Capo del ministero della Difesa norvegese: la Nato dovrà accelerare i preparativi per un possibile conflitto con la Russia e avrà bisogno di 2-3 anni per rafforzare la propria difesa
Il primo colpo di cannone oltre la linea rossa ha già colpito il bersaglio. Le forze armate ucraine hanno annunciato di aver attaccato con successo un sistema missilistico S-300 all’interno del territorio russo, utilizzando armi fornite dall’Occidente. “Brucia magnificamente. È un S-300 russo. Sul territorio russo. I primi giorni dopo il permesso di usare armi occidentali sul territorio nemico”, ha scritto su Facebook il ministro del governo ucraino, Iryna Vereshchuk, allegando una foto.
Secondo il canale russo, Astra, l'attacco ha danneggiato una base per le truppe e un'area di stoccaggio di armi pesanti nel distretto di Korochanskiy, sempre nella regione di Belgorod. Un particolare ancora non confermato da fonti ufficiali, ma ieri il governatore di Belgorod, Vyacheslav Gladkov, aveva detto che una persona era morta e altre tre erano rimaste ferite nell'esplosione di un deposito di munizioni proprio nel distretto di Korochansky.
Si tratta del primo attacco avallato dalla presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, dopo che ha concesso all’Ucraina il permesso di effettuare attacchi limitati utilizzando armi statunitensi nel territorio russo intorno a Kharkiv.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha salutato la decisione come un “passo avanti” che aiuterà le sue forze a difendere la regione di Kharkiv. Gli analisti militari, tuttavia hanno moderato le aspettative, in parte perché gli Stati Uniti sono fermi nel non permettere all’Ucraina di utilizzare i missili a lungo raggio noti come ATACMS, in grado di colpire obiettivi a 300 km e hanno concesso a Kiev di adoperare solo sistemi a corto raggio noti come GMLRS, con una gittata di circa 70 km.
Katerina Stepanenko, studiosa presso l’Institute for The Study of War (ISW), osserva che molti degli aeroporti russi da cui vengono lanciati gli attacchi si trovano oltre la portata dei missili GMLRS disponibili per l'Ucraina e dunque le azioni degli Stati Uniti possono "attenuare" l'attività russa, ma non limitarla. Franz-Stefan Gadi, dell'Istituto internazionale di studi strategici, ritiene che l'Ucraina ora sarà in grado di colpire alcune teste di ponte, centri di comando e controllo russi, nonché depositi di rifornimenti, ma “questo non fermerà le azioni militari russe contro Kharkov”, bensì “le complicherà".
Tra i capifila delle voci dissonanti alla narrativa della possibile svolta ucraina garantita da questo nuovo approccio strategico, c’è anche il politologo senior della Rand Corporation, Samuel Charap, che sulle pagine del Washington Post scrive che “gli attacchi all’interno della Russia con armi statunitensi potrebbero rallentare le operazioni militari intorno a Kharkiv, ma non cambieranno le regole del gioco… Dopotutto vengono abitualmente utilizzate per colpire le linee di rifornimento e i posti di comando russi nell’Ucraina orientale occupata, dove tuttavia la Russia ottiene costantemente vantaggi. E così la guerra logorante e logorante continuerà”.
Secondo Charap, Mosca sta effettivamente vincendo la guerra quindi è improbabile che il presidente Vladimir Putin corra il rischio di provocare un conflitto diretto con gli Stati Uniti e i suoi alleati.
Volodymyr Zelensky
Il vero problema, a detta dell’analista, è che la decisione di Biden è una risposta reattiva alle mosse militari di Mosca e non una vera e propria strategia per porre fine al conflitto.
“I russi continueranno a spingere e tra tre o sei mesi gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi di nuovo sotto un'analoga campagna di pressione ucraina e alleata, tentati di superare la prossima soglia per cercare di invertire la traiettoria negativa”, ha continuato Charap, secondo cui imporre “costi” ulteriori alla Russia in assenza di un processo di trattative renderà inevitabile un’ulteriore escalation nel prossimo futuro.
“E un giorno, una delle parti potrebbe finalmente inciampare su una vera e propria linea rossa, che potrebbe portare esattamente alla grande escalation che l’amministrazione Biden ha cercato di evitare”, conclude la pubblicazione.
Nessuno sforzo diplomatico, nessuno sguardo all’inevitabile fine che rappresenterà per l’Ucraina un prolungamento del conflitto a tempo indeterminato.
A denunciarlo è anche lo storico britannico Geoffrey Roberts, che sul canale Dialogue Works ha parlato di una guerra nella sua fase finale, artificialmente tenuta in piedi dagli Stati Uniti.
“Semplicemente non vedo alcuna opzione che possa garantire all’Ucraina una vittoria militare. Continuerà solo a subire enormi perdite e sarà costretta a ritirarsi qua e là. L’unica domanda è per quanto tempo gli ucraini potranno continuare a combattere”, ha affermato Roberts, spiegando che la strategia di Washington consiste nello scommettere sul fatto che i combattimenti si protraggano almeno fino alle elezioni presidenziali di novembre.
Un piano che sembra accompagnarsi alla prospettiva di un confronto diretto con Mosca da porre in essere sul continente europeo.
A darne chiarimento è stato il capo del ministero della Difesa norvegese, Eirik Kristoffersen, secondo cui la Nato dovrà accelerare i preparativi per un possibile scontro con la Russia e avrà bisogno di 2-3 anni per rafforzare la propria difesa.
“A un certo punto qualcuno ha detto che ci sarebbero voluti 10 anni, ma penso che siamo tornati a meno di 10 anni a causa della base industriale che attualmente opera in Russia. Ci vorrà del tempo, il che ci darà l’opportunità, nei prossimi due o tre anni, di ricostruire le nostre forze e le nostre forniture, sostenendo allo stesso tempo l’Ucraina. Dobbiamo farlo con due o tre anni di anticipo per assicurarci di essere preparati a tutto ciò che potrebbe accadere”, ha detto Kristoffersen, chiedendo maggiori spese per la difesa.
Il tempo utile, prima del superamento di un’ulteriore linea rossa si riduce sempre di più.
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