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polizia notte webA Bari figlio boss e altri sei incendiano saracinesca poi spari
Bari. Non basta essere il figlio di un boss per rispondere di mafia e quegli spari esplosi la notte Natale erano sono un modo "balordo" di festeggiare. quanto sostiene in sintesi il gip del Tribunale di Bari, Francesco Pellecchia, nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di sette 20enni del quartiere Libertà di Bari, tra i quali Ivan Caldarola, figlio del boss Lorenzo, accusati di aver incendiato la sede di una agenzia di pompe funebri dopo un tentativo di estorsione da 10 mila euro e di aver sparato più di 20 colpi di pistola contro la saracinesca di un circolo ricreativo nella notte di Natale. Il giudice, che non ha convalidato i fermi eseguiti dalla Polizia nei giorni scorsi, ha disposto su richiesta della Dda di Bari il carcere per tutti, escludendo tuttavia la contestata aggravante mafiosa. In particolare, con riferimento a Ivan Caldarola, difeso dall'avvocato Attilio Triggiani, "non appare fondata la contestazione dell'aggravante mafiosa - scrive il gip - non essendo sufficiente il mero dato relativo all'estrazione criminale di Caldarola o la dedotta platealità delle azioni delittuose poste in essere. Quanto al tentativo di estorsione - spiega il giudice - si rileva come la minaccia, attuata attraverso il tentativo di appiccare l'incendio di un locale commerciale nella pubblica via, sia fisiologicamente connotata da una certa platealità". Quanto, poi, agli spari nella notte di Natale, "non ci sono elementi sufficienti - continua il gip - per ritenere che il fatto sia riconducibile alla volontà di affermare e ribadire un certo prestigio criminale, e non al solo desiderio scellerato di festeggiare in maniera balorda, sebbene estremamente pericolosa ed allarmante, la vigilia di Natale". Tutti gli indagati, interrogati nel carcere di Bari, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

ANSA

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