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Nella giornata di ieri, all’improvviso lo sgomento e l’incredulità ha preso il sopravvento tra gli operatori degli aeroporti militari russi. “Qui tutto è fottuto”, dice un militare mentre filma le fiamme che ormai circondano l’aeroporto di Belaya. 
Sono i risultati dell’operazione Spider web, pianificata Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU), sotto la diretta supervisione del presidente Volodymyr Zelensky e del capo dell’intelligence Vasyl Malyuk
In sostanza l’SBU ha introdotto clandestinamente in Russia droni FPV, nascosti all’interno di container trasportati da camion e coperti da strutture mobili in legno. Questi droni, assemblati in loco, sono stati posizionati in prossimità degli aeroporti militari di Belaya (Irkutsk), Olenya (Murmansk), Diaghilevo (Ryazan) e Ivanovo, a distanze comprese tra 2.000 e 6.000 km dall’Ucraina. Al momento dell’attacco, i tetti delle strutture sono stati aperti da remoto, permettendo il decollo simultaneo di 117 droni, ognuno gestito da un operatore dedicato. 
Secondo le fonti ucraine, l’attacco ha distrutto o danneggiato 41 bombardieri strategici, tra cui modelli Tu-95, Tu-22M3 e A-50, utilizzati dalla Russia per lanciare missili da crociera contro l’Ucraina.
"Oggi Kiev ha commesso un attacco terroristico con droni FPV contro aeroporti nelle regioni di Murmansk, Irkutsk, Ivanovo, Ryazan e Amur. Non ci sono state vittime tra il personale militare e civile negli attacchi terroristici delle Forze armate ucraine contro gli aeroporti", ha dichiarato il Ministero della Difesa russo, precisando che gli incendi, ora spenti, hanno coinvolto "diversi velivoli" negli aeroporti militari di Murmansk e Irkutsk. "Sono stati invece respinti gli attacchi agli aeroporti militari nelle regioni di Ivanovo, Ryazan e Amur", prosegue la dichiarazione del Ministero. 


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Volodymyr Zelensky © Imagoeconomica


Un’azione che entra direttamente in rotta di collisione con la dottrina nucleare russa, aggiornata solo pochi mesi fa e sottoscritta da Vladimir Putin in persona. In base al nuovo testo, Mosca si riserva il diritto di usare armi nucleari non solo in risposta a un attacco nucleare, ma anche in caso di attacchi convenzionali che rappresentino una "minaccia critica" alla sovranità e all’integrità territoriale della Russia o dei suoi alleati, in particolare la Bielorussia. Si prevede la possibilità di risposta nucleare anche contro attacchi convenzionali da parte di stati non nucleari (come l’Ucraina) se sostenuti da stati nucleari (come gli USA-Ue).
Pur non essendo confermato, sorgono dubbi sul coinvolgimento diretto del Regno Unito. La Gran Bretagna è stata uno dei principali sostenitori dell’Ucraina nella guerra dei droni. Nel gennaio 2025 Londra ha annunciato l’invio di 30.000 droni FPV attraverso la Drone Capability Coalition, un’iniziativa congiunta con Lettonia, Danimarca e Svezia. Secondo rapporti di InsideOver e Army Recognition, il Regno Unito ha contribuito allo sviluppo di droni ucraini dotati di intelligenza artificiale, in particolare attraverso la start-up Terminal Autonomy. Questi sistemi, capaci di analizzare dati open source per identificare obiettivi, sarebbero stati già utilizzati in attacchi a infrastrutture energetiche russe come quello a Belgorod nel marzo 2024.
Parallelamente, nella notte tra il 31 maggio e il 1° giugno 2025, Mosca ha lanciato quello che è stato definito il più grande attacco con droni contro l’Ucraina dall’inizio dell’invasione, impiegando 472 UAV e 7 missili.
Tra le zone colpite ci sarebbe un centro di addestramento, dove un raid russo ha fatto una strage, uccidendo almeno 12 soldati e lasciando oltre 60 feriti. Un episodio che ha portato il comandante delle Forze terrestri, Mikhailo Drapaty, finito nella bufera, ad annunciare le proprie dimissioni.


Le posizioni Ucraine inconciliabili con Mosca. Le indiscrezioni della Reuters

Azioni che non sono buon auspicio per i negoziati di Istanbul che avranno inizio questo pomeriggio. Kiev sembra stia cercando di valorizzare le sue posizioni massimaliste e, a questo proposito, ieri la Reuters ha rivelato una copia del documento che sarà presentato dalla parte ucraina.
Il testo prevede in primo luogo un cessate il fuoco completo della durata di 30 giorni, considerato un passaggio necessario per l’avvio di qualsiasi trattativa sostanziale. Un altro punto centrale è lo scambio di prigionieri di guerra, che dovrebbe avvenire sulla base della formula “tutti per tutti”.


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Vladimir Putin © Imagoeconomica


Nella proposta ucraina, inoltre, è chiaramente affermata la volontà di non accettare restrizioni al proprio potenziale militare. Kiev, infatti, rivendica il diritto di continuare il percorso verso l’integrazione euroatlantica, senza vincoli sul numero o sulla dislocazione delle sue forze armate, né sulla presenza di truppe di Stati alleati sul proprio territorio. Il documento esclude in modo netto qualsiasi riconoscimento internazionale delle annessioni territoriali operate dalla Russia dal 2014 in poi. La linea di contatto viene proposta come punto di riferimento iniziale per le negoziazioni, ma qualsiasi discussione sulle questioni territoriali potrà avvenire solo in un secondo momento, e soltanto dopo un cessate il fuoco pieno e incondizionato.
Kiev chiede inoltre che la Russia sia chiamata a risarcire i danni di guerra. Le risorse per la ricostruzione dell’Ucraina, secondo la proposta, dovrebbero provenire anche dai beni sovrani russi attualmente congelati: questi fondi verrebbero impiegati per il ripristino del Paese oppure resterebbero bloccati fino al pagamento delle riparazioni. Per quanto riguarda le sanzioni internazionali contro Mosca, il piano prevede che possano essere revocate solo gradualmente e per fasi, mantenendo tuttavia un meccanismo di ripristino automatico nel caso in cui venissero meno le condizioni per la loro rimozione.
Condizioni che Mosca non sarebbe mai disposta ad accettare. Sempre secondo la Reuters, fonti vicine al Cremlino hanno riferito che i termini posti da Vladimir Putin per porre fine alla guerra includono un impegno scritto da parte dell’Occidente a fermare l'espansione della NATO verso est, impedendo così l'ingresso di Ucraina, Georgia, Moldavia e altre ex repubbliche sovietiche nell'Alleanza Atlantica. Inoltre, il presidente russo esige che l’Ucraina mantenga una posizione di neutralità e garantisca la protezione della popolazione russofona. Un altro punto centrale delle richieste riguarda la revoca di alcune sanzioni imposte dall’Occidente contro la Federazione Russa e la risoluzione della questione dei beni russi congelati.
"Putin è pronto a fare la pace, ma non a qualsiasi prezzo", ha dichiarato una fonte russa ben informata sulla posizione del presidente russo, secondo cui, se il leader del Cremlino dovesse rendersi conto di non poter raggiungere un accordo di pace alle sue condizioni, sarebbe disposto a intensificare il conflitto per dimostrare all’Ucraina e all’Europa che “la pace di domani sarà ancora più dolorosa”.
Putin si è detto convinto che la Russia possa sostenere il conflitto per anni, anche sotto il peso delle sanzioni, e che, nel caso intravedesse un’opportunità tattica sul campo di battaglia, non esiterebbe a spingersi ulteriormente nel territorio ucraino. Infine un’altra fonte ha affermato che il presidente russo è attualmente meno disposto a scendere a compromessi sul piano territoriale e punta a ottenere il controllo completo di quattro regioni ucraine. "Putin ha indurito la sua posizione", ha aggiunto.

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