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mattarella bernardo eff c ansaNel 1950, da sottosegretario,consegnò l’esposto con cui don Vito ebbe il primo appalto Fs: le lettere nel processo contro il giornalista Caruso
di Sandra Rizza 
Fu il potente Dc Bernardo Mattarella a sponsorizzare personalmente l’ingresso nel mondo degli affari di Vito Ciancimino. È quanto emerge dai documenti della Commissione parlamentare Antimafia della V legislatura (1968-’72), ora depositati nella causa che il capo dello Stato Sergio Mattarella, affiancato dai nipoti Bernardo jr. e Maria, ha intentato a Palermo nei confronti del giornalista Alfio Caruso, autore del libro Da cosa nasce Cosa, accusandolo di aver “infangato” il padre scomparso nel ’71.

Tra le carte a disposizione del nuovo giudice Maura Cannella (insediatasi alla prima sezione civile dopo una girandola di sostituzioni che avevano trasferito il processo già una prima volta dal giudice Enrico Catanzaro alla collega Sebastiana Ciardo, astenutasi dopo aver già accolto in passato una domanda risarcitoria dei Mattarella), c’è la corrispondenza datata 1970 tra il deputato Francesco Cattanei, allora presidente dell’Antimafia, e il direttore generale delle Ferrovie dell’epoca, Ruben Fienga, che testimonia chiaramente come vent’anni prima, nel 1950, Mattarella senior avesse aiutato don Vito ad accaparrarsi la concessione per il trasporto dei carrelli stradali per gli scali ferroviari. In che modo? Il vecchio Bernardo, che era sottosegretario ai Trasporti, consegnò personalmente l’esposto col quale don Vito rivendicava un “titolo prioritario” all’assegnazione dell’appalto, garantendo così l’avvio della scalata al potere di quello che diventerà il sindaco mafioso di Palermo. Due note della Questura, nell’estate del 1950, completarono l’opera: attestando che lo spiantato don Vito era in possesso di una laurea in Ingegneria (mai conseguita) e che poteva spendere 16 milioni per le attrezzature necessarie al trasporto dei carrelli. Risultato? Nell’agosto ’51 la Ditta Ciancimino si aggiudicava il servizio che avrebbe mantenuto fino al 1970, quando da Palermo trapelò la notizia che don Vito era sotto i riflettori dell’Antimafia. “È evidente il rilievo di tali documenti – osserva l’avvocato Fabio Repici, difensore di Caruso, che nei giorni scorsi ha depositato gli atti – per destituire di ogni fondamento le doglianze di Sergio Mattarella e dei suoi nipoti, che hanno sempre sostenuto l’assoluta falsità di ogni vicinanza tra il vecchio Bernardo e Ciancimino”.

Ma cosa emerge dal carteggio depositato? Nella lettera dell’11 novembre ’70, Cattanei chiede al ministero dei Trasporti “se vi furono pressioni… a favore del Ciancimino”. Pochi giorni dopo, il 28 novembre, Fienga risponde: “Benché Ciancimino avesse chiesto l’affidamento della concessione a trattativa privata… venne bandita a Palermo una pubblica gara alla quale chiesero di partecipare 4 ditte… Il 31 ottobre 1950 fu prospettato alla sezione Commerciale e del Traffico di Palermo che la Ditta Ciancimino, con un esposto presentato a mezzo del Sottosegretario dei Trasporti, on. Mattarella, aveva rivendicato titolo prioritario all’assegnazione del servizio”. A questo punto, l’ufficio viene incaricato di verificare se don Vito possedesse i requisiti richiesti. Fienga conclude: “Dalle informazioni della Questura, risultò che Ciancimino aveva una consistenza finanziaria maggiore dei concorrenti”. Sarà un caso, scrive Bianca Stancanelli nel suo libro La città marcia (anche questo depositato da Repici), “ma il ministro dell’Interno, in quel 1950 in cui la Questura si mostrava così attenta alla sorte di Ciancimino, era un altro siciliano: Mario Scelba”.

Il Fatto Quotidiano

Foto © Ansa

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