Ormai è ufficiale: il combustibile russo che raggiungeva l’Europa attraverso l’Ucraina si è fermato completamente la mattina del primo gennaio, come evidenziato dai dati della Rete Europea degli Operatori dei Sistemi di Trasmissione del Gas (ENTSOG). La data sancisce la scadenza del contratto quinquennale tra il colosso energetico russo Gazprom e la società ucraina Naftogaz che ha rifiutato di rinnovarlo.
L’agenzia di stampa russa TASS evidenzia che il transito di gas verso la Slovacchia e la Repubblica Ceca è stato completamente interrotto, mentre il flusso verso l'Austria, tramite l'hub di Baumgarten al confine con la Slovacchia (punto di transito per il gas proveniente da Russia e Norvegia), è diminuito di oltre tre volte. Anche il trasporto verso l'Italia, attraverso una stazione di misurazione situata al confine con la Svizzera, ha subito una riduzione di 2,5 volte.
Non sembrano intaccati, al contempo, i flussi di combustibile attraverso le stazioni al confine tra Turchia e Bulgaria (parte onshore del gasdotto TurkStream), Ungheria e Serbia, e Romania e Moldavia, segno che le forniture di gas russo da queste tratte non sono state ancora riorientate.
Il blocco del transito inizia già a causare i primi contraccolpo sulla pelle dei consumatori europei. Il 31 dicembre, la Slovacchia ha confermato che la sospensione dell'accordo non causerà carenze di combustibile nel Paese, ma avrà comunque rilevanti ripercussioni finanziarie. In particolare, le aziende del settore gasifero slovacco dovranno affrontare un aumento delle tariffe di transito pari a circa 177 milioni di euro, poiché il gas verrà ora trasportato da ovest anziché da est.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky si è mostrato imperturbabilmente trionfale dichiarando che la fine del transito del gas attraverso il suo Paese verso l'Europa costituisce "una delle più grandi sconfitte di Mosca" e ha fatto appello agli Stati Uniti per un aumento delle forniture di gas destinato al mercato europeo. Intanto, nel Paese martoriato dalla guerra, il costo del trasporto del gas è aumentato più di quattro volte, per compensare la perdita di 1 miliardo di dollari all’anno e, secondo il corrispondente di UNIAN, Oleg Popenko, capo dell'Unione dei consumatori di servizi pubblici, i prezzi dei beni di consumo in Ucraina potrebbero aumentare dal 10% al 20%.
Secondo quanto riportato dalle agenzie internazionali, l'Ucraina perderà fino a 1 miliardo di dollari all'anno a causa della cessazione delle tariffe di transito per il gas russo. Per compensare questa perdita, il Paese ha annunciato che, a partire dal 1° gennaio, quadruplicherà le tariffe per il trasporto del gas per i consumatori nazionali, con un impatto economico che potrebbe costare oltre 38,2 milioni di dollari all'anno all'industria ucraina. Da parte sua, Gazprom dovrà affrontare una perdita di circa 5 miliardi di dollari derivante dalla riduzione delle vendite di gas.
Intanto il prezzo del TTF olandese, il gas naturale europeo di riferimento, salito di oltre il 4% a 51 euro per megawattora, il livello più alto dall'ottobre del 2023 ma, nonostante le evidenti conseguenze nefaste che aleggiano sulla pelle dei consumatori e sulla tenuta delle imprese del vecchio continente, la Commissione Europea comunica con imperturbabile entusiasmo che “l’infrastruttura europea gasiera è abbastanza flessibile da fornire combustibile di origine non russa, senza contare che è stata potenziata con nuove capacità di importazione di GNL dal 2022”.
A compensare la drastica riduzione del combustibile in arrivo da Est, sono già attivi il Qatar e gli Stati Uniti che hanno aumentato la produzione a 220 miliardi di metri cubi all’anno: un volume superiore rispetto a quello che Gazprom realizzava attraverso l’export verso l’Europa e che ha reso gli Usa il primo esportatore di GNL al mondo.
Si è realizzato il progetto tanto ambito da Washington di tagliare irreversibilmente i legami strategici tra Russia ed Europa. Un piano elaborato in un report della Rand Corporation, (uno dei più prestigiosi istituti di ricerca americani, finanziato anche dal Pentagono) che nel 2019 descriveva una strategia in grado di portare la Russia a un “punto critico”, obbligandola a spendere una quantità smisurata di risorse per difendersi dagli attacchi americani. Il documento metteva in evidenza la necessità di un blocco delle esportazioni di petrolio e gas dalla Russia verso l’Europa, ivi incluso quello del gasdotto Nord Stream 2.
L’UE si accomoda con entusiasmo alla nuova età dell’oro nero USA, ma non tiene conto delle oscure nubi all’orizzonte. Secondo le stime di Goldman Sachs, le esportazioni di GNL degli Stati Uniti verso l'Europa sono aumentate del 197%, mentre quelle dirette verso le altre regioni del mondo sono diminuite del 41%. Tuttavia, gli stessi analisti della banca mettono in evidenza non solo l'alto costo delle forniture statunitensi, ma anche l'incapacità delle esportazioni americane di compensare pienamente la carenza causata dall'interruzione delle consegne di gas russo.
Gli Stati Uniti hanno incrementato significativamente la produzione di petrolio e gas attraverso l'uso del fracking, una tecnica che permette di estrarre idrocarburi da giacimenti non convenzionali, come, appunto, lo shale oil e lo shale gas. Questi idrocarburi sono imprigionati in formazioni rocciose argillose chiamate scisti, situate a 1-3 km di profondità nel sottosuolo. La tecnica richiede la perforazione di pozzi orizzontali e l'iniezione di acqua, sabbia e additivi chimici ad alta pressione per fratturare la roccia e liberare il petrolio e il gas imprigionati, determinando un impatto ambientale devastante per il territorio circostante.
Negli ultimi anni, il rallentamento della produzione di fracking sta sollevando preoccupazioni per il futuro delle forniture energetiche globali, con potenziali impatti sulla sicurezza energetica dell'Unione Europea (UE). A lanciare l’allarme è Art Berman, geologo e analista energetico, secondo cui la produzione di gas naturale da fracking potrebbe aver raggiunto il suo picco, dal momento che l’output dei tre maggiori giacimenti negli Stati Uniti ha smesso di crescere, nonostante ogni mese vengano trivellati molti pozzi nuovi. Ciò, a detta di Berman, non si esclude porterà in futuro all’introduzione di severe restrizioni sulle esportazioni di gas naturale americano.
Se le previsioni di Berman si rivelassero corrette, ciò comporterebbe rischi significativi per la sicurezza energetica dell'Unione Europea, che nel 2022 ha visto la sua dipendenza energetica dall'estero attestarsi al 61%, con l'Italia che ha addirittura raggiunto un tasso del 79%.
Mentre i principali analisti occidentali guardano alle conseguenze economiche della rottura dell’asse energetico europeo su Mosca, in pochi si interrogano sui contraccolpi che il perseguimento della dottrina strategica statunitense avrà sul continente europeo, ormai prono a perseguire gli interessi d’oltreoceano con uno sguardo al futuro che non va al di là della fine di una legislatura. La dipendenza energetica dagli Usa sarà una catena che consegnerà il destino economico del vecchio continente, niente meno che all’eventualità di ulteriori devastazioni ambientali che garantiranno ancora pochi anni di euforia prima del naufragio finale.
ARTICOLI CORRELATI
Der Spiegel suggerisce quanto è costato e chi ha partecipato al sabotaggio del Nord Stream
Nuove rivelazioni sul sabotaggio al Nord Stream: un piano di Zaluzhny, Zelensky sapeva tutto
Il premio Pulitzer Hersh: ''Nord Stream distrutto su ordine della Casa Bianca e della Cia''

Si ferma il gas russo attraverso l'Ucraina e l'Europa si affida al fracking USA a scadenza
- Dettagli
- Francesco Ciotti