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Sentenza per abbreviato slitta al 17/7
di AMDuemila
Antonio Raso "non mi minacciò". Lo ha precisato un ristoratore valdostano, già gestore di locali, sentito come testimone dell'accusa durante la terza udienza del processo Geenna che si svolge ad Aosta per i cinque imputati che hanno scelto il rito ordinario. L'avvocato di parte civile per il Comune di Saint-Pierre, Giulio Calosso, gli ha fatto notare di aver introdotto un "quid novi", una novità, avendo specificato di non aver ricevuto minacce per ben "due volte" senza che il pm glielo chiedesse. "Conoscendo il signor Raso come ristoratore - ha spiegato il testimone - sono rimasto stupito di quello che è successo, cioè dell'arresto. L'ho specificato perché se lui è stato arrestato per motivi come il mio...". Secondo il testimone "è una cavolata, succede tutt'ora che persone mi chiamino per far entrare qualcuno". La vicenda risale al luglio 2015, quando Raso gli telefonò per convincerlo a far entrare nel suo locale di Sarre un giovane che lo aveva minacciato durante una serata. Un cognato del ragazzo, ricostruiscono i carabinieri, è figlio di un uomo assassinato a San Giorgio Morgeto nel 1991, Antonio Oliverio, che a sua volta era fratello di Santo Oliverio, ritenuto dagli investigatori uno degli esponenti del locale di Aosta negli anni '90-2000. Il giovane inoltre è considerato un "uomo di fiducia di Raso". Il responsabile e un tecnico di una ditta che ha eseguito dei lavori per la Sitrasb, che gestisce il traforo del Gran San Bernardo, hanno riferito di non aver ricevuto consigli o imposizioni per affidare alcuni lavori in subappalto a un cartongessista che conosce alcuni presunti esponenti del locale di 'Ndrangheta di Aosta. La serie di testimonianze è iniziata con una segretaria di Sitrasb. La donna ha riferito di una telefonata ricevuta da Antonio Raso, che voleva fissare un appuntamento con l'allora presidente della società che gestisce il traforo italo-svizzero, Omar Vittone. "Credo che l'incontro fu fissato", ha detto, senza riferire altri dettagli.
Nel corso dell'udienza c'è stato anche uno scontro sulle intercettazioni. Il tribunale, presieduto dal giudice Eugenio Gramola, ha respinto un'eccezione delle difese riguardante l'indisponibilità, ad oggi, delle trascrizioni dei dialoghi: la perizia, disposta con incidente probatorio durante le indagini, non è ancora conclusa. L'avvocato Claudio Soro (difesa Carcea e Giachino) ha detto che "la perizia è fondamentale" vista anche la "babele di dialetti calabresi utilizzati". Ma per aspettarla, ha sottolineato Gramola, il rischio è di andare "a settembre". Il tribunale punta quindi a convocare come testimoni i protagonisti dei dialoghi intercettati, con il pm che usando i brogliacci potrà chiedere chiarimenti. Se dopo il deposito delle trascrizioni dovesse emergere la necessità di altre domande, i protagonisti delle conversazioni potranno essere riconvocati. Gli imputati sono Marco Sorbara, consigliere regionale sospeso, Monica Carcea, ex assessore a Saint-Pierre - entrambi accusati di concorso esterno in associazione mafiosa - Nicola Prettico, consigliere comunale ad Aosta sospeso, Alessandro Giachino, dipendente del Casinò di Saint-Vincent e il ristoratore Antonio Raso, tutt'e tre detenuti e accusati di essere membri del locale di 'Ndrangheta di Aosta.
Per quanto concerne invece il processo con il rito abbreviato è prevista per il 17 luglio la sentenza per i 12 imputati. La lettura del dispositivo era prevista per domani ma il calendario è stato modificato. I pm Stefano Castellani e Valerio Longi hanno chiesto fino a 20 anni di carcere. Oggi nella maxi aula del tribunale di Torino hanno parlato le difese. Ad Aosta si tiene il dibattimento per i 5 imputati che hanno scelto il rito ordinario.

Foto © Imagoeconomica

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