Hezbollah e Hamas: ok alla tregua con Israele ma a certe condizioni. Medici Senza Frontiere: “Nel nord della Striscia situazione devastante”
Almeno 143 palestinesi sono stati uccisi ieri negli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza, di cui 132 uccisi nel nord assediato da settimane dalle Israel Defense Forces. Lo riferisce Al Jazeera che cita fonti mediche all’indomani dell’operazione a Beit Lahiya. L’emittente tv riporta anche di almeno 77 morti in Libano. Washington si è detta “profondamente preoccupata” per “l’orribile” attacco aereo condotto da Israele su Beit Lahiya. Il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha detto ieri che Washington ha contattato Tel Aviv per chiedere spiegazioni, ma al momento non ne ha ricevute. “Ci sono segnalazioni di una ventina di bambini uccisi in questo attacco. Senza dubbio, molti di loro erano bambini che sono fuggiti dagli eventi di questa guerra da più di un anno”, ha detto Miller in una conferenza stampa. Ieri l’esercito israeliano aveva affermato di essere a conoscenza delle notizie secondo cui circa 100 persone sono state uccise in un attacco aereo notturno a Beit Lahiya, ma aveva sottolineato che il numero, che era stato fornito dalle autorità di Hamas, potrebbe essere impreciso e che l’accaduto è ancora in fase di indagine. “L’Idf invita i media a prestare attenzione alle informazioni pubblicate da Hamas, come è stato dimostrato in diversi eventi precedenti”, afferma l’esercito, ricordando che quella di Beit Lahiya “è una zona di combattimento attiva”. Intanto i colloqui sul cessate il fuoco ripresi domenica in Qatar proseguono. Una fonte vicina al dossier ha dichiarato all’Afp che i mediatori sono pronti a proporre a Hamas una tregua “a breve termine”, di “meno di un mese". La proposta prevede lo scambio di ostaggi israeliani con palestinesi nelle carceri israeliane e l’aumento degli aiuti a Gaza, ha aggiunto la fonte. “I funzionari statunitensi ritengono che se si riuscirà a raggiungere un accordo a breve termine, questo potrebbe portare a un accordo permanente”, ha detto la fonte.
Prosegue l’offensiva israeliana in Libano
Continua incessante l’offensiva israeliana in Libano. L’Idf ha confermato di aver lanciato attacchi aerei contro i depositi di carburante di Hezbollah nel nord-est del Libano.
Durante tutta la giornata, inoltre, è andata avanti la battaglia tra Hezbollah ed esercito israeliano nel sud del Paese dei cedri attorno alla cittadina di Khiam, situata in una posizione strategica per il controllo delle comunicazioni verso nord. Lo hanno riferito i media libanesi, secondo i quali l'esercito israeliano, grazie anche alla copertura aerea e di artiglieria, si è attestato alla periferia sud-orientale di Khiam dove ha fatto esplodere diverse abitazioni. Khiam è tristemente nota per aver ospitato a lungo, durante la prima occupazione militare israeliana del sud del Libano (1978-2000), la famigerata prigione e luogo di tortura dove Israele rinchiudeva i combattenti libanesi, palestinesi e di altre nazionalità che resistevano all’occupazione israeliana. Nel luglio del 2006, durante l'ultima guerra tra Israele e Hezbollah, a Khiam furono uccisi in un bombardamento israeliano quattro caschi blu dell'Onu: un austriaco, un canadese, un finlandese e un cinese.
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Inoltre, il Ministero della Sanità libanese ha annunciato che Israele oggi pomeriggio ha ucciso almeno 25 persone nella valle della Bekaa, tra cui donne e bambini. Si tratta di un bilancio provvisorio destinato a salire col passare delle ore. Secondo il governo libanese, 11 persone sono state uccise a Sohmor, altre 7 a Beit Salibi, nel distretto di Baalbeck e dove due famiglie sono state trucidate. Altre 7 persone sono state uccise a Bednayel, nella zona centrale della Bekaa.
Cresce l’escalation, dunque, aggravata dalla continua aggressione israeliana nella Striscia di Gaza, in Yemen, in Siria e, da ultimo, anche con la messa al bando dell’Unrwa da parte del governo israeliano. Un’iniziativa vista come un affronto da parte delle Nazioni Unite che tempestivamente l’hanno condannata esprimendo all'unanimità "grave preoccupazione" per l'approvazione da parte della Knesset della legge che vieta all'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi di operare in Israele e ne limita fortemente le operazioni a Gaza e in Cisgiordania.
Anche il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baghaei, ha condannato questa legge israeliana, definendola "scandalosa e crudele". Israele ha "già ucciso più di 230 membri del suo personale", ha ricordato il rappresentante della Repubblica islamica su X, sottolineando che l'agenzia Onu per i palestinesi "insostituibile ed essenziale, senza la quale il sistema umanitario a Gaza crollerebbe". L'iniziativa israeliana rientra in "ciò che il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina ha definito come 'intento genocida' - ha aggiunto - all'interno di un processo decennale di espansione territoriale e pulizia etnica mirato a liquidare la presenza palestinese in Palestina". Baghaei ha esortato la comunità internazionale ad "agire con decisione per impedire" a Israele di "sradicare l'Agenzia vecchia di 75 anni e per impedire la privazione dei rifugiati palestinesi dei loro diritti minimi di base".
Parla il nuovo leader di Hezbollah
Nel frattempo, il nuovo segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha annunciato che il suo movimento accetterà un cessate il fuoco con Israele, ma a certe condizioni. "Se Israele decide di fermare la guerra, lo accetteremo alle condizioni che ci vanno bene. Finora, nessuna proposta accettabile per Israele e adatta a noi è stata messa in discussione", ha precisato. Inoltre, un funzionario di Hamas ha annunciato oggi che il partito non ha ricevuto una proposta ufficiale per una tregua nella Striscia di Gaza ma “siamo pronti a discutere qualsiasi idea o proposta che ci venga presentata, purché porti alla fine della guerra e al ritiro dell'esercito da Gaza”.
Benyamin Netanyahu
Il funzionario ha anche accusato il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu di impedire il processo sul cessate il fuoco per perseguire una politica di "genocidio, pulizia etnica e sfollamento della popolazione" approfittando dell'assenza di pressioni da parte degli Stati Uniti. "Abbiamo detto ai mediatori che Hamas è pronto se (Israele) accetta un cessate il fuoco, un ritiro completo dalla Striscia di Gaza, il ritorno degli sfollati alle loro case a Gaza, anche nel nord, l'ingresso di aiuti sufficienti per il nostro popolo e un serio accordo di scambio sui prigionieri palestinesi detenuti da Israele”, ha precisato la stessa fonte.
Medici Senza Frontiere: “Nel nord di Gaza situazione devastante”
La situazione nell’enclave ha raggiunto livelli catastrofici. “A Jabalia e nel nord di Gaza rimane devastante e insostenibile, con centinaia di morti e feriti. Gli sforzi per portare aiuti, acqua e cibo inclusi, continuano a essere vani”, ha detto Sarah Vuylsteke, capo progetto di Medici Senza Frontiere a Gaza. "Migliaia di persone si stanno spostando a piedi verso GAZA City attraverso i corridoi predisposti dall'esercito israeliano - ha aggiunto -. Tra loro ci sono anche anziani, persone con disabilità, bambini piccoli, malati e feriti. Queste persone devono spostarsi per chilometri senza cibo, senza acqua, senza poter trasportare i propri effetti personali. Non sappiamo se queste persone ce la faranno". "Siamo molto preoccupati per le condizioni dei tre ospedali al nord di Gaza - ha detto -. Per quanto sappiamo, l'ospedale indonesiano ha ancora personale e pazienti, ma è sostanzialmente non funzionante. La maggior parte del personale medico dell'ospedale Kamal Adwan, compreso un chirurgo di Msf, è ancora in stato di arresto. L'ospedale è stato inoltre attaccato e le scene di distruzione dopo il raid sono devastanti. L'ospedale di Al-Awda rimane in condizioni critiche, senza rifornimenti cerca come può di curare i pazienti. Siamo inoltre preoccupati per le decine di migliaia di persone a Gaza City: l'accesso alle risorse è limitato da molto tempo a causa del blocco delle forniture e nella clinica di Msf abbiamo visto un aumento del 50% delle visite mediche".
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