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A più di dieci anni dallo scoppio del sanguinoso conflitto in Siria, sebbene la guerra non sia stata ufficialmente "vinta", Assad è riuscito a stabilire il suo controllo su una vasta porzione del territorio siriano, che comprende il 60 per cento della popolazione. Il Paese è tuttavia de facto diviso in tre: il nord-ovest è controllato dalla Turchia e da gruppi armati vicini ad Ankara, mentre buona parte dei governatorati nord-orientali di Deir ez-Zor, Raqqa e Al Hasaka, aree già controllate dallo Stato islamico (Is), è sotto il controllo della cosiddetta Amministrazione autonoma curdo-siriana (anche nota come Rojava), sostenuta dalle forze Usa. In quest'ultima regione si concentrano la maggioranza dei pozzi di petrolio e le principali risorse agricole e idriche del Paese. Anche nelle province meridionali, soprattutto a Daraa, il governo deve fare i conti con rivolte periodiche, trovandosi costretto a imporre militarmente il proprio controllo su diverse cittadine ribelli. In un Paese in cui combattono almeno sei eserciti (russo, iraniano, statunitense, turco, curdo-siriano e siriano), costituiscono ulteriore fonte di instabilità la recrudescenza dell'Is nelle regioni desertiche centrali e i raid aerei periodici di Israele, l'ultimo dei quali avvenuto proprio questa notte e confermato dalle Forze di difesa israeliane.

Foto © "Syrian President Bashar Al-Assad in Yerevan" by PAN Photo Agency is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

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