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Ulteriori elementi emergono rispetto all'arresto del boss latitante, Rocco Graziano Delfino, finito in manette ieri sera grazie all'intervento dei carabinieri della compagnia di Palmi e dello squadrone Eliportato "Cacciatori di Calabria".
Il fedelissimo degli Alvaro aveva trovato rifugio in un casolare della zona montana di Sant'Eufemia d'Aspromonte e nel momento dell'arresto era assieme a un fratello e a un altro parente che sono stati fermati per concorso in favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena.
I militari dell'Arma sono riusciti ad individuare il latitante a conclusione di una serie di servizi di appostamento in area impervia e poco accessibile.
Coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dal pm Giulia Pantano, una volta cinturata l'intera area attorno al casolare è scattato il blitz. Rocco Graziano Delfino era munito di una pistola calibro 6,35 con matricola abrasa munita di due caricatori e 11 cartucce. Ma aveva anche una carta di identità e una patente di guida, entrambe falsificate, grazie alle quali il latitante si muoveva indisturbato.
Non solo. Gli investigatori non hanno dubbi che Delfino avesse una rete di favoreggiatori con i quali comunicava attraverso alcune ricetrasmittenti trovate all'interno del covo. Nel 2017 Rocco Graziano Delfino si era reso irreperibile allontanandosi dagli arresti domiciliari a cui era sottoposto.
Prima, quindi, si era sottratto all'ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria che lo condannava ad una pena di 4 anni e 4 mesi e poi all'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nell'ambito dell'inchiesta "Eyphemos" poiché ritenuto elemento di spicco della cosca Alvaro di Sinopoli.
Nel marzo scorso, infine, la Procura generale di Reggio Calabria aveva emesso nei suoi confronti un cumulo di pene per un totale di oltre 12 anni di reclusione.

Foto © Imagoeconomica

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