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Un viaggio nella memoria, ma anche una profonda lettura del presente e dell’attualità del messaggio di Pippo Fava.

Ieri pomeriggio, a Catania, è stato ricordato il 39° anniversario della morte, per mano mafiosa, del grande intellettuale siciliano. Dopo tre anni, il 5 gennaio torna dunque a essere vissuto nella sua pienezza con il presidio sotto la lapide e poi la consegna del premio nazionale Giuseppe Fava (nel 2021 era stato annullato per la pandemia, la scorsa edizione, invece, si è svolta ad aprile).

Il pomeriggio è stato aperto dal consueto corteo, organizzato da i Siciliani Giovani, con partenza, alle ore 16:30, da piazza Roma e arrivo proprio in via Giuseppe Fava, dove la sera del 5 gennaio 1984 il direttore de I Siciliani venne assassinato. Un centinaio di persone hanno sfilato, interrompendo sporadicamente il silenzio per urlare il nome dell’indimenticato giornalista.

Poco dopo, su iniziativa della famiglia e della Fondazione Giuseppe Fava, il figlio Claudio, le nipoti Francesca e Alessandra, il genero Giuseppe M. Andreozzi e il pronipote Giovanni Scuderi, sotto gli occhi dei cittadini presenti e di alcuni degli storici redattori de i Siciliani, hanno deposto un mazzo di fiori sotto la lapide che ricorda Fava. È stato affidato al più giovane, il pronipote Giovanni, il compito di deporre i fiori, a testimoniare la necessaria continuità della memoria e di una storia che abbiamo il dovere di ricordare.

Finita la cerimonia, con il commosso applauso dei presenti, il pomeriggio è proseguito presso il centro culturale Zō (piazzale Asia) dove si è svolto il dibattito intitolato “La meglio gioventù”, moderato dal giornalista Mario Barresi e al quale sono intervenuti Claudio Fava, Michele Gambino e Riccardo Orioles, alcuni dei carusi di Pippo Fava e di quella avventura straordinaria che, 40 anni fa, ebbe inizio con l’uscita del suo primo numero. Un modo per ricordare la specificità di quella esperienza che ha lasciato un segno indelebile nella storia del giornalismo italiano e che ha influenzato, direttamente o indirettamente, tante generazioni di giornalisti, intellettuali, attivisti.

L’incontro è iniziato con un giro di domande inevitabilmente mirate a misurare l’impatto che l’attività di inchiesta de i Siciliani ha avuto sui decenni successivi, gli obiettivi raggiunti, la ricostruzione di verità sulle quali altri tacevano. Per Gambino, la prima vittoria è stata quella di aver fatto emergere la verità, seppur “con fatica e contro la volontà di potere e magistratura, perché abbiamo scritto che il mandante era Graci”, dimostrando che si trattava di un delitto mafioso e non, come qualcuno ripeteva, di una questione passionale. Per l’ex giornalista de i Siciliani, un altro obiettivo raggiunto è stato quello di essere riusciti, dopo un percorso faticoso, a far conoscere l’immenso patrimonio giornalistico, letterario, teatralre, artistico di Fava, che oggi viene ricordato “come grande intellettuale e maestro di uomini”. L’unico obiettivo fallito è la sopravvivenza del giornale, purtroppo svanita pochi anni dopo l’uccisione del suo direttore, colui che da solo era in grado di guidare e far camminare quella meravigliosa realtà di inchiesta.

Anche Riccardo Orioles, storica penna de i Siciliani, ha ripercorso quel periodo importante, sottolineando il grande lavoro svolto da quel gruppo di ragazzi animati dalla voglia di giustizia e addestrati da uno dei più grandi uomini del secolo scorso. “Abbiamo distrutto i 4 cavalieri, ma non siamo riusciti a distruggere il monopolio de La Sicilia di Mario Ciancio – afferma Orioles –. i Siciliani non siamo solo noi tre qui, ma decine di cittadini siciliani che hanno dato tanto, che hanno offerto il loro contributo. Abbiamo vinto quella parte della guerra che potevamo vincere. Posso scommettere che tra 50 anni Giuseppe Fava sarà riconosciuto tra i grandi della letteratura”.

Ad andare oltre la memoria, è invece Claudio Fava, il quale, in un appassionato e applaudito intervento, ha sottolineato come il ricordo delle persone che non ci sono più vada coltivato in modo privato e affettivo e che, nel caso del 5 gennaio, non bisogna commemorare o raccontare chi è stato Fava e cosa sono stati i Siciliani, perché questa sarebbe una fuga dalla realtà.

“A volte – afferma Claudio Fava – ricordare i morti vuol dire essere reticenti sul presente. Pippo Fava è mito, epos, è un rito pagano, come S. Agata, è il ricordo di un periodo che è stato. Ma è il presente che bisogna affrontare, il potere di oggi. Mario Ciancio non esiste più, ma esistono tante altre forme, anche diverse, di potere da combattere”.

Secondo l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia siciliana, la forza della storia de i Siciliani “non è nei ragazzi che ho conosciuto e che sono cresciuti in quell’esperienza, ma è nei 100 giornalisti che non conosco e che non sono passati dal nostro magistero, ma che si comportano come se fossero parte di quella redazione”.

Nel suo intervento accorato, Fava mette a nudo il vero problema, cioè il fatto che in questi anni non sia cresciuto, in Sicilia e a Catania, un movimento antimafia. “In questa città – afferma – per responsabilità anche nostre non è stato costruito un movimento antimafia vero. Un movimento è qualcosa che cambia il senso comune, cambia le vite, il percorso delle vite, come le 5000 donne che scendono in piazza a Teheran, rischiando la pelle. Noi non abbiamo fatto questo, ma abbiamo pensato di stringerci attorno al ricordo di coloro che sono caduti. Nel frattempo, però, qualcuno si chiede quanto è cresciuto il potere mafioso in Sicilia? Un sistema di potere che si nutre di impunità politica. Allora io voglio parlare di chi comanda la Sicilia, non di come abbiamo combattuto 40 anni fa”.

Alla fine del dibattito, la presidente della Fondazione Giuseppe Fava, Francesca Andreozzi, ha sottolineato una iniziativa molto significativa; per celebrare i 40 anni dall’uscita del primo numero de i Siciliani, la Fondazione ha stampato e distribuito un pieghevole con 4 articoli attuali di Riccardo Orioles, Michele Gambino, Antonio Roccuzzo e Claudio Fava.

A conclusione della serata Francesca ha consegnato a Riccardo Orioles il premio nazionale Giuseppe Fava “Nient’altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie” 2023, con la seguente motivazione: per aver educato i giovani siciliani al libero giornalismo e alla memoria di Giuseppe Fava.

Fondazione Giuseppe Fava

Tratto da:
liberainformazione.org

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