Il presidente russo Vladimir Putin ottiene un nuovo successo diplomatico a Pechino, mentre la reazione cinese ai nuovi ordini imperiali da oltreoceano non ha mai mostrato toni tanto gelidi e risoluti. Lo scorso 26 aprile, il segretario di Stato americano Antony Blinken, durante la sua visita al “dragone”, sceso dalla scaletta dell’aereo, è stato ricevuto da un semplice funzionario dell’ufficio degli affari esteri della città di Shanghai. Il suo invito a fermare gli aiuti finanziari e militari a Mosca è stato accolto dai media cinesi come l’ultimo spasmo di un delirio di onnipotenza che vede gli Stati Uniti accecati “dall’illusione di relazionarsi con la Cina da una posizione di forza”.
Si rafforza invece l’asse Mosca-Pechino. Come riportato da Reuters, Putin e Xi Jinping hanno promesso una "nuova era" di partnership che si oppone agli Stati Uniti, visti come potenza egemone della Guerra Fredda. Durante una cerimonia a Pechino, il leader Cinese ha accolto l’omologo russo con onori militari e una calorosa accoglienza. I due leader hanno firmato una dichiarazione congiunta, riaffermando la loro alleanza e la collaborazione su questioni di sicurezza, tecnologia e finanze nucleari pacifiche. Entrambi, in sostanza, condividono una visione del mondo in cui l'Occidente è in declino e la Cina sfida la supremazia statunitense.
D’altro canto, l’Europa, succube del volere di Washington, affronta lo stesso muro diplomatico che si contrappone ad una mentalità neocoloniale oramai appartenente ad un lontano passato.
“Xi Jinping aveva incontrato Ursula von der Leyen a Parigi pochi giorni prima di incontrare Putin a Pechino. Tutte le volte che Ursula von der Leyen incontra il presidente della Cina gli chiede di moderare Putin. E tutte le volte il presidente della Cina risponde a Ursula von der Leyen che è l’Unione europea a doversi moderare, a investire meno nella guerra, a rilasciare dichiarazioni meno aggressive e ad aprirsi alla diplomazia anziché chiedere che la Russia si ritiri senza condizioni da tutti i territori. Xi Jinping, invece di ammonire Putin, lo ha pure incoraggiato”, scrive il professore associato alla Luiss, Alessandro Orsini, sulle pagine di Sicurezza Internazionale, spiegando che la Cina concepisce la guerra in Ucraina “come il primo tempo della guerra per Taiwan”.
Una possibile debacle di Mosca, dunque, aumenterebbe le probabilità di una sconfitta della Cina nell’isola contesa.
“Nella prospettiva cinese, è fondamentale che l’Occidente non si convinca di essere imbattibile. Se l’Occidente capirà di non essere più forte della Russia, imparerà forse a non sottovalutare la forza della Cina, soprattutto se Cina e Russia sono unite”, ha continuato il docente di sociologia del terrorismo.
Per quanto riguarda l’andamento del conflitto ucraino, secondo Orsini, la situazione è quanto mai favorevole a Mosca.
“La Russia sta sovrastando l’Ucraina – ha proseguito - Blinken ha appena festeggiato in un locale di Kiev la consegna delle ultime armi americane a Zelensky che, come tutte le armi precedenti, non cambieranno i rapporti di forza. Probabilmente gli ucraini metteranno a segno qualche importante “strike” contro l’esercito russo grazie ai missili a lunga gittata. Potrebbe trattarsi della distruzione del ponte di Crimea, di qualche caserma piena di soldati russi o di una nave nel Mar Nero… Nel complesso, il dato non cambierà: l’Ucraina è spacciata”.
In questo momento il Cremlino è all’offensiva su tutta la linea del fronte, mentre i vertici politico-militari di Kiev ammettono una situazione critica per la tenuta delle difese, con il presidente Zelensky che sottolinea la necessità di un massiccio intervento occidentale per evitare una disfatta.
"La situazione è al limite", ha ammesso il capo dell’Agenzia di Intelligence Militare ucraina, Kyrylo Budanov, in una videochiamata da un bunker a Kharkiv. “Ogni ora questa situazione diventa critica”, ha aggiunto con rassegnazione.
Toni pessimistici di cui non possono non risentirne le stesse truppe al fronte, come nel caso della defezione di massa di 125 guardie di frontiera ucraine al confine di Kharkiv, avvenuta il 12 maggio.
Nella regione di Kharkiv, a Vovchansk, i combattimenti sono entrati nelle aree abitate senza una linea di fortificazioni a rallentare l'avanzata nemica, permettendo ai russi di penetrare nei centri urbani con poca resistenza. Gli analisti militari di Kiev hanno riferito durante la giornata che i combattenti russi erano avanzati in un'area larga fino a 2,89 km fino a una profondità di 900 m.
L’allargamento del fronte a nord sta inoltre causando problemi di tenuta delle difese a sud: il Ministro della Difesa russo ha annunciato ieri in un comunicato che le Forze armate RF hanno assunto il controllo del villaggio simbolo di Robotyne nella regione di Zaporizhzhia: l’unico guadagno territoriale ucraino di rilievo della fallita controffensiva dello scorso anno.
“Robotyne è caduta…. Era stata la conquista più importante di Kiev: migliaia di morti per conquistare e mantenere questo piccolo villaggio. Ebbene, gli ucraini hanno perso pure quel quasi niente costato quasi tutto. Gli ucraini dichiarano di essere ancora presenti a Robotyne. Immaginando che sia vero, la loro resistenza non potrà durare a lungo perché Zelensky sta spostando truppe da tutte le regioni verso Kharkiv”, scrive il docente di sociologia del terrorismo, che lancia una previsione lapidaria su ciò che accadrà a Kiev nei prossimi mesi, costretta ad un logoramento prolungato almeno fino alla fine della corsa alla presidenza statunitense.
“Negli ultimi due anni, gli ucraini hanno ricevuto missili Atacms, Storm Shadow e Scalp; hanno ricevuto carri armati Challenger, Leopard e Abrams; hanno ricevuto sistemi di difesa anti-aerea Samp-T e Patriot, bombe a grappolo, tantissimi Bradley e centinaia di miliardi di dollari in assistenza di ogni tipo. E la Nato ha pure terminato le munizioni per l’artiglieria. Il risultato è davanti agli occhi di tutti. Che cosa potranno mai cambiare le nuove armi di Biden? Queste armi sono concepite per consentire all’esercito ucraino di combattere fino al voto di novembre per la Casa Bianca evitando che Biden venga sconfitto da Putin in campagna elettorale”, conclude Orsini.
Foto © Roberto Pisana
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