Sono 1095 giorni di guerra: un’eternità per chi la vive in prima persona nelle trincee, nelle steppe e tra le macerie delle città, tallonato dai droni kamikaze nei cieli.
Un tempo, tuttavia, non ancora sufficiente per il partito della guerra che siede ai vertici europei. “Investire nella sovranità dell’Ucraina significa investire nella prevenzione di guerre future”, ha affermato alla riunione del G7 la presidente della Commissione Europea Von Der Leyen, sottolineando che “una pace giusta e duratura può arrivare solo con la forza”.
Della stessa idea è il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, che, in visita a Kiev, ha detto “solo l’Ucraina può decidere quando ci saranno le condizioni per iniziare i colloqui di pace”.
Il presidente Volodymyr Zelensky nella giornata di ieri, scongiurando le pressioni di Washington per una sua uscita di scena, ha annunciato che avrebbe dato le dimissioni solo se l’Ucraina fosse entrata nella NATO.
Un delirio in grado di prolungare una guerra che, se dilazionata oltre l’estate, secondo lo stesso capo dei servizi segreti ucraini, Kyrylo Budanov, potrà portare a “processi molto pericolosi per l’esistenza stessa del Paese”
Lo stesso segretario generale della NATO Mark Rutte, ha dovuto ammettere che il Paese non è nelle condizioni di negoziare da una posizione di forza e che la Russia in tre mesi, dal punto di vista militare, sta sfornando “quello che tutta la NATO sta producendo da Los Angeles fino ad Ankara in un anno intero”.
Ed ecco che l’esigenza dei nostri sanguinari leader europei di perseguire a tutti i costi un conflitto fino alla sua vittoria militare non potrà che portare a ulteriori massacri e perdite di territori ucraini.
Certamente, oltre all’evidente stupidità di cui sono portatori, un fattore fondamentale è la loro incrollabile fede nel perseguire gli interessi del complesso militare-industriale, che oggi brinda ai futuri investimenti nel settore militare, che ci proietteranno alla soglia del 3% del Pil investito nella guerra.
È un’aggressione criminale quella che Putin ha compiuto in Ucraina. Lo ricordiamo per evitare gli equivoci propri del pensiero binario, che oggi viene propagandato per separare i fedeli euroatlantici al partito della guerra da coloro che, sicuramente, si schierano con il nemico. Ma, ancor più criminale è stato fomentarla per poi trincerarsi dietro la difesa della libertà e della democrazia, perché questa guerra, lo ricordiamo ancor più animatamente, poteva essere evitata e risolta sin dai primi giorni.
Non possiamo non menzionare il crescente espansionismo della NATO, percepito come una minaccia sempre crescente da parte di Mosca. Un’avanzata che avrebbe dovuto concludersi nel 1990, stando a un documento poi pubblicato dal Der Spiegel, firmato dall’allora segretario di Stato Usa, James Baker e mostrato all’ex presidente dell’Urss, Michail Gorbaciov.
Alla fine le truppe americane sono arrivate ai Paesi Baltici e dal 2008, come sancito dal vertice di Bucarest, la NATO stava per inglobare anche l’Ucraina. Circostanza che per Mosca rappresentava una vera e propria minaccia esistenziale.
Ma l’Occidente non si fermò nel perseguire la sua strategia atta a piegare la Russia per rovesciare Putin e prendere possesso delle sue sterminate risorse naturali.
Mise tutto nero su bianco nel rapporto intitolato "Sovraestendere e sbilanciare la Russia", pubblicato nel 2019 dal principale think tank che fornisce analisi per il Pentagono, ovvero la Rand Corporation, nell'aprile 2019".
Tra queste, l'espansione della produzione statunitense di gas naturale liquefatto (GNL) per ridurre la dipendenza europea dal gas russo, l'imposizione di sanzioni economiche sempre più severe, il sostegno ai ribelli siriani e la fomentazione di rivolte in Bielorussia per destabilizzare alleati chiave della Russia. Inoltre, il documento suggerisce di fornire armi avanzate all'Ucraina per contrastare l'influenza russa e aumentare la presenza militare statunitense e della NATO in Europa. Di fatto, una profezia.
Mentre Zelensky nel 2021 con la NATO firmava accordi di partenariato strategico e la Cia, come poi rivelato dal New York Times, costruiva 12 basi ai confini del territorio russo per condurre attività di spionaggio, Putin proponeva un trattato per fermare la guerra.
A dicembre 2021 Mosca chiese una garanzia scritta che l’Ucraina non sarebbe mai entrata a far parte della NATO e che l’Alleanza avrebbe rimosso i mezzi militari dispiegati in Europa orientale dal 1997. I successivi negoziati sono falliti perché, come ha chiarito il segretario di Stato Blinken: “Non c’è alcun cambiamento. Non ci sarà alcun cambiamento”. Un mese dopo Putin ha avviato l’invasione dell’Ucraina per neutralizzare la minaccia proveniente da oltreoceano.
Più tardi, lo stesso segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dovuto ammettere alla commissione affari esteri del parlamento europeo nel settembre 2023 che il leader del Cremlino è dunque “andato in guerra per impedire che la Nato, ancora la Nato, si avvicinasse ai suoi confini".
Che dire poi degli accordi di Istanbul, quando nel marzo 2022, Russia e Ucraina si avvicinarono a un accordo che avrebbe garantito all'Ucraina uno status di neutralità permanente, rinunciando all'adesione all’Alleanza, pur mantenendo aperta la possibilità di entrare nell'Unione Europea. In cambio, Mosca avrebbe accettato garanzie di sicurezza multilaterali e negoziati sulla questione della Crimea. Secondo Oleksiy Arestovych, ex consigliere del presidente ucraino Zelensky, l'accordo sarebbe stato "il più redditizio possibile" per Kiev. Tuttavia, i partner occidentali dell'Ucraina mostrarono riluttanza a impegnarsi in tali garanzie, il primo ministro britannico Boris Johnson volò nella capitale ucraina, esortando Zelensky “a non firmare nulla”, spingendolo a continuare il bagno di sangue.
Ed ecco che, dopo tre anni, centinaia di migliaia di morti sul campo di battaglia e con i russi in avanzata, l’Occidente continua a bramare un nuovo bagno di sangue che tenga in piedi gli arsenali fino alla vittoria finale, che mai arriverà, se non per gli indici di borsa del settore bellico.
Assemblea Onu: USA votano contro integrità territoriale di Kiev
Paradossalmente, in questo scenario, sono proprio gli Stati Uniti di Donald Trump a premere per una rapida fine del conflitto, ormai perduto, scongiurando l’eventualità di una terza guerra mondiale.
La guerra in Ucraina potrebbe finire "entro settimane", ha dichiarato il il tycoon parlando nello Studio Ovale con al fianco Emmanuel Macron, prima del loro bilaterale. Poco prima gli Stati Uniti hanno lanciato un appello all’Ucraina e alla Russia affinché sostengano una risoluzione presentata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che mira a una “rapida fine del conflitto” e a promuovere una “pace duratura” tra i due Paesi.
Donald Trump © Imagoeconomica
La risoluzione proposta da Washington, lo ricordiamo, non menzionava la Russia come stato aggressore ed eliminava qualunque menzione al ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino.
Al contempo la Casa Bianca ha bocciato la risoluzione ucraina sostenuta dall’Unione Europea che ribadiva, appunto, l’integrità territoriale del Paese e bloccato un’altra risoluzione del G7 che condannava la Russia per la guerra e chiedeva di rafforzare le sanzioni energetiche. Secondo Bloomberg, i “grandi sette” sono “sull’orlo del fallimento” nel coordinare una posizione comune in vista del terzo anniversario del conflitto.
Solo successivamente Washington ha apparentemente teso la mano agli alleati, correggendo il voto in astensione.
"L'Europa è pronta a fare di più per la difesa del Continente", ha detto Emmanuel Macron nello scambio di battute con Trump e i cronisti, prima dell'inizio del bilaterale nello Studio Ovale della Casa Bianca. Anche secondo il tycoon, l’Unione Europea dovrà avere un ruolo centrale nell’assicurare la pace duratura in Ucraina, concordando con l’omologo francese che “costi e obblighi devono essere sostenuti dall’Ue”, che si impegnerà dunque a militarizzarsi comprando le armi americane.
L’Ucraina in svendita: l’accordo sulle terre rare è prossimo ad essere firmato
Nuove indiscrezioni emergono nel frattempo sull’accordo che imporrebbe a Kiev di ripagare l’imponente debito statunitense, dichiarato in mezzo trilione di dollari.
"All'attuale tasso di entrate statali, questo richiederà centinaia di anni…sarebbe un onere enorme per un piccolo paese povero, più della metà dell'intero PIL dell'Ucraina", scrive l’Economist.
"Siamo vicini a un accordo con l'Ucraina sui minerali", ha dichiarato a questo proposito un trionfale Donald Trump, sempre nel corso del suo incontro con Macron.
Il documento per l’accordo, pubblicato recentemente, prevede che l’Ucraina destini il 50% delle entrate derivanti dalle risorse naturali, dalle infrastrutture e da altre attività economiche a un fondo per la ricostruzione, che potrebbe raggiungere la cifra prefissata di 500 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti saranno l’unico beneficiario di questo fondo, che sarà gestito dal Ministero delle Finanze, dal Ministero del Commercio e dall’ufficio del vicepresidente statunitense. L’accordo mirerebbe a garantire il ripristino accelerato dell’economia ucraina e a proteggere gli interessi economici americani nel Paese.
Il presidente statunitense Donald Trump aveva già sottolineato l’importanza per Washington di ottenere metalli rari dall’Ucraina in cambio di assistenza finanziaria e militare. L’ok definito sembra solo questione di tempo.
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