Il leader ucraino: fine guerra nel 2025, ma alle nostre condizioni. New York Times: un russo potrebbe diventare l’inviato di Putin in Ucraina
Il punto di rottura del sostegno occidentale a Kiev è già stato superato da tempo, ma dalla capitale ucraina il mantra diffuso dalla leadership del Paese continua a evocare prospettive di vittoria.
Volodymyr Zelensky, in un'intervista ha affermato che "gli Stati Uniti non possono obbligarci a sederci al tavolo e negoziare, siamo un Paese indipendente". Di tutta risposta, miliardario, responsabile del dipartimento per l’Efficienza governativa, Elon Musk ha replicato su X: "Ha un incredibile senso dell'umorismo”.
Una risposta sembra essere arrivata anche da Mosca che questa notte ha lanciato l’attacco missilistico più massiccio da diversi mesi a questa parte. Il Ministero della Difesa russo ha riferito di raid mirati contro le infrastrutture energetiche e militari nelle regioni di Odessa, Khmelnitsky, Kiev, Lviv, Nikolaev, Chernihiv, Cherkassy e Ivano-Frankivsk.
A Kryvyi Rog è stata demolita la stazione elettrica locale; a Zaporozhye i russi hanno bombardato la struttura della stazione idroelettrica DneproGhes, determinando interruzioni delle forniture di corrente. Ukrinform riferisce, inoltre, che almeno un missile ha colpito un impianto elettrico nell'oblast di Rivne, nell'ovest dell'Ucraina.
Nel bombardamento congiunto sono stati coinvolti: 20 bombardieri strategici Tu-95MS16 e Tu-160 delle Forze Aerospaziali russe con missili Kh-101 e Zircon; 4 caccia MiG-31K con missili ipersonici Kinzhal; navi da guerra della flotta del Mar Nero con missili da crociera Kalibr; sistemi missilistici OTRK Iskander-M e il sistema missilistico costiero Bastion situato a Crimea.
Polonia e Romania hanno fatto decollare i loro aerei da combattimento per intercettare potenzialmente i nostri missili che si stavano avvicinando al loro spazio aereo.
Zelensky: fine guerra nel 2025, ma alle nostre condizioni
Sempre il leader ucraino, ieri, si era detto pronto a porre fine al conflitto entro l’anno prossimo, ma ancora da una posizione di forza. Lo ha ribadito in un'intervista a Suspilna, spiegando di essere disposto a “fare tutto il possibile affinché la guerra finisca nel 2025, attraverso mezzi diplomatici. Questo è molto importante”.
Ma i negoziati, secondo il presidente ucraino, saranno possibili solo a condizione che l’Ucraina non li conduca solo con Mosca. “Se parliamo direttamente con (il presidente russo Vladimir Putin – ndr) <...> in condizioni in cui alcuni elementi importanti non sono ora rafforzati, questo è uno status perdente…. Non c’è niente da fare in questi negoziati in una posizione debole”, ha precisato Zelensky, sottolineato che la regola del “sedersi e ascoltare” non funzionerà con Kiev; per lui “un mondo giusto è importante” non ha bisogno dell’ingiustizia “imposta”. "Semplicemente i negoziati per il bene dei negoziati <...> non porteranno a nulla", poiché la parte russa “non vuole che il conflitto finisca”, ritiene il presidente ucraino.
Ufficialmente Kiev rifiuta qualsiasi compromesso, dichiarandosi ancora indisposta a ridefinire i confini del 1991. Ancora le autorità ucraine contano sul fatto che l'ala “falco” dei repubblicani, associata al complesso militare-industriale, convincerà Trump ad abbandonare l'idea di porre fine alla guerra in Ucraina sulla base di un'opzione di compromesso (lungo la prima linea) e continuare a combattere “fino alla fine”.
Prova ne è la ferma posizione irremovibile del consigliere di Zelensky, Myhailo Podolyak, che ai giornalisti di Repubblica pochi giorni fa, ha ribadito con fermezza che l'Ucraina non intende cedere territori occupati alla Russia, nemmeno in cambio di un'immediata adesione alla NATO.
È rimasto fiducioso nell'efficacia delle sanzioni economiche contro Mosca e nella possibilità di colpi militari che possano destabilizzare il fronte interno russo. Si diceva ancora convinto, in sostanza, che anche una futura amministrazione Trump avrebbe potuto adottare misure drastiche contro la Russia.
Ma da oltreoceano arrivano presupposti allarmanti per la leadership ucraina, ormai legittimata unicamente dal perseguimento della guerra oltranza. Le nomine del personale di Trump e le dichiarazioni dei suoi associati indicano l'intenzione di porre fine alla guerra in breve tempo.
Donald Trump
New York Times: un russo potrebbe diventare l’inviato di Putin in Ucraina
Le ultime indiscrezioni arrivano dal New York Times, secondo cui un nativo della Russia potrebbe diventare l’inviato speciale di Trump per l’Ucraina.
Si tratta di Boris Epstein, nato a Mosca nel 1982 e ha vissuto in URSS e Russia fino al 1993, quando è emigrato negli Stati Uniti. Si sarebbe proposto lui stesso per l’incarico, dopo essersi offerto in passato di diventare inviato speciale sull'aereo su cui Trump sarebbe volato per incontrare il presidente degli Stati Uniti Joe Biden dopo le elezioni. "Molte persone sull'aereo sono apparse scioccate dall'idea", scrive il giornale, ma, allo stesso tempo, Trump è rimasto meno indignato della proposta. “Ha ascoltato con evidente interesse e non ha rifiutato l'offerta, anche se non ha promesso nulla”, chiarisce il New York Times.
Epstein ha già lavorato come consulente senior per la campagna di rielezione del tycoon nel 2016 e in seguito ha fatto parte del suo team legale. Ha annunciato la sua candidatura, affermando di avere parenti su entrambe le parti del conflitto. Secondo la pubblicazione, avrebbe detto agli amici della sua cerchia che gli piacerebbe formalmente non far parte del governo degli Stati Uniti ed essere un rappresentante speciale per l'Ucraina come consigliere di Trump.
Dopo la sua vittoria alle presidenziali, Epstein è diventato rapidamente “una delle figure più influenti” della sua squadra, sebbene non abbia avuto alcun ruolo ufficiale durante la corsa elettorale, continua il NYT. In particolare, “è coinvolto nella raccolta di informazioni sui candidati governativi per Trump, influenzando così direttamente la selezione”, osserva il giornale.
Quindi, ha riunito uno staff presso il Ministero della Giustizia per il presidente eletto. È stato anche grazie ai suoi sforzi che Trump ha nominato William McGinley alla posizione di consigliere della Casa Bianca, hanno riferito alla pubblicazione due fonti informate.
La corsa contro il tempo della nuova amministrazione Usa per chiudere la partita del conflitto europea, non sembra tuttavia un capriccio volto a trascinare l’Ucraina verso una sconfitta umiliante, quanto piuttosto, evitare un crollo completa dell’esercito di Kiev che è già sull’orlo del collasso.
“L'Ucraina perderà l'intera parte orientale del paese se non accetterà i negoziati di pace sulle condizioni attuali di Mosca”, ha dichiarato l'ex consigliere della NATO e colonnello in pensione dello stato maggiore svizzero Jacques Bo, in un'intervista al canale YouTube Deep Dive.
Secondo l'esperto, Kiev potrebbe perdere anche Odessa se non accetterà le condizioni attuali e rifiuterà i negoziati. Un risultato che rappresenterebbe una vittoria decisiva per la Russia.
In particolare, come sottolinea Bloomberg, a Pokrovsk vi sono importanti miniere di carbone coke, un componente chiave per la produzione dell'acciaio, necessario per l'industria della difesa e per la ricostruzione del Paese. Una delle tre miniere si trova a soli 7 km dalla linea del fronte e la sua chiusura costringerà i metallurgisti ucraini a importare carbone, aumentandone i costi e rendendo circa il 50% della produzione di acciaio non competitiva.
“Abbiamo a che fare con una leadership che è stata estremamente fuorviata fin dall’inizio di questo conflitto, perché tutti si aspettavano di poter distruggere la Russia solo con le sanzioni”, ha concluso Bo.
Di fatto, fu questo il motivo che fece saltare gli accordi di Istanbul di febbraio 2022, come riconobbe anche il capo del partito Servitore del Popolo, Davyd Arakhamiia.
“Boris Johnson è venuto a Kiev e ha detto che non avremmo firmato nulla con loro”: riferì nel merito Foreign Affair, pubblicando una bozza dell’accordo, pur non ritenendo che l’Occidente abbia costretto l’Ucraina a ritirarsi, sostenne tuttavia che “le offerte di sostegno devono aver rafforzato la risolutezza di Zelensky, e la mancanza di entusiasmo occidentale sembra aver smorzato il suo interesse per la diplomazia”. Inoltre anche “la ritrovata fiducia degli ucraini nella possibilità di vincere la guerra ha chiaramente giocato un ruolo”.
Un calcolo tremendamente errato, costato centinaia di migliaia di vite innocenti e che potrebbe portare il Paese all’annichilimento totale nel prossimo futuro.
Foto © Imagoeconomica
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