italiano Raffaele Fitto, tradizionalmente impiegate per ridurre le disparità economiche e sociali tra le regioni europee, promuovendo progetti di sviluppo sostenibile, inclusione sociale e crescita occupazionale, verranno ora destinate al riarmo per la guerra totale.
Ed ecco che Kiev diventa uno strumento per dirottare gli investimenti dallo stato sociale all’industria delle armi, usando il popolo ucraino come carne da macello. Su questo punto, a Londra non si è trovata intesa sulle modalità di sostegno a Kiev per garantire al Paese una posizione di forza ai negoziati.
Nessuna intesa su come ottenere la pace attraverso la forza
Il piano anglo-francese prevederebbe che Ue, Usa e Ucraina elaborino un piano di pace congiunto da presentare anche alla Russia e i Paesi europei mettano a disposizione 30mila soldati da inviare come contingente di pace nel Paese di Volodymyr Zelensky a garanzia della sua sicurezza futura. Pochi punti che, però, segnano varie rotture con diversi membri del gruppo degli alleati.
Volodymyr Zelensky
Tuttavia, secondo il primo ministro britannico Keir Starmer un eventuale accordo dovrà “ovviamente” includere la Russia, che non potrà dettare i termini, “altrimenti non faremo alcun progresso… Se un accordo viene fatto, deve essere difeso. In passato abbiamo assistito a una cessazione delle ostilità senza alcun sostegno, regolarmente violata dalla Russia. È una situazione che dobbiamo evitare”. Ma Vladimir Putin si è detto già contrario all’interposizione di forze francesi e britanniche e il vantaggio della Russia sul campo di battaglia chiaramente rende impossibile escluderla dal tavolo delle trattative, salvo propositi di estendere la guerra campale a tempo indeterminato. Lo stesso segretario generale della NATO, Mark Rutte, alla commissione per gli affari esteri e alla sottocommissione per la sicurezza e la difesa del Parlamento europeo ha ammesso che l’Ucraina non è nelle condizioni di negoziare da una posizione di forza e che la Russia in tre mesi, dal punto di vista militare, sta sfornando “quello che tutta la NATO sta producendo da Los Angeles fino ad Ankara in un anno intero”.
Non tutti in Europa sono concordi con il piano Macron-Starmer. La premier italiana Giorgia Meloni ha infatti espresso perplessità sull’utilizzo delle truppe europee. “La presenza di truppe italiane in Ucraina non è mai stata all’ordine del giorno, voglio sgomberare il campo”, ha assicurato la leader di Fdl. Sul piano del riarmo invece, nessun tentennamento, anzi. È già in cantiere il progetto di riconvertire parte dell'industria automobilistica, ormai in grave crisi, verso la produzione di componentistica per la Difesa.
L’Europa si riarma e aiuta l’industria militare USA
“In Occidente "c’è un partito della guerra che vuole continuare il conflitto in Ucraina", ha denunciato nel merito il portavoce del Cremlino Dmitrj Peskov durante una conferenza stampa, spiegando che "rimane un gruppo di Paesi (in Occidente) che si dichiarano pronti a sostenere ulteriormente l'Ucraina in termini di appoggio alla guerra e di garanzia della continuazione delle operazioni militari" ha spiegato Peskov.
A trasmettere la posizione più chiara in tal senso rimane la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che, durante il vertice di Londra, ha ribadito la sua linea irremovibile volta ad assicurare “garanzie di sicurezza complete” per Kiev, “un piano di riarmo urgente dell’Europa che la Commissione proporrà al Consiglio europeo del 6 marzo”. Con Putin, in sostanza, “la via per la pace è la forza. La debolezza genera più guerra”.
Posizioni, quelle del vertice londinese, che sono state accolte con immenso entusiasmo dal complesso militare industriale europeo. In un solo giorno Leonardo, Rheinmetall e BAE Systems hanno registrato un incremento del valore delle azioni rispettivamente del +20%, +13,99% e +4,3%. Una tendenza al rialzo ormai consolidata, tenendo conto che Leonardo, ad esempio, ha visto un +40,6% da gennaio, mentre Rheinmetall ha guadagnato il 61% da inizio anno. Secondo il Sole 24 Ore, da gennaio la società ha guadagnato il 40,6% e il 300% in tre anni, arrivando a valorizzare un rapporto prezzo su utili a 109 e 3,6 sul patrimonio.
L’Europa si sta dunque preparando ad investimenti colossali e la Von der Leyen ha chiarito che intende proporre agli Stati membri di sospendere i vincoli del Patto di stabilità e di crescita per le spese relative alla difesa. Inoltre la Germania potrebbe stanziare 200 miliardi di dollari, il Regno Unito il 2,5% del proprio Pil in tre anni e la Polonia ha già messo a disposizione il 4,7%.
Plauso dall’amministrazione statunitense che, attraverso il riarmo europeo, si garantirà un consistente aumento degli utili della sua industria militare ameicana, certamente in grado di sfornare sistemi d’arma più avanzati e in quantità maggiore. Basti pensare che, tra il 2022 e il 2023, il 63% degli acquisti di armi da parte dei Paesi europei è andato a fornitori statunitensi, mentre solo il 20% è rimasto all’interno dell’UE.
Donald Trump
“Accogliamo con favore il fatto che gli europei assumano l'iniziativa per la sicurezza europea. Questo è un punto di partenza. Devono investire nella capacità di farlo", ha detto il consigliere della sicurezza nazionale Mike Waltz.
Il problema del continente è congiunturale: invece di unire le risorse per creare un’industria della difesa competitiva a livello globale, i Paesi dell’Unione tendono a proteggere le proprie industrie nazionali, spesso sviluppando progetti bilaterali o concorrenti tra loro. Una frammentazione che si traduce in una minore capacità di innovazione e investimento in ricerca e sviluppo rispetto agli Stati Uniti.
Secondo Waltz, gli stati del vecchio continente "stanno certamente mostrando una volontà, e sia Starmer che il presidente francese Emmanuel Macron l'hanno dimostrata la scorsa settimana, prima di venerdì", giorno in cui è stato alla Casa Bianca il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Trump vuole liberarsi di Zelensky che vede l’accordo con la Russia ancora lontano
Sono ore decisive per l’esito dello scontro ormai aperto tra il leader ucraino e Donald Trump.
“Questo ragazzo non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell’America e l’Europa”, ha detto il tycoon commentando le dichiarazioni di Zelensky dopo il vertice di Londra.
"Un accordo per porre fine alla guerra è ancora molto, molto lontano, e nessuno ha ancora iniziato tutti questi passi. Penso che a livello paritario il supporto (degli Stati Uniti) continuerà, perché il fallimento dell'Ucraina non è solo il successo di Putin, è il fallimento dell'Europa, è il fallimento degli Stati Uniti d'America", aveva affermato il leader ucraino davanti ai giornalisti in un punto stampa, sconfessando la fattibilità dei piani del miliardario newyorkese per una trattativa imminente con Putin. Un piano quello di Trump, volto ad evitare la rotta di collisione con un terzo conflitto Mondiale che diventa ormai l’unica opzione possibile per ribaltare la situazione sul campo di battaglia, tanto auspicata da Zelensky che poi rilancia:
"Non sarà così facile" sostituirmi, rivendicando ancora una volta di essere pronto a dimettersi solo “in cambio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato".
“Si comincia a pensare che forse Zelensky non vuole un accordo di pace. Dice di volerlo, ma forse non lo vuole", ha commentato il segretario di Stato, Marco Rubio.
Scott Bessent, segretario al Tesoro, evidenzia che l’accordo sui minerali critici “non è più sul tavolo” a causa del suo comportamento: “Tutto ciò che il presidente Zelensky doveva fare era entrare e firmare questo accordo economico, e ancora una volta non mostrare alcuna divergenza", ha affermato in merito all’incontro di venerdì.
A questo proposito, il New York Post, rivela che prima di recarsi alla Casa Bianca, il presidente ucraino ha incontrato i democratici americani che lo avrebbero convinto ad abbandonare minerario proposto da Donald Trump.
“Ho appena finito un incontro con il presidente Zelensky qui a Washington. Ha confermato che il popolo ucraino non sosterrà un falso accordo di pace in cui Putin ottiene tutto ciò che desidera e non ci sono accordi di sicurezza per l'Ucraina " ha detto il senatore democratico Chris Murphy.
L’ala anti-Trump probabilmente vorrebbe che il leader ucraino prolunghi il conflitto per almeno un altro anno, fino alle elezioni del Senato, dove il quadro politico potrebbe cambiare e Trump potrebbe perdere la maggioranza.
Foto © Imagoeconomica
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