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di AMDuemila
"Saviano col suo libro mi ha salvato la vita, è stato uno scudo anche per me. L'attenzione mediatica planetaria sul clan dei Casalesi, conseguente al successo di Gomorra, ha ridimensionato la protervia con cui i casalesi hanno portato a compimento indisturbati centinaia di omicidi. Io non sarei stata qui senza quel libro”. Sono queste le parole della giornalista Rosaria Capacchione nel processo in corso a Roma al boss del clan dei Casalesi, Francesco Bidognetti e agli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D'Aniello, per le minacce rivolte in aula a Napoli, nel 2008, a lei e allo scrittore Roberto Saviano. L'accusa è minacce aggravate dal metodo mafioso. Come parte civile sono presenti la Federazione Nazionale della Stampa, rappresentata dall'avvocato Giulio Vasaturo, e l'Ordine dei giornalisti della Campania. "Rosaria Capacchione ha visto mutare radicalmente la sua vita personale e professionale a causa del proclama di morte letto in aula dagli avvocati dei boss dei Casalesi, nel corso del processo Spartacus - ha sottolineato l'avvocato Giulio Vasaturo della Fnsi - E stata una testimonianza molto toccante. Per troppo tempo, questa giornalista coraggiosa è stata lasciata sola in un territorio di frontiera. Oggi in aula, al suo fianco, c'erano idealmente tutti i cronisti con la schiena dritta". Tre anni fa era stata dichiarata nulla la sentenza di primo grado dalla Corte di Appello di Napoli per incompetenza territoriale e il procedimento è stato trasferito a Roma.

Foto © Imagoeconomica

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