Intravisto l’attivista nella gabbia degli imputati da amici e parenti
Alle 10.40 ora locale e italiana, è iniziata a Mansura - centro sul delta del Nilo in Egitto - la sessione in cui è inserita la prima udienza del processo a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell'Università di Bologna attualmente in carcere in Egitto.
La sala era alquanto gremita con una sessantina di persone sedute e altrettante in piedi (avvocati e parenti di imputati), in cui c’erano anche il padre e la sorella dello studente egiziano (George e Marise), e almeno quattro giovani attivisti o simpatizzanti. Presenti anche due diplomatici italiani e altre due colleghe delle ambasciate di Germania e Canada.
Una detenzione a lungo dibattuta a livello internazionale e sistematicamente allungata. La sua permanenza detentiva, infatti, va avanti dal febbraio dell'anno scorso. Il rinvio a giudizio è con l'accusa di "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese" sulla base di un articolo scritto da Patrick nel 2019 sui cristiani in Egitto - hanno reso noto ieri alcune ong egiziane -, a suo dire perseguitati sebbene la circostanza sia del tutto controversa. Stando ad una previsione di Amnesty International, il trentenne ricercatore e attivista rischierebbe una multa o una pena fino a cinque anni di carcere. Inoltre, trattandosi di una corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori, la sentenza sarà inappellabile.
Stando alle informazioni diffuse ieri da una decina di ong - e da Amnesty International-, sembrerebbe che le accuse più gravi, quelle di istigazione al rovesciamento dello Stato e al terrorismo che erano basate su dieci post di un account Facebook, siano cadute.
In caso di condanna al massimo della pena prevista per questo tipo di reato, però, Patrick Zaki rischia di rimanere in carcere altri 3 anni e 5 mesi. Questo è quanto emerge dalle dichiarazioni fatte stamane da una rappresentante dell'ong per cui lo studente egiziano dell'UniBo lavorava e da quanto avevano ricordato a suo tempo fonti della Giustizia egiziana.
"Sì, legalmente è vero. Non abbiamo motivo di immaginare che la pena sarebbe conteggiata diversamente”. A dirlo all’ANSA è stata Lobna Darwish dell'Eipr - l'"Iniziativa egiziana per i diritti personali" -, secondo cui i 19 mesi che Zaki ha già trascorso in custodia cautelare in carcere gli verrebbero abbonati in caso di condanna.
Ciò significa che, in caso di una sentenza inferiore ai 19 mesi, nei confronti di Patrik Zaki vi sarebbe un'immediata scarcerazione. "Qualsiasi egiziano che ha pubblicato notizie, comunicazioni o indiscrezioni sulla situazione interna in modo tale da danneggiare lo Stato e gli interessi nazionali sarà condannato al carcere tra i 6 mesi e 5 anni e a una multa tra 100 a 500 sterline egiziane ai sensi dell'articolo 80 della legge", precisarono all'ANSA nel giugno scorso fonti giudiziarie riferendosi al caso di Patrick. A causa dell'inflazione altissima in Egitto soprattutto negli anni passati, ormai 100-500 sterline egiziane valgono tra 5 e 27 euro.
Nel frattempo, giunge notizia che al tribunale di Mansura durante l’attesa dell’inizio della sua udienza, Patrick Zaki è apparso per qualche secondo nella gabbia degli imputati intorno alle 12:15 durante una pausa delle altre udienze per poi essere riportato via in seguito all'attenzione che ha subito destato fra parenti, attivisti e amici.