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palermo cittadi Giuseppe Lo Bianco
L’ascia è lo strumento della rottura delle catene dello schiavismo, il basco nero il simbolo dei “soldati”, si salutano intrecciando gli avambracci e postano le foto su Facebook: hanno riti di affiliazione e linguaggi cifrati, gerarchie rigide e punizioni esemplari, trafficano e spacciano droga, proteggono la prostituzione e sono dotati di una violenza bestiale. E sono organizzati gerarchicamente come Cosa Nostra: a Palermo è arrivata la mafia “nera”, i Black Axe (l’Ascia Nera), la mafia nigeriana ramificata in tutta Europa, che nel capoluogo siciliano inaugura un’improbabile (fino a qualche decennio fa) convivenza con Cosa Nostra, che mai ha tollerato organizzazioni “gemelle” nel controllo del territorio.
Dopo un’indagine di un anno, la Squadra Mobile ha arrestato 20 persone tra capi e affiliati, svelando il volto di un’organizzazione brutale e sanguinaria, che non ha esitato a seviziare il giovane spacciatore Muse Afubem, debitore di una partita di eroina, infilandogli un tubo di ferro nell’ano e procurandogli lesioni gravissime; o a lasciare sospeso nel vuoto da un balcone un altro ragazzo, Lobito, tenuto per i piedi a testa in giù.
A parlare, anche in questo caso, un pentito e un testimone, Johnbull Austine detto “Ewhosa” e Ogbuju Evans detto “Bambino” che hanno raccontato dall’interno i segreti dell’organizzazione, fondata il 7 luglio 1977 a Benin City, nata all’interno delle Università dell’Africa subsahariana occidentale per sostenere e assistere gli studenti alle prese con la burocrazia dell’ateneo e trasformatasi presto in una sorta di setta ‘di culto’, accanto a quelle già esistenti: Bucaneer, Pirater, Viking.
In Italia il capo è Sixco, sta a Verona ma viene spesso a Palermo e su Facebook si fa fotografare con il numero 77, la doppia ascia, stampato sulla felpa: sotto di lui sono sei i livelli gerarchici, dallo ‘spiritual’ al ‘chama’, che è il capo del collegio dei ‘saggi’, 6 o 7 in Italia, che hanno il compito di vagliare le affiliazioni, al ministero della Difesa, alle tre figure operative: il cif asa, il cassiere, il cif eye, responsabile della sicurezza delle riunioni e il cif cryer, definito “informatore” o “banditore”.
Ma l’organizzazione è europea e non lascia nulla al caso: il capo, regional head sta in Germania e si chiama Owen, e le complicità (e le riunioni) sono ramificate in Olanda, Svizzera e Inghilterra: da Palermo, Steve Osagie riesce a procurare biglietti aerei con falsi numeri di carta di credito grazie a un complice nel Regno Unito.
“Per la prima volta a Palermo – dice il pm Geri Ferrara – abbiamo un’altra mafia accanto a quella tradizionale”.
Con cui convive tranquillamente: una conversazione intercettata in carcere tra il capo della famiglia di Porta Nuova, Giuseppe Di Giacomo, con il fratello Giovanni, ergastolano, svela il placet che le ‘famiglie’ hanno concesso ai nigeriani che in cambio riforniscono i mafiosi di eroina: “I nivuri ammagazzinanu, ci a portanu a nuatri’’, confida Giuseppe al fratello. E se i mafiosi, in crisi di affiliazioni, hanno mandato da tempo in soffitta i rituali della santina bruciata su cui cade la goccia di sangue uscita dal dito punto con la spina di arancio amaro, chi vuole entrare nella Black Axe deve sottoporsi a un filtro durissimo e violento: “Il ministro della Difesa li picchia sul naso, poi passano al chama che decide se possono passare al livello successivo o tornare al ministro della Difesa”.
Pestaggi, legnate e umiliazioni ‘in ginocchio’ sono all’ordine del giorno, sia nella fase di first macth che in quella di ignorant, l’apprendistato vero e proprio subito a colpi di nerbo di bue per plasmare la sopportazione al dolore e alla violenza: “Ci sono persone cattive, ti fanno soffrire assai prima di diventare Black Axe’’, rivela Johnbull.
A Palermo l “Ascia Nera” arriva nel 2013 e a portarla sono due nigeriani, Silvester Collins, capo del forum, e Steve Osagie; si insediano nel centro storico, tra Ballarò e la via Oreto, e i comportamenti violenti richiamano nel capoluogo siciliano l’ambasciatore nigeriano a Roma, venuto a presiedere una riunione qualche giorno dopo un tentato omicidio a Ballarò. La violenza è quotidiana e il dirigente nazionale del sindacato di polizia Consap, Igor Gelarda, invita a non abbassare la guardia: “È stata la prima operazione di polizia nel Sud Italia contro la mafia nigeriana – dice –. Ha portato a galla un sottobosco che sta crescendo in tutte le grandi città: e nei rapporti con Cosa Nostra c’è una perfetta simbiosi tra vecchio e nuovo”. Ma Cosa Nostra avrebbe concesso ai nuovi arrivati solo l’uso di armi bianche e non quelle da fuoco.
Gli agenti sul territorio sono le antenne più vigili, i primi a fronteggiare i Black Axe, anche nella versione femminile, violenta come e forse più degli uomini: ci sono voluti i poliziotti di due volanti, Oreto e Settecannoli, per fermare la furia di Edith Omoregie, giovane prostituta nigeriana, che bloccata con un affiliato alla Black Axe e portata in questura, ha aggredito e inveito contro gli agenti: “Con il vostro stipendio mi ci pulisco il culo – ha esordito – guadagno 150 mila euro a notte’’. Ed emulando Ruby, ha millantato: “L’ho succhiato a Berlusconi e domani esco”.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2016

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