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8 marzo 2012
Caltanissetta. Il giudice Paolo Borsellino fu ucciso dalla mafia, il 19 luglio del 1992 in Via D'Amelio, assieme a cinque agenti di polizia della sua scorta perchè il boss Totò Riina lo riteneva un «ostacolo» alla trattativa con esponenti delle istituzioni, che gli «sembrava essere arrivata su un binario morto» e che per questo il boss dei boss voleva «rivitalizzare» con la stagione delle stragi. È la ricostruzione dell'attentato fatta dal Gip di Caltanissetta Alessandra Bonaventura Giunta, accogliendo le richieste della Dda della Procura di Caltanissetta, nella nuova inchiesta che è sfociata nelle ordinanze eseguite dalla Dia sulla strage. «La tempistica della strage - scrive il giudice - è stata certamente influenzata dall'esistenza e dall'evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa nostrà». Per la Procura dalle indagini è «risultato che della trattativa era stato informato anche il dott. Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest'ultimo elemento - osservano i Pm - aggiunge un ulteriore tassello all'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale 'ostacolò da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage». Secondo la Procura di Caltanissetta, «questa conclusione è legittimata, tra l'altro, dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Giovanni Brusca a proposito dell'ordine ricevuto da Salvatore Riina di sospendere, nel giugno 1992, l'esecuzione dell'attentato omicidiario nei confronti dell'on. Calogero Mannino perchè c'era una vicenda più urgente da risolvere». Mannino, ex ministro democristiano e segretario della Dc siciliana, è stato di recente iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa, per ipotetiche pressioni che avrebbe esercitato all'epoca delle stragi per un ammorbidimento del regime carcerario del 41 bis.

ANSA

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