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La nuova candidatura per il ruolo di segretario generale dell'Alleanza è stata per certi versi una sorpresa. Quando il Consiglio supremo della difesa nazionale della Romania ha annunciato la scorsa settimana che Iohannis avrebbe ritirato il suo nome, ha rimosso l'ultimo ostacolo per l'investitura di Mark Rutte, concordata da tutti i 32 membri della NATO.
"È un grande onore essere nominato segretario generale della Nato. L'Alleanza è e rimarrà la pietra angolare della nostra sicurezza collettiva. Guidare questa organizzazione è una responsabilità che non prendo alla leggera. Sono grato a tutti gli alleati per aver riposto la loro fiducia in me. Sono ansioso di assumere l'incarico con grande vigore in ottobre, come successore di Jens Stoltenberg, che ha fornito alla Nato una leadership eccezionale negli ultimi 10 anni e per il quale ho sempre nutrito grande ammirazione", ha affermato il nuovo candidato in un post su x.
Primo ministro uscente dei Paesi Bassi, Rutte è una figura ben inserita nell'establishment finanziario prono agli interessi anglo americani. Assiduo frequentatore delle riunioni del Bilderberg, è stato infatti uno dei più acerrimi nemici di ogni ipotesi di debito comune europeo, ha sempre preso posizione feroce contro qualsiasi aumento della spesa pubblica, sia di quella per gli investimenti che di quella corrente.
Ha varato leggi allo scopo di mantenere l'Olanda un paradiso fiscale, a discapito, ovviamente, dei bilanci degli altri paesi europei: secondo l’economista Gabriel Zucman dei 72 miliardi di euro di profitti aziendali, circa 10 miliardi di questi finiscono al fisco olandese, gli altri dentro le casse delle multinazionali.
I Paesi Bassi sono una destinazione privilegiata, appunto per molte aziende statunitensi che cercano di minimizzare il carico fiscale.
Rutte è stato anche un convinto sostenitore della centralità della Borsa energetica di Amsterdam, dove i fondi speculativi, privi di qualsiasi legame con il mercato reale del gas, determinano i prezzi di mercato.
Dal punto di vista dei rapporti con Mosca, certamente la sua nomina comporterà colpi di scena rispetto al suo predecessore. Anzi, il politico olandese potrebbe spingere per un approccio ancor più intransigente e aggressivo: è nota infatti la sua disistima verso il presidente della Russia Vladimir Putin, maturata in seguito all'abbattimento del volo MH17, avvenuto nei cieli dell’Ucraina orientale il 17 luglio del 2014. Il disastro provocò la morte di 298 persone, tra cui 196 olandesi. Un verdetto della Corte penale internazionale, ha decretato due anni fa che a distruggere il velivolo era stato un missile di tipo Buk sparato da Pervomaisk, una località nel distretto di Luhansk, sotto controllo dei militanti separatisti filorussi.


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Non sono poche tuttavia le incongruenze emerse a seguito di quella tragedia. Dopo poche ore dall’evento sparì nel nulla l’operatrice del centro di comunicazioni di Kiev che era in servizio in quei drammatici minuti e con lei sparirono nel nulla i nastri delle registrazioni delle comunicazioni tra il centro a terra di Dnepropetrovsk e l’aereo.
Ma soprattutto, come testimoniato dal portavoce del procuratore generale dell'Ucraina, Jurij Boicenko, Ucraina, i Paesi Bassi, l’Australia e il Belgio avevano firmato, l’8 agosto 2014 un “Non-disclosure agreement”, ossia un accordo per non rendere noti i risultati dell’inchiesta sul volo MH17.
Dall'invasione dell'Ucraina del 24 febbraio 2022, Rutte ha sempre sollecitato i partner euroatlantici a incrementare il proprio sostegno militare alle Forze armate di Kiev, definendo "vitale" per la pace in Europa la sconfitta della Russia sul campo di battaglia.
Emblematiche in questo senso le parole del predecessore Jens Stoltenberg: “lascerò la Nato in buone mani".
Uno dei problemi più urgenti che il nuovo segretario generale deve affrontare è la spesa. Dal 2006 è stato concordato che gli stati membri della NATO debbano spendere almeno il 2% del loro prodotto interno lordo per la difesa. Da allora, solo sette ci sono riusciti a raggiungere il tetto stabilito entro il 2022.
Quest'anno, si prevede che 23 paesi adempiranno finalmente ai propri obblighi, anche se ne restano nove che non lo faranno. Tra questi Paesi c’è anche l’Italia che nel 2024 spenderà l'1,43% del pil per la Difesa. Riuscirà il nuovo rigorista fiscale Rutte a riportare il nostro Paese nei ranghi della spesa militare utile alla Terza guerra mondiale?

Foto © Imagoeconomica

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