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Il collettivo promotore "F.A.": "Rendiamolo umano e non divinizziamolo"

Una festa ai Candelai di Palermo aperta alla città per festeggiare la cattura dell’ormai ex superlatitante Matteo Messina Denaro. Dopo il 16 gennaio alcuni giovani palermitani si sono uniti mossi da “intesa, affetto e amore” sotto il nome del collettivo “F.A.” acronimo di Filippo Bartoli e Alessandro Giglio, ex studenti di Architettura dell’UniPa che nel 2008 dipinsero un murale alla maniera di Andy Warhol con la faccia del boss ritratto come Marilyn Monroe, alle spalle della cattedrale (furono denunciati per quel murale ritenuto un avvertimento mafioso, prontamente censurato, ma si trattava di una provocazione artistica). Dopo 15 anni, è giunto il momento di aggiornare quell’opera con il nuovo volto del boss di Cosa nostra. Ed ecco che il 26 febbraio alle 18, ai Candelai appunto, avrà luogo una festa, un “charity party” con cui vendere 500 stampe della riedizione dell’opera a coloro che aderiranno. Una cifra simbolica, naturalmente, il cui ricavato verrà devoluto all'associazione Zen Insieme per un progetto dedicato ai bambini. “La distribuzione e la vendita è già in corso in una ventina di posti tra locali e librerie del centro storico palermitano e con l'acquisto del poster si potrà partecipare alla festa”, scrive la giornalista di La Repubblica Giada Lo Porto. Prima di gridare allo “scandalo” il collettivo “F.A.” precisa le “istruzioni per l’uso” dell’opera raffigurante Matteo Messina Denaro. “Strappalo, sputaci, giocaci a freccette - precisa il collettivo -. Fai di questo poster ciò che ritieni più giusto ma compralo. Il contributo, devoluto interamente in beneficenza, aiuterà i giovani del quartiere Zen a conoscere, valutare e a poco a poco sconfiggere la mafia ed il pensiero mafioso". Insomma, un modo ulteriore per sottolineare, ribadire con forza che questa forma d’arte non vuole essere un “endorsement” socioculturale per il boss. Al contrario, è un modo per distinguere il mito dal criminale, invitando la cittadinanza ad acquistarlo per farne qualsiasi cosa pur di non divinizzare la sua figura. "Vogliamo rieditare il lavoro aggiornando le fattezze (mai tanto mutate), lo stile, la tecnica e forse anche il sapore - osservano Filippo Bartoli, Alessandro Giglio e Emanuela Barilozzi Caruso del collettivo “F.A.” -. Per cercare di comunicare conoscenza alle nuove generazioni che restano ultimo baluardo. Per fornire gli strumenti utili in quelle sacche marginali della città a quei soggetti a rischio, per consentire loro di analizzare e distinguere i fatti da alcune facili mitizzazioni". Prima della festa si svolgerà anche un dibattito in modo tale da analizzare la cattura del boss e porre le giuste domande e analisi. Un modo per distruggere l’alone da “divo” che nel corso della sua latitanza trentennale è riuscito a costruirsi. Un modo per umanizzare il mito di MMD. “Con il contributo di diversi amici come Attilio Bolzoni e Fulvio Abbate cercheremo di analizzare il cortocircuito narrativo innescato tra il mito e l'assassino" precisano i giovani. "Non è più il dandy diabolico - aggiungono -, non è più il donnaiolo in abito sartoriale chiaro, non è più il nerd che aspetta l'uscita dell'ultima edizione di Donkey Kong negli anni Ottanta".

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