Il report sulla Difesa Europea: l’Europa deve investire il 20% del suo bilancio per contribuire alla sicurezza
La dottrina della guerra totale, domina un’Europa ormai incapace di contemplare scenari che si discostino dal quadro apocalittico dove il vecchio continente assume il ruolo di ultimo decadente bastione fortificato, adibito a contenere l’inesorabile fine dell’egemonia dell’impero statunitense.
Con la disfatta ucraina, ora l’Ue si rende conto che non è pronta a rispondere a scenari di crisi, in particolar modo ad attacchi militari nei confronti di un Paese membro. Le soluzioni? Sia mai che si parli di diplomazia. Si prevede di intervenire niente meno che sulla produzione massiccia di armi; sulla maggiore autonomia europea nel campo della Difesa e dell’intelligence; sulla preparazione della popolazione a situazioni di emergenza e sulla promozione tra i giovani della carriera militare.
Queste sono le conclusioni del report sulla Difesa europea, stilato dall’ex primo ministro finlandese, Sauli Niinistö, incaricato a marzo da Ursula von der Leyen di redigere il documento che non nasconde la totale impreparazione del continente a scenari bellici che coinvolgono l’attacco di Paesi esterni. Ogni riferimento alla Russia è puramente casuale.
Solo ieri l’Economist metteva in luce che mentre l’UE afferma di produrre più di un milione di proiettili all’anno, Mosca produce tre volte di più e riceve anche il sostegno della Corea del Nord e dell’Iran.
Se a questo aggiungiamo che, con il conflitto ucraino ancora in corso, la possibile candidatura di Donald Trump preannuncia un considerevole scaricamento dei costi della guerra nei confronti dei Paesi del vecchio continente, il quadro si fa ancora più cupo.
Lapidarie in questo senso anche le parole del suo partner alla vicepresidenza J.D. Vance in merito ai curatori di future garanzie di Difesa per Kiev una volta terminati i combattimenti: "Non avremo né uomini né donne nel meccanismo di applicazione delle norme. Non pagheremo noi per questo. Pagherà l'Europa".
Già a seguito delle pressioni durante il primo mandato di Trump, i membri dell’Alleanza e gli alleati dell’Asia orientale hanno aumentato la quota dei loro budget spesi per la difesa: a giugno, 23 dei 32 membri della NATO avevano raggiunto l'obiettivo di spendere il 2% del PIL per la difesa, il doppio di quanto spendevano quattro anni fa.
“Nonostante le misure adottate negli ultimi anni per migliorare la preparazione, l’Ue e i suoi Paesi membri non sono ancora completamente preparati per gli scenari di crisi intersettoriali o multidimensionali più gravi”, si legge nel documento che chiede agli Stati membri di prepararsi alle proiezioni peggiori.
Ovviamente, il “fattore di maggiore preoccupazione ad oggi e per gli anni a venire” rimane la guerra in Ucraina che, in caso di ulteriore escalation, potrebbe allargare il conflitto fino a coinvolgere anche Stati membri dell’Unione europea. “L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia ha dimostrato che ci vogliono due persone per mantenere la pace, ma solo una per iniziare una guerra. L’invasione della Russia ha anche sottolineato la percezione di lunga data di Putin secondo cui l’Occidente e i popoli occidentali sono deboli”.
Una condizione di inferiorità che secondo il Documento è legata alla dipendenza, in tema di Difesa, dall’ombrello Nato e dagli Stati Uniti, senza dimenticare che l’assenza di un esercito comune rende difficile per i Paesi membri misurarsi in maniera coordinata con la minaccia.
Per risolvere queste criticità, si legge, almeno “il 20% del bilancio complessivo dell’Ue” dovrebbe contribuire “alla sicurezza e alla preparazione alle crisi. Un pacchetto coerente, con livelli di finanziamento commisurati alla portata e alla complessità delle sfide in evoluzione” che il continente si trova ad affrontare.
L’Industria della guerra europea che avvantaggia gli Stati Uniti
Investimenti che saranno resi disponibili per “incentivare e rafforzare capacità congiunte” utili a prepararsi “alle principali contingenze militari”, in linea con i piani tracciati dalla presidente della Commissione, Von der Leyen.
In sostanza, l'Unione europea dovrà condurre enormi investimenti nella difesa. Un colossale drenaggio di fondi che dalla sanità, la scuola, le infrastrutture saranno destinati ad arricchire in larga parte l’industria americana. Un risultato scontato, nonostante Bruxelles si sia prefissata l’obiettivo di ridurre la dipendenza militare dall’estero, raddoppiando al 60% entro il 2035 la quota di produzione domestica di armi
L'11 marzo 2024 il Sipri, ha pubblicato i dati delle vendite di armi nell'ultimo quinquennio, rivelando che tra il 2019 e il 2023 gli Stati europei hanno aumentato le loro importazioni di armi del 94%.
Il più grande venditore sono gli Stati Uniti che, aumentando il volume di affari del 17%, coprono il 42% del mercato. Nel quinquennio 2014-2018, l'Europa aveva importato il 35% delle sue forniture militari dagli Stati Uniti. Un dato salito al 55% tra il 2019 e il 2023. Al contempo, Secondo uno studio del think-tank francese Institut de relations internationales et stratégiques, le aziende extracomunitarie hanno ottenuto il 78% degli ordini di equipaggiamenti militari effettuati dai Paesi Ue nel biennio della guerra ucraina. In testa ci sono sempre loro: i colossi americani come Lockheed Martin, Rtx e Boeing che sono i primi beneficiari per l’80%, seguiti dai gruppi sudcoreani come Hanwha.
Solo a luglio di quest’anno Il ministro della Difesa polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz ha firmato un accordo con l'azienda statunitense Raytheon, per la produzione di 48 sistemi di difesa aerea Patriot per un valore complessivo di circa 48 miliardi di dollari, tenendo conto del costo annesso dei missili intercettori.
Nello stesso mese, sempre la Raytheon, si è assicurata un contratto del valore di 1,2 miliardi di dollari per la fornitura di ulteriori sistemi di difesa aerea e missilistica Patriot alla Germania.
Anche l’italiana AVIO ha firmato un accordo con la multinazionale statunitense, per avviare e far progredire lo sviluppo di motori a propellente solido per la difesa. Un grande affare, quello degli armamenti, per i grandi fondi di investimento come Blackrock, Vanguard e State Street che hanno grosse partecipazioni in tutte le principali industrie belliche.
La popolazione civile da preparare alla catastrofe
Si preme anche affinché la preparazione di nuovi militari e personale per le emergenze deve essere accompagnata da iniziative di formazione rivolte anche alla popolazione civile. L’Unione Europea dovrebbe infatti promuovere un obiettivo di autosufficienza di 72 ore attraverso campagne informative coordinate, con l'intento di garantire che le famiglie in tutto il territorio dell’Unione siano pronte a fronteggiare almeno tre giorni di emergenza in diverse circostanze, tenendo conto delle specificità nazionali.
Un bel pacchetto che accompagnerà il sogno europeo per le prossime generazioni.
Parallelamente, resta imprescindibile il supporto all’Ucraina nella sua difesa contro l’aggressione russa, considerata una linea di contenimento delle ambizioni espansionistiche di Mosca. Secondo il report, l’Ue dovrebbe mantenere e potenziare la propria capacità di fornire assistenza militare al Paese per il tempo necessario. Il rischio di ulteriori aggressioni russe oltre i confini ucraini non può essere escluso; tuttavia, prepararsi a tale eventualità non equivale a un’escalation, "bensì rappresenta una misura deterrente contro possibili minacce alla sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri, alcuni dei quali rivelano notevoli lacune nella loro prontezza militare”. Potenziare le capacità di difesa dei singoli Stati è fondamentale per assicurare che siano in grado di sostenersi reciprocamente e contribuire a una strategia di deterrenza efficace.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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