Il commento del docente su Netanyahu: “Consapevole dei suoi crimini contro i palestinesi, si gioca la carta dell’olocausto”
“La situazione ucraina peggiora ininterrottamente dal 24 febbraio 2022. Purtroppo, è destinata ad aggravarsi tragicamente nel 2024”. Sono state queste le parole che il professore Alessandro Orsini ha utilizzato durante un collegamento video con Alessandro Di Battista per spiegare la drammatica situazione che da tempo sta colpendo il popolo ucraino. Infatti, da quando è iniziata la controffensiva dell’esercito di Kiev, l’unico risultato ottenuto dal presidente Volodymyr Zelensky è stato un gran numero di soldati caduti sul campo di battaglia. “Dopo che l’esercito ucraino è riuscito a creare una ‘testa di ponte’ (una postazione militare in territorio nemico) nel villaggio di Krynky, sulla sponda orientale del Kherson, le forze militari ucraine sono rimaste bloccate ed esposte agli attacchi delle truppe russe. Anche gli studiosi più accreditati - ha sottolineato Orsini - ritengono che nel volgere di un tempo non troppo lungo gli ucraini abbandoneranno completamente quella testa di ponte”. Oltretutto, dopo il gelo che ha colpito il fiume che si trova alle spalle dell'avamposto ucraino, “i droni hanno catturato una serie di immagini che dimostrano come gli ucraini non siano più in grado di far transitare mezzi militari, soldati e tutto quello di cui hanno bisogno per fortificare questa testa di ponte”. Le cose non vanno meglio nei territori del Donetsk, “dove gli unici ad attaccare in questo momento sono i russi”. L’unica realtà che sembra caratterizzare in questo momento l’esercito ucraino è il suo progressivo indebolimento, che potrebbe “incentivare Putin a puntare anche su Odessa”.
I dati che confermano il fallimento di Kiev
Gli ucraini non hanno mai vinto una sola battaglia. Un vero e proprio fallimento contrassegnato sia dalla carenza di armi, che di soldati. I dati diffusi dai vertici di Kiev non solo confermano che molti ucraini scappano all’estero, mentre molti altri si nascondono nel tentativo di non essere arruolati, ma confermano anche “il numero crescente di donne che Zelensky è stato costretto ad arruolare nell’esercito” nel tentativo di fronteggiare la carenza di personale militare. Intanto, i russi stanno ammassando le proprie truppe, forse in attesa che il freddo intenso del prossimo mese di febbraio vada a fiaccare ulteriormente le truppe ucraine, rendendole meno capaci di resistere agli imminenti attacchi. Insomma, dalle armi ai soldati, fino alle risorse economiche, sembra che a Zelensky manchi proprio tutto. Forse, per questo motivo, “nei giorni scorsi prima il Canada, poi Francia e Inghilterra hanno stretto accordi bilaterali con l’Ucraina di mutua assistenza militare. Questo - ha spiegato Orsini - nel tentativo di scavalcare l’ostacolo dell’adesione formale dell’Ucraina alla NATO”. Nel frattempo, mentre Europa e USA provano a sbloccare altri fondi per la guerra in Ucraina, la Russia sta aumentando ulteriormente le proprie risorse che sta già investendo nel settore della difesa.
La polveriera in Medio Oriente e gli attacchi nel Mar Rosso
La situazione drammatica che sta vivendo il Medio Oriente, con i bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza, ha subito una svolta apparentemente inaspettata con gli attacchi iraniani in tre Paesi diversi: Iraq, Siria e Pakistan. In tutto questo, mentre il Pakistan ha deciso di rispondere all’attacco con altri bombardamenti in Iran, gli Stati Uniti hanno attaccato i ribelli Houthi, che da giorni compiono attacchi contro le navi che transitano nel Mar Rosso. Ma non tutte le navi, solo alcune. “L’Iran ha lanciato questi missili per una molteplicità di ragioni - ha spiegato Orsini - ma il motivo principale dell’attacco iraniano è la necessità di trasmettere un messaggio chiaro agli Stati Uniti. L’Iran vive da decenni sotto la costante minaccia di Stati Uniti e Israele. Questa minaccia è maturata con veemenza dopo l’attacco condotto da Hamas il 7 ottobre 2023. Da qui, la necessità da parte dell’Iran di fare sfoggio della sua capacità missilistica”. Il messaggio che l’Iran ha lanciato insieme ai suoi missili è: “Noi non siamo più l’Iran del 1979. Se voi attaccate, noi risponderemo”. Difatti, l’Iran, “non riuscendo a investire nel settore della difesa, come ad esempio gli aerei”, ha deciso di concentrare le sue risorse nel settore missilistico, riuscendo per questo a “sviluppare un arsenale spaventoso”. E ancora: “Non dimentichiamo che gli Stati Uniti, sotto Trump, hanno assassinato il generale iraniano Soleimani. Mentre Israele ha assassinato i migliori ingegneri iraniani impegnati nel programma nucleare che l’Iran stava portando avanti, anche nel tentativo di sviluppare fonti energetiche alternative”. Infatti, mentre “l’Arabia Saudita prospera perché alleato degli Stati Uniti, l’Iran boccheggia a causa delle sanzioni occidentali”. Situazione non meno preoccupante nel Mar Rosso, dove il gruppo Houthi ha dichiarato che “tutte le navi possono transitare nel Mar Rosso, fatta eccezione per quelle israeliane e quelle americane, che portano aiuti a Israele attraccando nei porti palestinesi”. In questo contesto, i media italiani, per nascondere il fatto che l’Italia, insieme ad altri Paesi, sta entrando nel conflitto a fianco di Israele, diffondono una narrativa distorta: “Quella del gruppo Houthi che, apparentemente ‘impazzito’, apre il fuoco contro ogni tipo di imbarcazione. Proprio come hanno fatto con Putin, dipinto come un folle che attacca l’Ucraina senza alcun motivo apparente”.
La lezione del Sudafrica
“Il Sudafrica - ha spiegato Orsini - è un Paese che consente di credere ancora nella politica. Ha presentato 84 pagine di prove schiaccianti contro Israele e, Netanyahu, perfettamente consapevole delle accuse che gli sono state rivolte, ha dato ordine di non difendere Israele negando i fatti, ma giocandosi la carta dell’olocausto”. Anche in questo caso, il sistema dell’informazione dominante non ha mai condannato Israele per i crimini commessi a Gaza. Eppure, “bombardamenti così distruttivi non sono stati registrati nemmeno durante la seconda guerra mondiale”. Ad ogni modo, “nessuno vuole intervenire in favore di Gaza, né l'Unione Europea né gli Stati Uniti. L’Onu vorrebbe intervenire, ma gli Stati Uniti pongono il veto su qualsiasi azione punitiva, oppure dissuasiva nei confronti di Israele”.
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