di Arnaldo Capezzuto - 15 dicembre 2013
Ebbene che si sappia. Annalisa Durante è morta inutilmente. A Forcella niente doveva essere più uguale a prima. Invece non è cambiato nulla. Quel rione popolare continua ad essere la grande periferia del Centro storico di Napoli dove la camorra la fa da padrone. Si trova a pochi passi dai Decumani e dal Duomo ma resta una maledetta terra di sangue. Tra poco più di tre mesi saranno dieci anni dall’omicidio dell’Angelo biondo di Forcella.
Era il 27 marzo del 2004. Era sabato sera. Le viuzze attorcigliate di quel ventre molle erano vuote e silenziose. La partita del Napoli faceva da sottofondo ai soliti rumori di strada. Un silenzio irreale e sinistro. Un clima da coprifuoco. Nell’aria segni premonitori. Qualcosa doveva accadere. Istanti. Far West in via Vicaria Vecchia. Sul selciato resta Annalisa, 14 anni. Bionda, occhi azzurri, sorriso stampato sulle labbra e tanti sogni scritti di getto sul suo diario segreto. Un proiettile le trafigge l’occhio e le devasta il cervello. Tre giorni di agonia e muore. Il consenso della famiglia. L’espianto degli organi, un grande gesto d’amore e di speranza, nonostante tutto. Sette persone oggi vivono grazie a lei. Avrebbe 24 anni. Forse sarebbe già mamma.
Una vittima innocente. Una delle tante. Un’ecatombe. L’ennesimo simbolo da celebrare e ricordare dai professionisti della liturgia anticamorra. E solo qualche mese prima morì il 10 dicembre del 2003 Claudio Taglialatela, ucciso non molto distante da Forcella nel corso di una rapina. Annalisa annotò sul suo diario: “Oggi abbiamo visto i funerali di Claudio in televisione. Abbiamo pianto tanto. Mia madre è sconvolta, dice che è la cosa più orribile perdere un figlio. A me mi è venuto il freddo addosso. Che tragedia. Perché si deve morire così? Non è giusto”. E’ rabbia e rancore. Non cambia niente. Sul dolore continua a scorrere la logica dei clan e dell’immane violenza.
Guardare in faccia i fatti. Tra buona condotta, benefici, indulti c’è da ipotizzare che Salvatore Giuliano, ora 30enne, l’assassino di Annalisa, esca di galera. Sarà accolto come un leader, un capo, un mammasantissima dalla sua famiglia-dynasty di camorra. Una maledetta gramigna del male che trova dentro la loro indegna storia criminale la forza di rinascere. Del resto Sasà – questo il soprannome del killer – si è cacciato nei guai perché voleva portare il clan familiare ai vecchi splendori di un tempo. Per conto dello zio Ciro detto ‘O barone (poi ammazzato nel corso di un agguato) tentò proprio a cavallo tra il 2003 e 2004 una sorta di “Colpo di Stato” ovvero far tornare grande il clan Giuliano. Un piano che non andò avanti.
Vengo alla cronaca tragica di venerdì scorso. In via Giudecca Vecchia, stradina poco distante dal luogo dell’omicidio di Annalisa, un commando ha massacrato a revolverate Massimo Castellano, 43 anni, esponente di un altro clan egemone ma decadente, i Mazzarella. Tre colpi di pistola esplosi alla schiena e alla nuca. Poi la fuga. Un agguato portato a termine alle ore 19 con strade e vicoli affollati di turisti per la festa di Natale. E’ stato il caso, la fortuna e la buona tecnica dei killer ad evitare che sulla traiettoria dei colpi si trovasse l’ennesimo innocente.
Qualcosa si sta muovendo in quei vicoli. Quindici giorni fa è stato sorpreso e arrestato il boss del rione Sanità Salvatore Savarese, 60 anni, pizzicato con una decina di pregiudicati mentre si riuniva in vico dei Zuroli a Forcella per un summit. In questo clima di faida emerge una “nuova professione” i “portatori di guaine”. Sono giovani senza presente né futuro – vuoti a perdere – che per conto di boss e gregari (più esposti a controlli e perquisizioni), portano con sé le armi cariche e pronte a cederle in caso di agguati.
E’ chiaro che i Giuliano come in passato stanno tentando di riprendersi il controllo e l’egemonia su quel pezzo di città. Possedere i vicoli e le attività illegali a Forcella significa avere voce in capitolo e cominciare a sedersi ai tavoli che contano. Forcella è un teatro di guerra indegno e scandaloso per una grande e bella città come Napoli. Non si possono più tollerare quei vicoli armati. C’è uno stuolo di giovanissimi fratelli, nipoti, cugini di cognome Giuliano che ci riprovano. Armi alla mano, arroganza da padroni, paranoie e cocaina sniffata. Voglio fare il salto di qualità. Non hanno niente da perdere. Hanno costruito alleanze inedite e trasversali ma sono anche pronti a romperle. Niente patti d’onore criminale. Sono quattro bamboccioni, viziati e codardi. Vogliono denaro e potere. E’ feccia umana.
Il sacrificio di Annalisa Durante non è servito. Lo sappia bene la sue famiglia. E’ una sconfitta collettiva che brucia come una ferita. Le tante indagini, arresti, condanne – ultima quella dell’inchiesta Piazzapulita – sono servite a poco. Non si è riuscito ad incidere dentro la vita delle famiglie che popolano quei vicoli. Non c’è nulla di niente. Anche la chiesa ha abdicato. A distanza di dieci anni quei pensieri annotati da Annalisa sul suo diario restano e sono una clamorosa denuncia dimenticata.
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