Le milizie già a 30 km chilometri da Damasco
La situazione siriana è vicina al crollo totale. Secondo la Reuters le forze ribelli di Hayat Tahrir al-Sham hanno compiuto un’avanzata fulminea sabato, affermando di aver conquistato gran parte del sud, mentre le forze governative si sono trincerate per difendere la città chiave di Homs nel tentativo di salvare la città del presidente Bashar al-Assad.
Il quadro assume le caratteristiche di una vera e propria ineluttabile disfatta militare: nelle ultime ore, secondo Rami Abdel Rahman, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’esercito siriano ha lasciato alcune città situate a circa 10 chilometri dalla capitale, Damasco. Queste posizioni sono ora sotto il controllo degli insorti che stanno intensificando l’avanzata verso la capitale. Hassan Abdel Ghani, comandante dei ribelli, ha confermato che l’avanzata prosegue e minaccia ulteriormente la stabilità delle difese governative nella zona
Parallelamente, le forze siriane hanno iniziato a ritirarsi dalla base aerea T-4, situata nei pressi dell’antica città di Palmira, nel governatorato di Homs. Questo avamposto è considerato strategica per il trasporto di armi iraniane destinate a Hezbollah in Libano e secondo l’intelligence israeliana, le armi sarebbero immagazzinate nell’area prima di essere trasferite all’alleato confinante. Per questi motivi, il sito è stato frequentemente bersagliato da attacchi aerei israeliani negli ultimi anni, evidenziando il suo ruolo critico nello scenario geopolitico della regione.
Intanto, diversi filmati testimoniano come nella città di Jaramana, alla periferia di Damasco (a 3 km dal centro storico della capitale), i drusi sono scesi in piazza e hanno demolito la statua di Hafez al-Assad, mentre i militanti della Coalizione di Liberazione di Damasco hanno preso il controllo della città di Moadamiyat al-Sham, nella zona rurale della capitale e Kanakira, più a sud. A quanto pare, le truppe siriane non oppongono più nessuna resistenza.
Il Wall Street Journal ha riportato che funzionari governativi di Egitto e Giordania avrebbero suggerito al presidente siriano Bashar al-Assad di lasciare la Siria e formare un governo in esilio. Secondo il report, alcuni familiari stretti di Assad avrebbero già abbandonato il Paese: la moglie e i figli si sarebbero rifugiati in Russia, mentre altri parenti, tra cui i cognati, avrebbero trovato riparo negli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, il canale israeliano Channel 12 riferisce che l’ambasciata giordana a Washington ha prontamente smentito qualsiasi coinvolgimento di Amman in questa vicenda.
Battaglia per Homs
I ribelli si avvicinano sempre di più a questa città strategica, la cui conquista rappresenta un momento cruciale nel conflitto. Venerdì sera, i combattenti antigovernativi hanno annunciato di essere "alle mura" di Homs dopo aver conquistato l'ultimo villaggio nella periferia nord. La caduta di Homs potrebbe avere conseguenze devastanti per il regime di Bashar al-Assad, poiché rappresenta un crocevia strategico tra la capitale Damasco e la costa mediterranea, incluse la roccaforte alawita e le basi russe fondamentali per il sostegno al regime.
Una partita geopolitica complessa
Secondo il Kyiv Post, i guerriglieri appartenenti al gruppo Hayat Tahrir al-Sham avrebbero ricevuto addestramento militare da parte delle forze armate ucraine, oltre a un supporto logistico e operativo da parte della Turchia. Ankara, tuttavia, ha negato con forza qualsiasi coinvolgimento diretto. Un rinnovato dinamismo jihadista coinciso con l’instaurarsi di una fragile tregua tra Hezbollah e Israele che negli ultimi mesi aveva intensificato i raid aerei in Siria, prendendo di mira depositi di munizioni, infrastrutture militari e principali vie di comunicazione.
"Siamo assolutamente convinti che sia del tutto inaccettabile utilizzare i terroristi per raggiungere obiettivi geopolitici, come viene fatto ora", ha denunciato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in una sessione del Forum di Doha, precisando come sia inaccettabile consentire al gruppo jiahadista di prendere il controllo dei territori in violazione degli accordi esistenti, inclusa la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che conferma la sovranità e l'integrità territoriale della Siria.
Appare quasi obbligatorio ipotizzare la longa manus statunitense per un’operazione che attacca direttamente l’alleato più vicino dell’Iran. Mentre, infatti, migliaia di combattenti sciiti equipaggiati con armi pesanti si muovevano dall’Iraq alla volta della Siria per sostenere le forze armate regolari, hanno subito pesanti attacchi dai velivoli Usa decollati dalle basi situate in territorio iracheno e siriano.
Il quadro, tuttavia, sta assumendo tinte sempre più fosche di ora in ora. Middle East Spectator, citando un importante analista iraniano che ha legami con il personale di Teheran in Siria, suggerisce che Mosca ha valutato la situazione e ritiene che un’acquisizione da parte di HTS (Hayat Tahrir al-Sham) non metterebbe necessariamente in pericolo i loro interessi in Siria perché percepiscono HTS come “anti-americana”.
D’altra parte l'analista sostiene inoltre che l'Iran è un po' irritato con la Siria, perché Assad avrebbe rifiutato di aprire il fronte del Golan contro Israele: "Assad è stato sempre meno disposto a spendere soldi o attenzioni per l'Asse della Resistenza, è diventato meno cooperativo, dando priorità agli interessi propri della Siria, attirati dalle proposte economiche degli Emirati Arabi Uniti e di altri Stati del Golfo”.
Ora Teheran, clamorosamente, esorta al “dialogo politico” in Siria tra governo e opposizione. Parlando a Doha dopo colloqui con i colleghi di Russia e Turchia, il ministro degli Esteri di Teheran, Abbas Araghchi ha detto: “Deve iniziare un dialogo politico tra il governo siriano e i gruppi di opposizione legittimi”.
Anche la televisione di Stato iraniana si riferisce ora ai militanti filo-turchi come "opposizione armata" piuttosto che come "terroristi jihadisti".I media iraniani sono controllati dallo Stato, quindi l'Iran ha chiarito che non ha intenzione di salvare Assad.
Mentre Assad soccombe, sembra che tutti i principali contendenti del predominio geopolitico del Medio Oriente stiano rilanciando la scommessa sul regime-change siriano.
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