Diecimila miliardi di dollari. Tanto costerebbe al mondo un eventuale scoppio di un conflitto militare a Taiwan. Una cifra così grande da far impallidire persino le gravissime ricadute del conflitto in Ucraina, della pandemia di Covid-19 e della crisi finanziaria globale.
A sostenerlo è l'agenzia economica "Bloomberg", secondo cui "una guerra per Taiwan costerebbe così tanto in sangue e materiali che anche i più insoddisfatti dello status quo hanno motivo di non rischiare". Il costo del conflitto stimato da "Bloomberg" equivale a circa il 10% del prodotto interno lordo mondiale. Secondo l'agenzia di informazione economica, l'impatto economico di un conflitto a Taiwan sarebbe assai superiore a quello della guerra in Ucraina, data la centralità dell'Isola nella cruciale industria mondiale dei semiconduttori. "Bloomberg" ricorda che il 5,6 per cento del valore aggiunto prodotto su scala mondiale - circa 6mila miliardi di dollari - deriva da settori che fanno un uso diretto dei microchip. Il valore di mercato dei primi 20 clienti del colosso taiwanese dei semiconduttori Tsmc ammonta a circa 7.400 miliardi di dollari, e lo Stretto di Taiwan è uno dei corridoi del commercio marittimo più trafficati del mondo.
Per formulare la propria stima dei costi di un conflitto a Taiwan, "Bloomberg" ha elaborato due differenti modelli: un blocco dell'isola, che la estrometterebbe dal commercio mondiale, e una vera e propria invasione, col coinvolgimento militare diretto degli Stati Uniti a difesa di Taiwan. Un blocco dell'isola da parte della Cina comporterebbe un crollo del Pil taiwanese del 12,2 per cento nel corso del primo anno, mentre per la Cina, gli Stati Uniti e il mondo intero la ricaduta in termini di Pil ammonterebbe rispettivamente all'8,9 per cento, al 3,3 per cento e al 5 per cento. Nel caso invece di un conflitto militare su larga scala - afferma "Bloomberg" - l'economia Taiwanese subirebbe un collasso, con un crollo del 40 per cento in un anno e la distruzione degli insediamenti civili e industriali lungo la costa. Il Pil Cinese potrebbe subire un tracollo sino al 16,7 per cento, mentre per gli Stati Uniti il danno economico ammonterebbe a circa il 6,7 per cento del Pil. A livello mondiale il danno al Pil potrebbe ammontare al 10,2 per cento, con ricadute particolarmente significative per le economie di Corea del Sud, Giappone e del Sud-est asiatico.
"Bloomberg" ricorda che le tensioni nello Stretto di Taiwan hanno raggiunto un livello di guardia senza precedenti dopo la visita della ex presidente della Camera Usa Nancy Pelosi nell'isola, nel 2022. Negli ultimi mesi il clima è divenuto ancor più volatile in vista delle elezioni in programma a Taiwan il 13 gennaio.
Il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito anche nel suo discorso di Capodanno che Pechino è determinata a portare a termine la riunificazione con l'isola, che Pechino ritenendola una provincia secessionista. Esperti di sicurezza del Pentagono, think tank statunitensi e giapponesi e società di consulenza internazionali hanno già formulato numerosi scenari in merito ad una ipotetica crisi a Taiwan, da un "blocco" militare dell'isola da parte della Cina sino a una invasione militare su vasta scala.
Jude Blanchette, esperta di questioni cinesi presso il Center for Strategic and International Studies, ha dichiarato a "Bloomberg" che l'interesse delle aziende multinazionali in merito alla crisi a Taiwan è "esplosa" dopo l'invasione russa dell'Ucraina nel 2022, e l'argomento "emerge nel 95 per cento delle conversazioni".

Secondo ''Bloomberg'' un conflitto a Taiwan costerebbe 10mila miliardi di dollari
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