18 novembre 2011
Palermo. Nel giugno del 1993 l'allora direttore del Dap, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Adalberto Capriotti scrisse una lettera all'allora ministro della Giustizia Giovanni Conso in cui faceva presente che nel novembre di quell'anno sarebbe scaduto il carcere duro, il cosiddetto 41 bis, per oltre 300 mafiosi e che la scadenza poteva essere considerata un «segnale di distenzione», così come la possibilità di prevedere periodi di proroga più brevi. Questo è uno dei documenti depositati dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dal pm Antonino Di Matteo al processo Mori. Nello stesso documento l'ex direttore delle carceri, Capriotti, propose di diminuire del 10% il numero di mafiosi al 41 bis. Una verità che si scontra con quanto testimoniato dall'ex Guardasigilli Giovanni Conso secondo cui nessuno mai gli aveva parlato del 41 bis. Ma non è l'unico documento depositato dai magistrati della Dda di Palermo al processo che vede imputato il generale Mario Mori, accusato insieme con il colonnello Mauro Obinu, di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano nell'ottobre del '95. C'è anche una lettera che risale al febbraio del '93 indirizzata all'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, in cui, in forma anonima si chiedeva di revocare il carcere duro, ritenuto «un trattamento disumano». La stessa lettera è stata anche inviata all'epoca anche ad altre persone come all'allora vescovo di Firenze, al giornalista Maurizio Costanzo, Vittorio Sgarbi e persino al Santo Padre.
Adnkronos
Ex direttore Dap propose scadenza di 300 mafiosi al 41 bis
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