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galatolo-vito-gico-2di Riccardo Lo Verso - 26 marzo 2015
Il padrino dell'Acquasanta, condannato all'ergastolo, lancia strali contro il figlio Vito che ha scelto di collaborare con la giustizia. Forse ha paura delle indagini patrimoniali.

Palermo. “Questo cornuto sta rovinando tutti”. Vincenzo Galatolo sbotta.
Il pentimento del figlio non gli è andato giù e non nasconde il fastidio mentre parla con alcuni parenti nella sala colloqui del carcere di Opera dove sta scontando l'ergastolo.

Un fastidio che non era emerso neppure quando un'altra figlia, Giovanna, aveva deciso di pentirsi. Eppure non era stata tenera nei confronti del padre: “Non voglio più stare nella mafia, perché ci dovrei stare? Solo perché mio padre è mafioso? Non voglio trattare con persone indegne”. Il vecchio padrino dell'Acquasanta allora non aveva battuto ciglio. Aveva scelto il silenzio. Ora, invece, attacca il figlio Vito che ha seguito l'esempio della sorella. Quella sorella che, come lui stesso ha confessato, voleva uccidere quando seppe della sua collaborazione con la giustizia.

Vincenzo Galatolo accusa il figlio di seminare rovina con le sue dichiarazioni e dà la colpa del suo pentimento alla moglie. Ci sarebbe la donna, a suo dire, dietro la scelta di saltare il fosso. Cosa provoca la reazione dell'uomo che ha ucciso il generale Carlo Alberto dalla Chiesa? Cosa lo infastidisce? Vincenzo Galatolo è ormai all'ergastolo. Il “fine pena mai” è un macigno inamovibile. La storia giudiziaria ha stabilito che da fondo Pipitone, nel regno dei Galatolo, partirono gli squadroni della morte che uccisero, oltre a Dalla Chiesa, anche il consigliere istruttore Rocco Chinnici, il segretario del Pci Pio La Torre, il commissario Ninni Cassarà. E sempre a fondo Pipitone i Galatolo prepararono l'esplosivo che doveva ammazzare il giudice Giovanni Falcone all'Addaura.

Giovanna ha raccontato di avere visto “entrare e uscire” tanta gente a casa sua. Ma nel clan Galatolo le donne dovevano restare defilate. Spettavano loro incarichi di secondo ordine. “Io non facevo parte dell'associazione però in diverse occasioni mi sono occupata di ripulire le abitazioni che avevano ospitato latitanti, lavare vestiti di latitanti imbrattati di sangue. Per esempio - ha messo a verbale Giovanna - ricordo che Ciccio Madonia. Ciccio Di Trapani al tempo della loro latitanza spesso frequentavano casa di mio padre”.

L'altro figlio, Vito, invece, è uno che con le sue dichiarazioni può davvero dare fastidio. Perché non si tratta più di galera ma di piccioli. Sta raccontando che dietro i palazzi costruiti, dietro le gru di quelli in costruzione, dietro i grandi affari edilizi c'è la mano di Cosa nostra. Sul piatto ha consegnato le tracce per risalire ai beni di famiglia. Tra cui molti immobili intestati ad una miriade di insospettabili prestanome. Di molti ha fatto i nomi. E i pubblici ministeri Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Dario Scaletta hanno affidato ai finanzieri il compito di verificare le dichiarazioni e ricostruire la mappa degli interessi economici del clan. Forse è a questi che Vincenzo Graziano si riferiva quando diceva che il figlio, “questo cornuto sta rovinando tutti”.

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