L'avvelenamento di Navalny e le menzogne dell'Ue
Il compianto Giulietto Chiesa, amico e maestro anche della nostra redazione, ANTIMAFIADuemila, fin dal 1998, quando l’ho conosciuto e intervistato a Mosca - dove era inviato, all’epoca, per ‘La Stampa’ - ha sempre sostenuto, non solo con fini argomentazioni e sofisticate analisi, ma anche attraverso adeguate prove, che, dopo la definitiva scomparsa del presidente Boris El'cin, una marionetta alcolizzata nelle mani degli USA, la Russia abbia cominciato a riprendere il suo ruolo di potenza mondiale nel mondo.
Vladimir Putin è a capo del Cremlino dal 31 dicembre 1999 - successivamente alle dimissioni di El’cin - con un’unica pausa coincidente con la presidenza di Dimitrij Medvedev, dal 2008 al 2012. Putin governa il Paese con un’altissima percentuale di consenso popolare e con la quasi totalità del potere nelle sue mani: controlla con autorità, anche se non seguendo i classici paradigmi democratici tipici della storia europea, non solo l’andamento della società russa, ma anche, più o meno direttamente, l’esercito, gli armamenti nucleari, le banche e il potere finanziario, le ricche risorse energetiche (petrolio e gas) e persino la criminalità organizzata russa (che vede gli oligarchi tra le prime file) posta sotto il suo costante controllo (posizione quest’ultima che noi ovviamente non condividiamo).
Oggi la narrativa entro la quale s’inserisce l’ennesimo affair, il caso Navalny, che contrappone Stati Uniti e Unione europea da una parte e Federazione Russa dall'altra, ricalca uno schema ben noto: quello dei presunti avvelenamenti di Litvinenko, Skripal, Verzilov, Kara-Murza. Oppositori o ex agenti segreti che sarebbero stati platealmente avvelenati su ordine del Cremlino, accusato anche di avere ordinato l’omicidio della nota giornalista Anna Politkovskaja. Ma come potrebbe Vladimir Putin, a capo di una potenza mondiale con un vastissimo consenso popolare, scavarsi la fossa con le sue stesse mani? Sarebbe sostanzialmente illogico, in quest’ultimo caso anche alla luce del fatto che Alexej Navalny gode solamente del 2 per cento circa del favore dell’elettorato russo. E’ probabile dunque che sia vero il sospetto di Giulietto Chiesa, che riteneva che all’interno di tutte le nazioni del mondo, i servizi segreti possano, con operazioni sotto copertura, dapprima finanziare le opposizioni per cercare di ottenere dei regime changes - perchè chi detiene il potere è divenuto scomodo ai cosiddetti ‘padroni universali’-, e poi, quando le minoranze così attivate non riescono a sfondare con le elezioni o con la popolarità, mettere in atto il cosiddetto piano B, che consiste nell’uccidere i rappresentanti delle stesse gettandone la colpa al presidente autoritario di turno, in questo caso, oggi, Vladimir Putin.
Per comprendere meglio, possiamo leggere attentamente quanto Giulietto Chiesa ha in tutti questi anni investigato, analizzato e quindi dedotto.
Vladimir Putin © Imagoeconomica
Ma procediamo con ordine. Alexej Navalny, 44 anni, fondatore nella Federazione Russa del Fondo Anti Corruzione (FBK), è stato fermato diverse volte dalle forze dell'ordine e ha scontato una pena detentiva nel luglio 2013 per appropriazione indebita. Nel dicembre 2016 ha annunciato la propria intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018 ma la sua candidatura non è stata accettata dalla Commissione Elettorale Centrale, a causa delle sue pendenze penali precedenti.
Il 20 agosto scorso ha avuto un malore durante un volo dalla Siberia verso Mosca. All’aeroporto di Tomsk aveva bevuto un te. A seguito di un atterraggio di emergenza nella città di Omsk, è stato ricoverato in ospedale per sospetto avvelenamento. Successivamente i medici russi, non avendo trovato tracce di veleno nei suoi campioni di sangue, hanno ritenuto che il deterioramento delle condizioni di salute fosse causato da un improvviso calo di glucosio per uno scompenso metabolico. Navalny è stato trasportato in aereo a Berlino, nella clinica Charité, il 22 agosto, per ulteriori cure. Secondo una dichiarazione di Aleksandr Murakhovsky, il medico capo dell'ospedale di Omsk, i medici tedeschi hanno scritto in una lettera che le condizioni di Navalny sono gravi - è in coma indotto - ma stabili e hanno ringraziato i colleghi russi per avergli salvato la vita.
Mercoledì 2 settembre, Steffen Seibert, il portavoce della cancelleria tedesca Angela Merkel, in una dichiarazione diffusa per posta elettronica, ha spiegato che i test tossicologici condotti da un laboratorio speciale della Bundeswehr, l'esercito federale, non lascerebbero alcun dubbio sull’origine dello stato di salute dell’uomo: Navalny, secondo Berlino, è stato avvelenato. Angela Merkel rincara la dose: “Il dissidente russo è stato vittima di un crimine perché doveva essere ridotto al silenzio”. Parole pesanti come un macigno quelle della cancelliera che, confermando che il governo tedesco ha acquisito «prove inequivocabili» per cui Navalny avrebbe ingerito l’agente nervino Novichok, «condanna l’attacco nella maniera più dura» e avverte Vladimir Putin: «Ci sono domande serie alle quali il governo russo può e deve rispondere». Nell’aria da qualche giorno, il colpo di scena è arrivato. E le conseguenze sui rapporti tra Germania ed Europa con la Russia potrebbero essere gravissime. Angela Merkel ha preannunciato consultazioni con i partner della Ue e della Nato per concordare una reazione comune. A sua volta, da Roma, la Farnesina ha espresso una "profonda inquietudine e indignazione" riguardo il caso.
E’ strano notare come il Novichok, un veleno "militare" dell’era sovietica, considerato "letale", non uccida mai nessuno. Dove sono, a tal proposito, gli Skripal? Navalny ora scomparirà proprio come loro? E perché la Germania non ha preso in considerazione né il parere dei medici dell'ospedale di Omsk, né del professor Leonid Rink, tra i creatori dell'agente nervino Novichok? “L'uso dell'agente chimico Novichok avrebbe fatto morire Alexey Navalny, non l'avrebbe portato al coma”, ha dichiarato all’agenzia di stampa russa Sputnik International, Leonid Rink. Cosa si nasconde dietro questo giudizio sbrigativo, tenendo presente che Berlino non ha nemmeno voluto informare Mosca delle sue “scoperte” prima di annunciarle pubblicamente? A che cosa è dovuta la fretta con cui gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno accolto la versione tedesca sul presunto avvelenamento di Navalny? Secondo il professor Rink, se fosse stato usato il Novichok, le conseguenze dell'avvelenamento sarebbero state diverse: "Ci sarebbero state convulsioni e altri sintomi completamente diversi". “Il tentativo di collegare il presunto avvelenamento di Alexey Navalny con l'uso della sostanza tossica Novichok è un atto politico”, ha affermato Rink a Sputnik.
Ci sono poi altre domande che un giornalista potrebbe chiedersi (alle quali però potrebbe non ricevere mai risposta): se Putin ha avvelenato Navalny, perché a quest’ultimo è stato permesso di volare fuori dalla Russia? Nessuna traccia di sostanze insolite è stata trovata dai due laboratori russi che hanno analizzato il sangue di Navalny. Perché? L'ospedale di Omsk ha ancora i campioni di sangue originali di Navalny. Esiste un laboratorio internazionale neutrale che potrebbe ripetere il test? Sebbene Navalny potesse essere presumibilmente esposto a fatti del genere, perché nessun altro intorno a lui ha accusato sintomi simili? Perché il governo tedesco era così ansioso di portare Navalny a Berlino? C’è un collegamento con il fallimento del tentativo di rivoluzione colorata condotta dagli Stati Uniti in Bielorussia? C’è un collegamento con il Nord Stream 2?
Angela Merkel © Imagoeconomica
D’altronde, ai primi di agosto, i senatori statunitensi Ted Cruz, Tom Cotton e Ron Johnson avevano scritto una lettera a Sassnitz GmbH, operatore del porto di Mukran, minacciando la società di "distruzione finanziaria" se non avesse smesso di fornire supporto logistico al progetto del gasdotto Nord Stream 2. Ma Angela Merkel aveva riferito al canale televisivo MDR che il progetto Nord Stream 2 sarebbe stato completato nonostante le minacce di sanzioni statunitensi. Il Comitato tedesco per le relazioni economiche dell'Europa orientale aveva risposto alle minacce, chiedendo che Berlino e la Commissione europea reagissero e proteggessero le aziende tedesche ed europee da tali "attacchi da parte di paesi terzi". La costruzione del gasdotto era già stata interrotta nel dicembre 2019, quando mancavano solo 160 km, dopo che gli Stati Uniti, che cercano di aumentare le esportazioni del loro gas naturale liquefatto in Europa, avevano minacciato di imporre sanzioni "fatali" ad AllSeas, appaltatore con sede in Svizzera che lavorava al progetto energetico congiunto tra la Russia e l'Europa occidentale.
L’11 marzo 2018 Giulietto Chiesa scriveva: “Non possiamo sapere cosa inventeranno questa volta. Ma hanno già cominciato, a Londra. Un ex doppio agente russo, Sergej Skripal, è stato trovato morto su una panchina, la figlia è in gravi condizioni in ospedale. Era in Gran Bretagna da sette anni, dopo essere stato condannato a 13 anni di carcere per spionaggio a favore dell’MI6 britannico. Poi graziato e “scambiato” con analoghi agenti britannici. Ora uno si chiede: ma Putin è così autolesionista da far assassinare un ex agente passato al nemico, dopo sette anni, alla vigilia della elezione presidenziale in cui è già sicuro che vincerà? Ciò detto, per evitare di passare per scemi noi stessi, al momento nessuno conosce perché è morto Skripal. Ma tutta la stampa britannica ha già deciso che è stato Putin. E Theresa May ha già detto che, se si scoprirà che la Russia è all’origine della morte, allora studierà misure per boicottare il mondiale di calcio. Non vi dice niente? A me fa suonare un campanello vicino all’orecchio. Tutti si ricordano ancora di Anna Politkovskaja, assassinata nel portone di casa a Mosca il giorno del compleanno di Putin. E l’assassinio di Boris Nemtsov, assassinato proprio di fronte agli uffici di Putin al Cremlino. Aspettiamo gli altri atti della nuova commedia.”
Ed ecco che dopo due anni la scena teatrale si ricompone. Un alto funzionario del Dipartimento di Stato statunitense ha incolpato la Russia per l'avvelenamento del leader dell'opposizione Alexej Navalny, citando l'attacco come l'ultimo ostacolo al dialogo produttivo tra Washington e Mosca.
"Questo non va bene non solo per una delle figure di spicco dell'opposizione in Russia, per la natura del rapporto tra il governo russo e la sua società, ma per il segnale che invia al mondo esterno", ha dichiarato mercoledì 2 settembre George Kent, il vice segretario di Stato aggiunto per gli affari europei ed eurasiatici.
"L'uso di un agente nervino di livello militare rende ancora più urgente che le autorità russe conducano un'indagine completa e trasparente", ha aggiunto il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, precisando: “I responsabili devono essere identificati e ritenuti responsabili. Ci consulteremo con la Germania e con tutti gli alleati sulle implicazioni di questi risultati. La NATO considera qualsiasi uso di armi chimiche come una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali”. "Invece di un'indagine approfondita e di uno scrupoloso lavoro congiunto con l'obiettivo di ottenere risultati autentici, i nostri partners preferiscono fare più dichiarazioni pubbliche senza presentare alcun fatto", ha replicato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Per la diplomatica, "ciò che è più importante e triste allo stesso tempo è che i nostri partners trascurino apertamente i meccanismi di interazione legale disponibili per ottenere risultati genuini. "
Il tutto accade pochi giorni dopo che il vice segretario di Stato statunitense, Stephen Biegun, si è recato a Mosca per discutere la crisi politica in Bielorussia.
Kent, nel citare il caso Navalny, ha ricordato l'avvertimento di Biegun sulle "conseguenze dolorose" per la Russia se Vladimir Putin dovesse avviare "un intervento militare palese" a sostegno di Lukashenko, aggiungendo che i funzionari statunitensi intendono continuare a sostenere che una tale manovra "sarebbe catastrofica" per la reputazione della Russia. E Lukashenko si è così preoccupato di riferire al primo ministro russo, Mikhail Mishustin, in visita a Minsk giovedì 3 settembre, l’agenzia d’intelligence bielorussa avrebbe intercettato una conversazione tra Berlino e Varsavia, che dimostrerebbe che la storia dell'avvelenamento del blogger russo Alexej Navalny è stata inventata. "Abbiamo intercettato un'interessante chat, ve ne fornirò una trascrizione e la invieremo anche all'FSB [la principale agenzia di sicurezza russa]", ha sottolineato il presidente bielorusso. “Lo hanno fatto, e cito, 'per scoraggiare Putin dal ficcare il naso nel bielorusso affari’. Questa è una citazione da questa conversazione. Si capisce come agiscono in modo subdolo queste persone", ha insistito Lukashenko.
Non entriamo qui nel merito delle prove di questo tipo di dichiarazioni: impossibile farlo perché non ce ne sono per ora. Quello che conta sono le notizie circa le accuse. Che, una volta immesse nel tritacervelli del mainstream, diventano immediatamente certezze per l'esercito di giornalisti-propagandisti. La macchina, una volta avviata, funziona automaticamente, riproducendo e ampliando le "notizie", fino a che entra in funzione la nota regola formulata dal creatore della propaganda nazista Paul Joseph Goebbels: il falso, quando ripetuto molte volte, diventa vero.
Mettendo in fila, una dietro l’altra, le accuse occidentali contro Putin, si vede bene che potrebbe essere in preparazione qualche cosa di molto drammatico: niente meno che una grande offensiva russa contro l’intero Occidente. O perlomeno, ciò è, senza ogni dubbio, quello che devono pensare le decine di milioni di spettatori e lettori occidentali, i destinatari di un tale flusso di informazioni e comunicazioni scritte e visive. Si tratta di una serie, davvero impressionante, la cui frequenza s'incrementa con ritmo giornaliero. Spesso più di una volta al giorno. Notizie che si muovono, come uno stormo d'uccelli che vola in formazione, ma provenienti da diverse capitali occidentali, su argomenti e ambiti i più diversi. Difficile sfuggire all'impressione che si tratti di iniziative coordinate, corali.
Alexej Navalny © AP Photo/Pavel Golovkin, File
È cosa insieme agghiacciante e divertente la dichiarazione della signora Kay Bayley Hutchinson, rappresentante USA presso la NATO, che espone tranquillamente la tesi di un possibile, imminente "attacco preventivo" (si presume missilistico) contro la Russia: quando saremo certi che essa è in grado di attaccare i nostri alleati "dovremo eliminare i suoi missili". Cosa che, date le circostanze di fatto, potrebbe avvenire anche domani. E che dire del governo giapponese che rende noto di avere rifiutato l'offerta di Putin di firmare il trattato di pace "senza condizioni preliminari"? A Vladivostok Putin aveva recentemente scatenato una tale offensiva provocatoria, dopo avere abbracciato l’ex premier Kinzo Abe. La Russia è davvero aggressiva. Bisogna fermarla anche sul Pacifico.
“Su questo sfondo, scriveva Giulietto Chiesa nell’ottobre del 2018, s'innestano le raffiche di accuse e di azioni pratiche contro la Russia. Niente di nuovo, se si eccettua l'intensità e la varietà degli accusatori. Ecco che la NATO disloca un vero e proprio esercito nell'Europa del Nord, con 45.000 uomini, 70 navi, 50 aerei e 10.000 veicoli a terra per una esercitazione difensiva dal 25 ottobre al 7 novembre. Interessate Norvegia, Finlandia, Svezia per simulare le forme di difesa di quegli stati nei confronti di un "aggressore ipotetico". Indovinate chi? Simultaneamente il presidente della Polonia offre 2 miliardi di dollari agli Stati Uniti per convincerli a costruire, in territorio polacco, una nuova base militare. Non una base NATO, proprio una base americana. Per dimostrare la disponibilità polacca ad aumentare le proprie spese militari secondo le richieste di Trump. E, nel frattempo la NATO promuove un grande incontro collettivo per esaminare le "minacce" potenziali nello sconfinato campo delle guerre elettroniche. Occasione preziosa per chiamare in causa i servizi segreti russi.
In perfetta coincidenza la Gran Bretagna rivela di sapere che il governo russo è all'origine di una attacco hacker contro l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW), mentre l'Olanda scaglia non una ma due accuse simultaneamente: I russi avrebbero attaccato I computer della WADA (agenzia internazionale anti-doping) e avrebbero "tentato di entrare" nei computer dalla Commissione d'inchiesta che, dal 2014, indaga sull'abbattimento dell'aereo malaysiano, volo MH17 nei cieli dell'Ucraina in guerra.”
Al coro ora si aggiunge la Germania. Dunque resta la domanda di Giulietto Chiesa: “A che serve tutto questo battage pubblicitario? Solo a rafforzare l'immagine del nemico, oppure a preparare le condizioni per un attacco sul campo?”
Foto di copertina: Giulietto Chiesa © Imagoeconomica