“Situazione catastrofica” nel Paese. A Derma si contano circa 6000 morti, l’ONU mobilita squadre di emergenza
Strade sventrate, interi quartieri distrutti, corpi naufragati sulla costa, rottami di auto e fango ovunque. È quanto resta della città di Derna, nell’Est della Libia, dopo le inondazioni provocate dall’impatto della tempesta Daniel negli scorsi giorni che ha fatto crollare la diga di Derna. Nella città della Cirenaica costruita dagli italiani e ora praticamente distrutta dalla furia dell'acqua i morti accertati sono almeno 6.000 dopo una prima valutazione di oltre 2.330 vittime, ma potrebbero diventare diecimila - secondo le stime della tv di Bengasi e della Croce Rossa - e oltre, perché le persone che mancano all'appello sono di fatto un numero indefinito. "Il bilancio delle vittime è enorme", ha affermato Tamer Ramadan, inviato per la Libia della Federazione internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, "finora il numero delle persone scomparse ha raggiunto le 10.000 unità". "La situazione a Derna è catastrofica... I corpi giacciono ancora in molti luoghi", ha raccontato invece Othman Abdel Jalil, ministro della Sanità del governo sostenuto dal Parlamento di Tobruk, che ha visitato la città dell'est. "Ci sono famiglie ancora bloccate nelle loro case e vittime sotto le macerie", ha detto Jalil all'emittente Almasar Tv, spiegando: "Le persone scomparse sono migliaia e si prevede che il numero dei morti raggiungerà i 10.000". "La situazione a Derna sta diventando sempre più tragica - ha aggiunto - e non esistono statistiche definitive sul numero delle vittime". Anche Hichem Chkiouat, ministro dell'Aviazione civile, è andato in quel che resta della città di 50mila abitanti per rendersi conto di persona della situazione: "I corpi giacciono ovunque: nel mare, nelle valli, sotto gli edifici". Nel cimitero ci sono più di 700 corpi accatastati in attesa di essere identificati. L'acqua, hanno raccontato i testimoni, "è salita fino a toccare i tre metri", distruggendo case, trascinando auto e persone, rendendo inagibili le strade trasformate in torrenti torbidi di fanghiglia rossastra. E proprio lo stato delle vie di comunicazioni rende difficili le operazioni di soccorso che sono state dirottate in alcuni casi via mare: da Tripoli è partita una nave carica di materiali sanitari. Intanto si è messa in moto la macchina internazionale degli aiuti insieme alle testimonianze di vicinanza e solidarietà alla popolazione già provata da oltre un decennio di guerra civile. Al Papa, "profondamente rattristato", si sono uniti "i sentimenti di sincera partecipazione al dolore dell'amico popolo libico" del presidente Sergio Mattarella. "Solidarietà e vicinanza" anche dalla premier Giorgia Meloni che ha sentito sia il primo ministro di Tripoli, Abdul Dabaiba, sia l'uomo forte della Cirenaica il generale Khalifa Haftar, per assicurare il sostegno nei soccorsi. Dall'Italia è atterrata in Libia la squadra annunciata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. "E' composta - ha comunicato il ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci - dal personale del nostro Dipartimento della Protezione civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Comando operativo di Vertice interforze e del ministero degli Affari esteri" e "opererà, d'intesa con le autorità locali, nei territori devastati dall'uragano Daniel". Il presidente americano Joe Biden ha annunciato che gli Usa "stanno inviando fondi di emergenza alle organizzazioni umanitarie e si stanno coordinando con le autorità libiche e le Nazioni Unite per fornire ulteriore supporto". Pronta a "fornire la necessaria assistenza" anche la Russia di Vladimir Putin. L'Unione europea, attraverso il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, si è detta "pronta ad aiutare le persone colpite da questa calamità" e ha parlato di "immagini strazianti". L'Onu, ha annunciato il rappresentante per gli Affari umanitari Martin Griffiths, sta mobilitando le squadre di emergenza.