L’agenzia dell’ONU per l’energia atomica (IAEA) ha approvato il piano del governo giapponese che prevede di rilasciare nell’oceano Pacifico un milione di tonnellate dell’acqua attualmente contenuta nella centrale nucleare di Fukushima e che è in parte contaminata da materiali radioattivi.
Dopo oltre dieci anni dall’incidente in cui la centrale nucleare fu gravemente danneggiata da uno tsunami, ci sono circa mille serbatoi pieni d’acqua, che è stata trattata in modo da ridurne la radioattività.
L’acqua contenuta nei serbatoi della centrale è acqua dell’oceano che fu usata dopo l’incidente per raffreddare i reattori danneggiati e altamente radioattivi. Tuttora il combustibile nucleare parzialmente fuso deve essere raffreddato e per farlo periodicamente viene usata nuova acqua, che si accumula nei serbatoi.
Gran parte delle sostanze radioattive viene rimossa dall’acqua che viene messa nei serbatoi, che però continua a contenere il trizio, un isotopo dell’idrogeno che non può essere rimosso, e piccole quantità di altri materiali.
Il piano del governo giapponese era stato presentato nel 2021, e da subito era stato molto contestato dalla popolazione locale, da gruppi ambientalisti, dai pescatori e dai paesi vicini al Giappone (in particolare Cina, Corea del Sud e il Forum delle isole del Pacifico, di cui fanno parte tra le altre Australia e Nuova Zelanda).
Il piano prevede che la società che gestisce la centrale nucleare di Fukushima, la Tokyo Electric Power Company, si occupi di trattare l’acqua per pulirla dalle sostanze radioattive e di farla arrivare dalla centrale alla costa attraverso una conduttura. Sulla costa, le acque verranno diluite con acqua di mare e poi fatte passare attraverso un tunnel sottomarino fino a uno sbocco in mare aperto. Ma non saranno disperse tutte nello stesso momento: l’intero processo durerà circa quarant’anni.