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Si è concluso con quarantasette condanne e sei assoluzioni il processo, con rito abbreviato, nato dall'inchiesta "Golgota", costola di altre due importanti indagini sulla criminalità organizzata a Isola Capo Rizzuto: "Jonny" e "Tisifone”. Ieri è stata emessa la sentenza dal gup di Catanzaro Chiara Esposito. L'inchiesta - coordinata dai sostituti procuratori della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio e Paolo Sirleo - ha visto al centro gli esponenti della cosca di 'Ndrangheta Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto ma anche quelli della famiglia Mannolo, appartenenti al ceppo dei cosiddetti "pecorari" attivi, in particolare, nel territorio di San Leonardo di Cutro. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi e munizioni nonché associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Condannato Salvatore Arena, di 41 anni (13 anni e 4 mesi di reclusione), appartenente all'articolazione degli Arena ceppo dei Cicala, figlio di Carmine Arena e nipote dello storico Nicola Arena, di 85 anni. L'imputato, secondo l'accusa, impartiva ai sodali le direttive strategiche e operative per il funzionamento del locale. Venti anni di reclusione sono stati comminati a Antonio Sestito considerato un organizzatore facente capo alle famiglie Arena e Gentile. Giovanni Greco (13 anni e 4 mesi di reclusione) è considerato un uomo di fiducia di Antonio Sesito, partecipe dell'associazione facente capo alle famiglie Arena e Gentile. Giuseppe Timpa (16 anni, 4 mesi e 4000 euro di multa) è considerato anche lui uomo di fiducia di Sestito, è accusato di essere dedito alle estorsioni, al controllo delle slot machine, alla commissione di danneggiamenti. La consorteria era capace di muovere decine di chili droga per tutta la Penisola.

Foto © Imagoeconomica

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