"Dopo le minacce lavorerei di più, gli uffici sono sempre aperti"
"Purtroppo non è una novità, quando ero in Colombia ogni mese e mezzo hanno ucciso 7 magistrati e poi hanno dovuto costruire un muro spesso un metro e mezzo, come recinto al tribunale di Bogotà, dove agli uffici fuori della porta non c'è il nome, ma solo un numero. E gli interrogatori vengono fatti attraverso un vetro-specchio, che fa vedere solo da un lato, e viene cambiato anche il timbro di voce di chi fa le domande, senza la firma del magistrato".
E' il commento del Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, rispondendo ai giornalisti a Cosenza, alla notizia della morte di Marcelo Pecci, magistrato del Paraguay, ma di origine italiana, che si batteva contro i narcos e che è stato ucciso ieri su una spiaggia della Colombia, dove era in luna di miele.
Il magistrato del paraguaiano, Marcelo Pecci
"Io sono stato di casa a Bogotà, Cartagena e Santa Marta e so - ha detto Gratteri - questi grandi magistrati, che mettono a repentaglio la loro vita ogni giorno, che lavoro fanno. E per pochi soldi".
Rispondendo ai cronisti in merito alla domanda se fosse sorpreso della vicinanza che gli viene dimostrata dopo l'annuncio di un altro progetto di attentato ai suoi danni e che venerdì 13 maggio si tradurrà in un sit-in di solidarietà davanti alla sede della Procura ha aggiunto: "I miei uffici sono stati sempre aperti a chi volesse denunciare e in particolare a Catanzaro una volta alla settimana incontriamo usurati ed estorti. E lo facciamo dal 2016".
"La gente col tempo si affeziona, perché in tanti hanno avuto riscontro dopo le loro denunce - ha proseguito Gratteri - hanno fiducia, credono nella bontà di quello che stiamo facendo e prendono posizione. Dopo queste minacce, se fosse possibile, lavorerei ancora di più - ha aggiunto il magistrato in riferimento ad un eventuale suo ingresso nel Csm - e sto pensando a tante cose, ma non a prendere decisioni”.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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