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bacchi benedettodi Giovanni Bianconi
Che una delle nuove frontiere mafiose del riciclaggio siano le agenzie di scommesse online, lo affermano gli investigatori e lo ammettono gli stessi uomini d’onore. Per esempio quelli intercettati dalla polizia a Terrasini, piccolo centro alle porte di Palermo, che commentavano: "Dice che fa numeri allucinanti, cinquantamila euro al mese... Li fa girare tutti là dentro... È lavabiancheria!". E i numeri crescono se gli affari si estendono a quartieri della città: "I miliardi assai sono! ... Non si contano... Questo Ninì io dico che più di un milione al mese guadagna".  Ninì è il soprannome di Benedetto Bacchi, imprenditore quarantaduenne arrestato ieri su richiesta della Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, associazione a delinquere, truffa e altri reati, nell’operazione chiamata "Game over": trentuno misure cautelari ordinate dal giudice (di cui 16 in carcere e 7 agli arresti domiciliari) dopo che gli investigatori della polizia guidati dal questore Renato Cortese e dal capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti, insieme a quelli del Servizio centrale operativo diretti da Alessandro Giuliano, hanno svelato l’intreccio tra Cosa nostra e il mercato del gioco abusivo telematico. Realizzato, secondo l’accusa, proprio attraverso Bacchi e il suo presunto "socio occulto" Francesco Nania, 49 anni, considerato oggi al vertice della famiglia mafiosa di Partinico, a sua volta titolare di un’attività di import-export con gli Stati Uniti ("Dovete riempire New York di questo pomodoro... deve arrivare pure nei coglioni di Obama", diceva al telefono al suo commercialista).  Secondo il pentito Vito Galatolo, "Ninì piazzava slot machines con l’accordo delle famiglie mafiose competenti per territorio, e pagava una certa somma a Cosa nostra"; gli inquirenti hanno calcolato quote variabili fra 300.000 e 800.000 euro l’anno. Un altro collaboratore di giustizia particolarmente esperto del settore, l’ex appartenente alla ‘ndrangheta calabrese Mario Gennaro, creatore del marchio di scommesse Bet2875 ceduto nel 2012 a Bacchi, ha spiegato che il suo collega siciliano "ha fatto degli accordi sul territorio, non perché glielo avessero imposto, ma perché proprio lui ha fatto gli accordi". E quando c’erano dei pagamenti da fare, "aprivano scatoli di scarpe, cartoni e prendevano... mazzette da 5 mila pronte".  Soldi guadagnati "con il sostegno e il consenso, ovviamente interessato, dei più importanti mandamenti di Cosa nostra", accusano gli inquirenti. E dirottati su altre attività schermate dietro società estere, a Malta e altrove. Inoltre "la natura illecita del patrimonio accumulato da Bacchi sta nella mancata legalizzazione delle sue agenzie gioco e scommesse online , se non per una minima parte e di recente: 50 su circa 700 punti gioco nel 2016". Il tentativo di regolarizzare tutto con una nuova sanatoria da inserire nella legge finanziaria 2016 fallì, ma dalle intercettazioni risultano i tentativi di Bacchi di contattare politici regionali e nazionali per l’approvazione di un emendamento - presentato ma bocciato - che riaprisse i termini del condono: "Se venerdì passa alla Camera si sblocca la sanatoria", diceva l’imprenditore, disposto a pagare fino a 7 milioni di euro per risolvere la situazione.  Andò diversamente, e adesso quelle manovre parlamentari sono tra gli indizi a carico di Bacchi, insieme al progetto (non realizzato) di entrare nel gruppo editoriale della rivista Live Sicilia, "con l’intento di una ripulitura della propria immagine e quantomeno celare le origini del suo straordinario successo imprenditoriale". Come avvocato difensore "Ninì" ha scelto Antonio Ingroia, l’ex pm antimafia che dunque si troverà a fronteggiare i magistrati con i quali ha collaborato fino a pochi anni fa; fra quelli che accusano il suo assistito ce n’è uno che ha appena chiesto la condanna degli imputati per la presunta trattativa Stato-mafia, l’ultima indagine di Ingroia prima di cambiare toga.

Tratto da: Corriere della Sera

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