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di Giulietto Chiesa
Una volta tanto il mainstream ha il coraggio di dire la verità. Milena Gabanelli l'ha detta, dalla sua Newsroom, per quanto concerne il carattere cancerogeno del glifosato e - su questo mi soffermerò - per quanto concerne il 5G. (Corriere della Sera, 10 febbraio 2019). Ha detto in sostanza che l'Istituto Ramazzini di Bologna (e il National Toxicological Program degli Stati Uniti, con un programma analogo) sono giunti alla conclusione che l'esposizione prolungata di cavie al bombardamento elettromagnetico (topini bianchi) produce un aumento di tumori al cervello. L'esperimento è stato fatto sottoponendo migliaia di cavie a un bombardamento elettromagnetico prolungato, per 19 ore al giorno lungo due anni. Altre ricerche - ha detto la Gabanelli - fatte su un numero di cavie molto più ridotto e con esposizioni temporali molto più brevi, e per un periodo di tempo molto minore, avevano dato risultati nulli.
Tutto chiaro? Fin troppo. La Gabanelli ha detto che "si corre verso il 5G, di cui non si conosce ancora nulla". E aveva aggiunto che non ci si può affidare alle ricerche dei produttori della telefonia mobile, perché i loro metodi e i loro risultati sono (quando le fanno le ricerche, cioè quasi mai) finalizzati a negare ogni rischio o a minimizzarlo (vedi per esempio il glifosato e i 140.000 composti chimici sintetizzati di cui non sappiamo quasi nulla circa gli effetti che producono sulla salute dell'Uomo).
Accidenti, non passa un giorno che il giornale online che difende gli interessi dei produttori, Wired.it, fa uscire un articolo di un certo Gianluca Dotti, che si qualifica come "giornalista scientifico freelance", che "scrive di attualità, scienza e bufale" e che è "impegnato contro il cyberbullismo". La linea di questo Dotti, che sarebbe impegnato contro le "bufale", è quella dell'attacco diretto, con l'intenzione di screditare preliminarmente l'Istituto Ramazzini. Secondo il Dotti esso non avrebbe una "autorevolezza scientifica" essendo una "cooperativa sociale onlus". In secondo luogo, sempre secondo l'"antibufalaro", le interferenze con il normale sviluppo sessuale, l'effetto genotossico con la, l'alterazione della flora batterica intestinale, dei poveri topini, "riguardano esperimenti condotti sui ratti e non è detto che siano validi anche per l'uomo". Insomma gli effetti devastanti ci sono, ma li scartiamo fino a che non li verificheremo sulle persone.
Ecco spiegato quello che già sta accadendo, con la sperimentazione in vivo del 5G sugli abitanti degli oltre cento comuni italiani designati. E il cancro? Gianluca Dotti se lo è dimenticato. A lui premeva dire subito che "non esistono validi motivi scientifici per auspicare una stop alle sperimentazioni" (sugli umani, non sui topi) e che "non ci sono elementi che destino preoccupazione".
Insomma, la Gabanelli farebbe dell'allarmismo. Mentre l'antibufalaro farebbe del "tranquillismo". A questo punto è arrivata la risposta dell'Istituto Ramazzini, che ha spiegato urbanamente a "Wired.it", come una cooperativa sociale (specie se con un fondatore della fama del professor Cesare Maltoni) possa ben garantire la propria indipendenza ed essere "riconosciuta dai principali enti internazionali, dalle agenzie regolatorie e dalla comunità scientifica". Probabilmente assai di più dell'antibufalaro Gianluca Dotti. Infine l'Istituto Ramazzini ha ricordato che "gli studi sperimentali di tossicità sono l'unica forma di prevenzione primaria per conoscere gli effetti delle sostanze prima che vengano testate sull'uomo" e che, come suggerisce l'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) "è biologicamente plausibile e prudente" mettere in relazione "la cancerogenicità negli animali da laboratorio come se rappresentassero un rischio cancerogeno per l'uomo". Dunque si potrebbe concludere che è l'antibufalaro Gianluca Dotti che ha scritto una serie di bufale per sostenere gl'interessi di coloro che lo pagano.

Foto © Imagoeconomica

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