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13 luglio 2012
Catanzaro.
Sono in tutto 31 le persone indagate a vario titolo nell'ambito dell'operazione dei finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia tributaria di Catanzaro, che, con l'ausilio dei militari del Comando provinciale di Crotone, hanno eseguito un sequestro di beni del valore di circa 350 milioni di euro. Il sequestro ha interessato, in particolare, il parco eolico denominato "Wind farm Isola Capo Rizzuto" (da cui il nome dell'operazione eseguita dai militari tra ieri ed oggi) situato nell'omonimo comune del crotonese, dotato di 48 aerogeneratori e considerato fra i piu' grandi d'Europa per estensione e potenza erogata.
 L'operazione e' stata eseguita in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell'ambito di un'inchiesta relativa alla presunta totale gestione della realizzazione e del successivo funzionamento del parco eolico da parte della cosca Arena, dominante sul territorio di Isola Capo Rizzuto, nonche' a presunte irregolarita' connesse al rilascio da parte della Regione Calabria delle autorizzazioni necessarie per la costruzione della struttura. Trentuno le persone al momento indagate per contestazioni che, a vario titolo, vanno da reati contro la pubblica amministrazione all'interposizione fiduciaria nella titolarita' di beni, a violazioni urbanistiche, con l'aggravante della "mafiosita'" per aver "agito - ritengono gli inquirenti - al fine di agevolare le illecite attivita' consortili facenti capo alla cosca Arena".
 I particolari dell'indagine sono stati forniti oggi nel corso di una conferenza stampa a cui erano presenti il procuratore aggiunto della Repubblica di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, il comandante provinciale della Guardi di finanza di Catanzaro, generale Salvatore Tatta, il comandante del Gico, Giuseppe Furciniti, il comandante del Nucleo di Polizia tributaria, tenente colonnello Fabio Canziani, il comandante della sezione criminalita' organizzata del Gico, maggiore Domenico Frustagli. Dalle indagini, condotte con la collaborazione del Servizio centrale di investigazione sulla criminalita' organizzata (Scico) di Roma, "e' emersa - e' stato spiegato - la gestione dell'intera operazione economico-finanziaria relativa alla realizzazione del parco eolico da parte della cosca Arena", soprattutto per il tramite di Pasquale Arena classe '53, dirigente del Comune di Isola Capo Rizzuto, fratello di Carmine - morto nell'ottobre 2004 in un agguato di stampo mafioso - nonche' nipote diretto del vecchio capo clan, Nicola Arena classe '37. "Una paternita', quella dell'iniziale dominus Pasquale Arena, poi contrastata dal boss storico Nicola il quale, uscito di galera, rivendica con fermezza la gestione dell'intera operazione avviata mentre lui era dentro" hanno aggiunto gli investigatori. Il dato, che conferma come l'affare eolico rientrerebbe a pieno titolo nelle attivita' della cosca e non sarebbe legato all'iniziativa autonoma di Pasquale Arena, e' emerso da intercettazioni di conversazioni grazie alla quali e' stato possibile accertare che il boss Nicola Arena, non appena uscito dal carcere dopo un lungo periodo di detenzione a regime di 41-bis, non solo "chiedeva conto" allo stesso Pasquale dell'iniziativa economica intrapresa durante la sua assenza (evidentemente per conoscerne nel dettaglio le dinamiche e le interessi economici sottesi), ma manifestava in modo palese l'intenzione di riappropriarsi del suo controllo. Sarebbe stato comunque di fatto Pasquale Arena a gestire tutto, in qualita' di referente e gestore occulto degli affari della cosca, avvalendosi di terzi prestanome interposti nella titolarita' delle quote sociali e delle attivita' economiche, e attraverso un articolato sistema di interposizioni fittizie e reali, avrebbe avviato e realizzato il parco eolico formalmente di proprieta' della "Vent1 Capo Rizzuto srl", occultando poi la riconducibilita' della struttura agli Arena grazie ad una rete di societa' estere cui passare di volta in volta la titolarita' delle quote in modo da non farle risultare di proprieta' della "famiglia". Non a caso l'attivita' investigativa e' stata caratterizzata da complessi profili internazionali che hanno portato all'interessamento di numerose autorita' giudiziarie straniere. "Attendere gli esiti delle rogatorie ha richiesto molto tempo - ha spiegato il procuratore aggiunto -, ma non appena li abbiamo avuti abbiamo compiuto questo primo passo del sequestro preventivo che si e' reso necessario per l'urgenza di impedire il trasferimento della titolarita' del parco ad un acquirente, risultato del tutto estraneo alle indagini, che stava per avvenire e che ci avrebbe impedito di apporre i sigilli alla struttura. Dovevamo quindi muoverci in tempi rapidissimi, considerati i risultati di un'attivita' investigativa che non lascia dubbi, perche' appurata la riconducibilita' del Parco agli Arena, e verificato che essa non emerge dalla titolarita' delle quote societarie, ne consegue che gli ufficiali proprietari di quelle quote abbiano agito come interposti fiduciari per consentire ai primi di occultare la propria reale attivita'".

AGI

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