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2''Con famigliari delle vittime di mafia a fianco mi sento protetto''
di AMDuemila

“I soldi per la benzina me li deve dare il Ministero per darmi fuoco” è questo quanto scritto sulle taniche di benzina vuote con cui si è presentato il testimone di giustizia Ignazio Cutrò davanti al monumento delle vittime di mafia oggi alle 15.30. “Non mi hanno lasciato portare i bidoni pieni ma erano pronti - spiega ad uno dei famigliari delle vittime presenti per sostenere la sua battaglia - noi ci abbiamo messo la faccia, ora se hanno il coraggio mi riempiano questi bidoni se è questo che si vuole”.
Attorno al testimone di giustizia, sono presenti Vincenzo Agostino e la moglie Augusta, Claudio Traina, il figlio di Serafino Famà e quello di Salvatore Zangara, e molti altri famigliari di vittime di mafia, oltre a rappresentanti della società civile e di associazioni antimafia come Scorta civica e l’Associazione inter condominiale quartiere Brancaccio.


“Oggi mi sento protetto e forte perché c’è lo Stato che voglio io perché lo Stato siamo noi cittadini onesti - dice emozionato Cutrò - quindi è un bel segnale oggi avere qui vicino a me i famigliari delle vittime di mafia, per me sono come la mia famiglia e noi non ce ne andiamo perché le nostre strade siciliane sono rosse per tutto il sangue che è stato versato”. Nessuna presenza invece a livello Istituzionale e nessuna chiamata dai vertici del Ministero. Un assenza che fa riflettere soprattutto alla luce della volontà dichiarata ieri e confermata oggi da Cutrò sul non cercare colpevoli ma solo solidarietà reale. “A pochi centinai di metri da qui dovrebbe esserci la prefettura, perché il prefetto non viene qui ad abbracciarci? - chiede il testimone di giustizia - Da lui non voglio risposte, non cerco colpevoli, voglio solo sapere cosa, le Istituzioni, vogliono fare di me e della mia famiglia”.

Non si risparmia il presidente delle vittime di mafia nell’additare però quella parte di Stato che non agevola i testimoni di giustizia: “Lo Stato che ieri sera mi ha chiamato per dirmi che oggi non sarei potuto salire nella macchina blindata io lo rinnego - conclude Cutrò - questo non è lo Stato per cui è morto Falcone e Borsellino e tutte le altre vittime innocenti”. E la testimonianza del padre di Antonio Agostino incide ancora più profondamente quanto detto da Cutrò riguardo alcune dinamiche che sembrano essere in qualche modo interne alle Istituzioni: ”Chi ha ucciso mio figlio era un killer dello Stato, e per poter scovare questo killer io c’ho rimesso 25 anni della mia vita”.



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