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Le forze anti-Assad supportate da Erdogan sono a 20 chilometri da Damasco: il regime sta perdendo il controllo del Paese

Mentre prosegue l’avanzata delle forze islamiche in Siria, favorita anche dal sostegno della Turchia di Erdogan, il regime di Bashar al-Assad sembra prossimo a cedere. I ribelli, secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri di Teheran, continuano a muoversi verso Damasco, avanzando sia da nord che da sud. Dall’altra parte, i sostenitori del regime promettono di sostenere l’esercito di Assad nel tentativo di fermare i ribelli. In queste ore, Hezbollah ha inviato 2.000 uomini nella regione siriana di Homs, mentre le forze russe e quelle regolari siriane si stanno ritirando dal distretto di Quneitra, al confine con Israele. Il ministro iraniano Abbass Araghchi, secondo l’agenzia Irna, ha accusato direttamente Israele e gli Stati Uniti di sostenere i ribelli jihadisti che minacciano Damasco. Sulla vicenda è intervenuto anche il direttore di “Sicurezza Internazionale”, Alessandro Orsini, che, sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano”, ha scritto: “Alcuni parlano di un Putin disperato che starebbe meditando di abbandonare l’Iran in Siria per abbracciare la Turchia. Non credo, tuttavia, che questo sia il ragionamento di Putin: l’egemonia della Turchia sulla Siria non sarebbe un buon affare per la Russia”. Difatti, la Russia, affiancata da Iran, Hezbollah e dall’esercito siriano, ha investito anni di risorse e impegno militare per sostenere Assad. La strategia del Cremlino in Siria - ha spiegato Orsini - fa parte di un progetto geopolitico più ampio, volto a consolidare un’alleanza anti-occidentale che coinvolge anche Iran, Cina e Corea del Nord. Rinunciare all’Iran in Siria significherebbe compromettere questo schema e mettere a rischio le basi militari russe nella regione. Inoltre, un rafforzamento delle forze jihadiste potrebbe ispirare altre formazioni estremiste, generando insicurezza a livello globale.

Un cambio di alleanza da parte di Putin a favore di Erdogan appare dunque improbabile. “Per Putin - ha sottolineato Orsini - Erdogan pensa e agisce come se la Turchia fosse una grande potenza, ovvero in modo opportunistico e spregiudicato. Erdogan compra gas dalla Russia a buon prezzo, mentre fornisce assistenza militare a Zelensky contro Putin. Il 3 luglio 2024, Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha escluso categoricamente che Erdogan possa mediare il conflitto in Ucraina: ‘No, è impossibile’. Il 1° novembre scorso, Lavrov ha rimproverato pubblicamente Erdogan per aver fornito droni Bayraktar all’Ucraina. Si ricordi inoltre - ha proseguito - che il 24 novembre 2015 Erdogan abbatté un aereo russo che era entrato nei cieli turchi per soli 17 secondi. Temendo la reazione di Putin, Erdogan chiese aiuto alla NATO contro Mosca”. Orsini ha poi sottolineato che ci sono anche ragioni strutturali che rendono poco conveniente un cambio di alleanza per la Russia. “Putin sa che la Turchia, a causa delle caratteristiche della sua economia, è vulnerabile alle sanzioni occidentali. Inoltre, è consapevole della presenza di forze filo-occidentali in Turchia, che già nel 2016 hanno cercato di rovesciare Erdogan. Se un giorno queste forze prendessero il controllo del Paese, cosa accadrebbe se la Turchia avesse già assunto il controllo della Siria?”. Pertanto, Putin potrebbe cercare di rafforzare le sue alleanze, anziché cambiarle, mentre la coalizione composta da Russia, Iran, Assad e Hezbollah potrebbe essere orientata a voler organizzare un contrattacco per ristabilire la situazione in Siria. Come il ministro iraniano Araghchi, anche Orsini ha evidenziato che la situazione in Siria favorisce indirettamente gli Stati Uniti, che hanno sempre osteggiato la stabilizzazione del Paese, contribuendo ad alimentare il conflitto. “Inoltre - ha ricordato Orsini - l’esercito americano occupa illegalmente una porzione di territorio siriano, dove ha stabilito la base di al-Tanf, utile, tra le altre cose, ad abbattere i missili iraniani. In conclusione: povera Siria. Il suo martirio non avrà fine”.

Foto © Imagoeconomica

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