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8 febbraio 2012
Palermo. Rivela la sua proposta, «caduta nel limbo dell'indifferenza» di estendere il carcere duro a più di 5000 detenuti per reati di mafia, descrive l'ex Guardasigilli, Giovanni Conso, come «commissariato» da Nicola Mancino, all'epoca a capo del Viminale, e definisce la sua sostituzione al dap una «cacciata» voluta da Cosa nostra. A parlare è Nicolò Amato, ex direttore delle carceri italiane, che racconta, in un'intervista di Walter Molino pubblicata sul sito di Servizio Pubblico (www.serviziopubblico.it), la sua esperienza al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria nel periodo delle stragi di capaci e via D'Amelio. In un documento, acquisito dai pm di Palermo che indagano sulla trattativa tra Stato e mafia, Amato individuava 121 carceri e sezioni di penitenziari in cui applicare il regime del carcere duro: «Era una soluzione efficace - spiega - ogni mafioso arrestato l'avrei potuto mandare subito al 41bis senza aspettare i singoli decreti. Il ministro Martelli però stranamente girò la mia proposta a Liliana Ferraro, che dopo la morte di Falcone dirigeva gli Affari Penali. Sia lei che l'ufficio legislativo espressero riserve, e Martelli non rispose alle mie ulteriori sollecitazioni». Sull'applicazione del carcere duro nel biennio stragista '92-'93 Amato chiama in causa anche l'ex ministro degli Interni Nicola Mancino. «Quando Conso subentrò a Martelli - dice - io lo rimproveravo perchè sull'applicazione di alcuni 41bis che io gli avevo chiesto, lui aveva interpellato Mancino. 'Giovanni, gli dicevo, ma queste cose le dobbiamo decidere noi, perchè le dobbiamo chiedere?»'. Amato ricoprì l'incarico di direttore del Dap per 11 anni, poi il 4 giugno 1993 fu improvvisamente sostituito con Adalberto Capriotti. «Fu la mafia a volere la mia destituzione. Nel febbraio '93 un gruppo anonimo di mafiosi scrisse una lettera al presidente Scalfaro in cui dicevano di farla finita con Amato e i suoi squadristi. Pochi giorni prima della mia cacciata il presidente Scalfaro convocò al Quirinale l'ispettore dei cappellani don Curioni e il suo segretario don Fabio e disse loro: Basta con Amato!. In pochi mesi i detenuti di mafia al 41bis, da 1300 si ridussero a circa 536». Alla domanda se abbia mai saputo di una trattativa tra mafia e Stato Amato risponde, però, «fin quando sono stato al Dap, no».

ANSA

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