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congiusta gianluca 610Il giovane imprenditore ammazzato per difendere il suocero il gioiellerie Antonio Scarfò dalle richieste estorsive

Ucciso perché si oppose ad una richiesta estorsiva ai danni del suocero. Questo il succo delle motivazioni con cui i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno condannato all’ergastolo Tommaso Costa per l’omicidio dell’imprenditore sidernese Gianluca Congiusta, confermando la sentenza di primo grado. Le indagini si sono subito orientate nei confronti di Tommaso Costa, «essendo emersa – annotano i giudici di piazza Castello – l’esistenza da parte del predetto di un disegno estorsivo nei confronti di Antonio Scarfò, imprenditore e padre della fidanzata di Gianluca Congiusta, comprovato dal contenuto di missive di tenore inequivocabile scritte da Costa durante il periodo di detenzione e da inquadrare nel rilancio dell’organizzazione criminosa facente capo a Costa e la circostanza che il Congiusta si fosse adoperato per scongiurare l’attività estorsiva nei confronti di Scarfò».



Un delitto dunque per nulla legato alla catena di fatti di sangue consumati nella zona durante il periodo di latitanza di Costa «e che trova ragione nella volontà di riaffermare la presenza della cosca sul territorio – si legge nelle motivazioni – di consumare il disegno estorsivo nei confronti di Scarfò e di punire Gianluca Congiusta (fino a pochi giorni prima del delitto riconosciuto ancora una volta dal sodale di Costa quale interlocutore per la consumazione del progetto in danno del suocero) per il grave e inaudito “sgarbo” commesso nei confronti di Costa mettendone in grave pericolo il progetto criminale ed esponendolo a ritorsioni della fazione rivale». Per i giudici d’appello «le modalità dell’omicidio del giovane, di chiara e inequivocabile matrice mafiosa, tanto per l’arma utilizzata quanto per l’abilità e la freddezza, sono tutti elementi che letti unitariamente convergono nel delineare un quadro probatorio del tutto idoneo ad affermare la penale responsabilità dell’imputato». Pochi giorni prima dell’omicidio Congiusta aveva esternato le sue preoccupazioni «per le rinnovate richieste estorsive a carico del suocero provenienti da Curciarello “dietro il quale c’è Tommaso”».

L’omicidio si colloca nel periodo di latitanza di Tommaso Costa, trascorsa pacificamente nel territorio locale «come dimostra la visita a Scarfò avvenuta tra marzo e aprile 2005». L’atteggiamento tenuto dalla famiglia Scarfò «è stato sempre quello di demandare a Congiusta l’interlocuzione sulla vicenda, manifestando una plateale tendenza a minimizzare qualsiasi condotta riferibile alla cosca Costa». «La notizia che a Siderno si è diffusa la notizia della lettera estorsiva a nome dell’imputato e che la stessa è stata consegnata da Congiusta “quello dei telefonini” agli storici rivali (“I nostri signori amici”) riferita al detenuto con una missiva della sorella Teresa – scrivono ancora i giudici reggini – si abbatte come un vero e proprio tsunami sull’imputato, sconvolgendo totalmente lo scenario da lui in precedenza immaginato.
Non è infatti difficile comprendere quale tumulto di emozioni e timori abbia potuto suscitare in Costa apprendere che la cauta e circospetta iniziativa di rilanciare la presenza e l’operatività della cosca, in aperto contrasto con il controllo ormai assoluto del territorio esercitato dal sodalizio vincente dei Commisso, fosse stata da subito immediatamente svelata e portata a conoscenza degli storici rivali».

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