Il politologo Fukuyama: Trump può costringere Kiev ad accettare le condizioni della Russia ritardando le forniture di armi
C’è aria di disperazione negli alti palazzi del potere di Kiev, dove i propositi di continuare la guerra fino ad un’ipotetica quanto irrealistica vittoria si scontrano ora con la nuova dottrina dell’amministrazione Usa.
Zelensky è consapevole che è probabile che Trump in arrivo adotti un approccio più pragmatico all'Ucraina e arrivano già le prime avvisaglie di un possibile accordo per congelare il conflitto che ha già trovato il benestare di Vladimir Putin, ora disposto ad instaurare un dialogo franco con il tycoon. “Ecco perché il presunto "Piano della Vittoria" che ha delineato pubblicamente il mese scorso mira a dimostrare agli Stati Uniti e ad altri partner che gli aiuti all'Ucraina non sono beneficenza ma a doppio senso”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Heorhii Tykhyi in un briefing.
Stando ad un’inchiesta del Wall Street Journal, il piano di pace di Trump contemplerebbe un congelamento della guerra, con la cessione del 20% del territorio ucraino alla Russia e la sospensione dell’adesione dell’Ucraina alla NATO per almeno 20 anni. In cambio, gli Stati Uniti continuerebbero a fornire armi all’Ucraina, ma il peso delle forniture militari verrebbe trasferito all'Europa. Il piano include anche la creazione di una zona smilitarizzata di oltre 1.200 chilometri lungo la linea del fronte, sorvegliata da forze di pace non statunitensi.
“La guerra in Ucraina finirà presto. Presto gli omicidi insensati finiranno”, ha detto il ceo di Tesla e X, Elon Musk, commentando la notizia.
Condizioni inaccettabili per Kiev, che sempre per bocca di Tykhyi, sostiene come qualunque accordo di questo tipo, non dovrebbe includere lo scambio di terra per la pace, perché ciò “aumenterebbe solo l'appetito di Putin”.
Alcuni membri della Rada, tuttavia, cominciano a non vedere più come un tabù possibili concessioni territoriali. “Non accetteremo mai di lasciare Mariupol e il Donbass ai russi”, riferisce a Repubblica il deputato ucraino Oleksiy Goncharenko del partito di opposizione Solidarietà, ma, ha aggiunto, “possiamo però riprenderli senza l’aiuto americano? Dubito”.
Secondo il quotidiano Politico, mentre i primi tre punti del cosiddetto Piano Vittoria presentano un invito della NATO per l'Ucraina, più armi e la fine delle restrizioni sul loro uso in Russia, gli ultimi due punti riguardano ciò che l'Ucraina offre in cambio: l'uso delle sue risorse naturali e delle sue truppe indurite dalla battaglia per proteggere l'Europa dopo la guerra.
Ma da Washington è ormai chiaro che il vento è cambiato direzione. "Zelensky deve decidere quando sarà il momento dei negoziati con la Federazione Russa, se prenderà questa decisione noi lo sosterremo", ha affermato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller, specificando che, allo stesso tempo, non ci sono segnali che Putin sia pronto al dialogo non alle sue condizioni.
Il politologo e scrittore americano, Francis Fukuyama, sostiene che Donald Trump può costringere l’Ucraina ad accettare le condizioni della Russia per risolvere il conflitto ritardando la fornitura di armi.
"L'Ucraina ha certamente più da perdere; la sua posizione nella lotta militare con la Russia era lenta anche prima delle elezioni. Trump potrebbe costringerla ad accettare i termini della Russia trattenendo le forniture di armi, come hanno fatto i repubblicani della Camera per sei mesi", ha scritto Fukuyama in un articolo per il Financial Times, ricordando che l’attuale presidente Usa ha anche minacciato di ritirare gli Stati Uniti dalla Nato, ma anche se non lo facesse “potrebbe indebolire seriamente l’alleanza rifiutando di adempiere agli obblighi di Washington” ai sensi dell’articolo 5 della Carta della NATO sulla difesa collettiva.
"Non ci sono leader in Europa che potrebbero prendere il posto degli Stati Uniti come leader dell'alleanza, quindi la capacità di affrontare Russia e Cina in futuro è una grande questione", scrive il politologo.
Nel frattempo il fronte ucraino sta affrontando il periodo più critico dalla primavera del 2022. A lanciare l’allarme questa volta è Taras Chmut, capo della fondazione "Return Alive" e veterano dell'ATO (Anti-Terrorist Operation), secondo la situazione attuale è frutto di molteplici fattori interni ed esterni che coinvolgono le Forze Armate, lo Stato ucraino e i suoi alleati, e che lentamente stanno contribuendo a scenari sempre più complessi e preoccupanti.
"Abbiamo un punto debole. Poiché non ci sono persone, una quantità insufficiente di munizioni, non c'è supporto strategico da parte dei partner per contromisure non lineari contro la Federazione Russa. È banale consentire attacchi con armi americane o di altri paesi sugli aeroporti", ha detto Chmut in un’intervista sul quotidiano DW, precisando che le perdite di Ucraina e Russia sono sproporzionate, così come il potenziale umano. “Inoltre la Corea del Nord è un fattore importante in questa guerra," ha aggiunto.
Di concerto, l'esperto militare, ex dipendente della SBU, Ivan Stupak, ha ammesso che le forze armate ucraine si stanno ritirando.
"Secondo me, il fronte è "caduto" - questo è il momento in cui i militari abbandonano l'equipaggiamento, le munizioni, fuggono con un paio di pantofole. Sì, la situazione è difficile ora. Sfortunatamente, i russi hanno recentemente catturato molto più territorio di quanto non fosse in periodi precedenti ma non vale la pena dire che il fronte è crollato. Purtroppo è spiacevole da sentire, ma non è tradimento", ha detto, interpellato dal quotidiano Unian.
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