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Li chiamano «mosche». Sono i supporter del principe ereditario Mohammed bin Salman sui social media. Una squadra al lavoro 24 ore al giorno per promuovere l’immagine dell’uomo forte del regno saudita. E distruggere i suoi critici. Coordinano centinaia e centinaia di account che diffondono a ritmo martellante il «messaggio», il principe «riformatore», che abbraccia la modernità e non rinnega le tradizioni, come quando accampato nel deserto accanto alla sua tenda partecipa in videoconferenza a un dibattito del Forum di Davos. Un’immagine diffusa migliaia di volte, sempre con lo stesso testo. Ma le mosche sono ancora più implacabili quando si tratta di silenziare le critiche. L’ultima «vittima» è il film-documentario «The Dissident», realizzato dal regista americano Bryan Fogel, famoso per la sua inchiesta corrosiva sul doping nello sport, «Icarus». Il protagonista di «The Dissident» è Jamal Khashoggi, editorialista del Washington Post e oppositore del principe, ucciso e fatto a pezzi da un commando di agenti segreti nel consolato saudita di Istanbul, il 2 ottobre del 2018.
Il suo assassinio alla Pulp Fiction è stato uno degli errori più gravi nell’ascesa pur folgorante di Mbs. La reazione dell’opinione pubblica mondiale ha finito per spezzare l’incantesimo del principe riformatore e ha messo a repentaglio le relazioni con gli Stati Uniti, nonostante il rapporto speciale con l’allora presidente Donald Trump. Mbs è ora impegnato ad agganciare la nuova amministrazione, e ha rilanciato la sua Vision 2030 con il progetto di città ecologica del futuro, senz’auto e mossa da energie rinnovabili, The Line. L’arrivo di «The Dissident» è stato visto subito con preoccupazione, perché va a toccare le corde «umanitariste» della squadra del nuovo leader Usa Joe Biden. E allora bisogna affossarlo. La fabbrica dei troll ha scatenato una campagna per abbassare il rate del film-documentario «The Dissident», dall’8 gennaio disponibile in streaming. La campagna punta a far prevalere i giudizi negativi sul sito di riferimento per le pellicole Usa, Rotten Tomatoes. Oltre 500 giudizi negativi su 2400 hanno fatto precipitare il rate dal 95 al 68 per cento e rischiano di azzoppare l’audience e trasformare il debutto in un fallimento.
La stessa tendenza è stata osservata su un altro sito di riferimento per i cinefili, Imdb. In cinque giorni il film ha ricevuto quasi 1200 recensioni, mentre nelle settimane precedenti erano poche decine e quasi tutte positive. Il documentario di Fogel, che parla anche delle «mosche» e di tutte le tecniche, brutali o sofisticate, messe in campo dal principe per silenziare i dissidenti, rischia di orientare non solo l’opinione pubblica Usa ma anche la nuova segreteria di Stato, formata da molti ex dell’Amministrazione Obama che hanno partecipato alle trattative per l’accordo con l’Iran sul programma nucleare, ostili al principe. Giornali liberal, a partire dal Washington Post, e ong come Human Rights Watch, hanno però lanciato una contro-campagna. «Con questa azione i sauditi stanno dimostrando che la tesi del film è corretta: hanno un esercito adibito a influenzare i media», ha spiegato Thor Halvorssen, alla guida della Human Rights Foundation, fra i finanziatori della pellicola. Khashoggi era stato bersaglio delle mosche quand’era in vita, prima di essere eliminato. E la battaglia non è finita.

Tratto da: La Stampa del 24 Gennaio 2021

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