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Per il politologo Kamkin il prossimo passo sarà il genocidio della minoranza serba

Il 1° settembre è entrato in vigore nel Kosovo l’obbligo per tutti i serbi che vivono nel territorio governato da Pristina di cambiare la targa automobilistica serba con quella kosovara. I cittadini hanno la possibilità di apportare questa modifica entro il 31 ottobre, successivamente non potranno più entrare nel paese.

In prima istanza Belgrado non ha accettato il provvedimento di Pristina, in quanto non riconosce la Repubblica del Kosovo come stato indipendente, ma come regione serba a maggioranza albanese.

Successivamente il presidente serbo Alexandaer Vuvic ha dichiarato che Belgrado è pronta a scendere a compromessi sulla questione a determinate condizioni e se avrà garanzie da parte dell’UE. L’Unione Europea ha infatti assunto il ruolo di mediatore tra Pristina e Belgrado.

Miroslav Lajcák, rappresentante slovacco dell’UE, si è mostrato ottimista e fiducioso sul raggiungimento di un possibile accordo affermando: “La campagna di registrazione (delle nuove targhe) comincia il primo settembre e durerà due mesi. Per il primo settembre non mi aspetto nessun dramma, non vi è alcun motivo. Abbiamo due mesi per trovare una soluzione, come l'abbiamo trovata per i documenti di identità.”

Precedentemente Pristina aveva l’intenzione di introdurre documenti per l’entrata e l’uscita dal paese per i cittadini con carta d’identità serba, visto che Belgrado li aveva già introdotti. Grazie alla mediazione europea si è raggiunta la soluzione, per cui la Serbia ha abolito i documenti di ingresso e uscita per i cittadini kosovari e il Kosovo ha deciso di non introdurli.

Josep Borrell, l’Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, lo aveva annunciato per Twitter: “I serbi del Kosovo, così come tutti gli altri cittadini, potranno viaggiare liberamente tra il Kosovo e la Serbia utilizzando le loro carte d'identità. L'Ue ha appena ricevuto garanzie a tal fine dal primo ministro Kurti. Questa è una soluzione europea.

All’entrata in vigore sul provvedimento delle targhe si iniziano a mobilitare le forze armate, l’esercito serbo sta infatti svolgendo da ieri esercitazioni militari in una zona di sicurezza a 5 km dalla linea di confine del Kosovo, il Ministero della Difesa ha così giustificato la sua decisione: “Le esercitazioni si svolgono per mantenere un alto grado di prontezza al combattimento delle unità coinvolte e la loro capacità di rispondere rapidamente se necessario, nonché per garantire pace e sicurezza sulla linea amministrativa con la regione autonoma del Kosovo e Metohija.”. Ha poi aggiunto che svolgere le esercitazioni in quella determinata area è necessario per far fronte alle possibili azioni dei gruppi estremisti e della criminalità organizzata.

Si sono mobilitate anche le Forze Kosovari della NATO, le KFOR, due veicoli blindati sono stati visti nel nord del Kosovo, la regione dove vivono più serbi.

Dal prossimo anno la direzione delle KFOR dovrebbe tornare sotto la guida di un generale italiano, il ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini che all’ultima riunione dei ministri della difesa dell’Unione Europea, tenutasi a Praga il 30 agosto, ha asserito che l’Italia incrementerà il contingente nazionale di 250 militari.

Secondo il politologo Alexander Kamkin la volontà del governo di Pristina di introdurre prima documenti di identità e poi le targhe automobilistiche per l’ingresso in Kosovo dei serbi è una palese dimostrazione che la minoranza serba in Kosovo è considerata fuorilegge. Secondo lui il prossimo passo sarò il genocidio: “Ciò significa che la minoranza serba è fuorilegge. Per i serbi che ricordano il genocidio etnico degli anni ’90, questo è un segnale che oggi gli stanno togliendo i passaporti e domani verranno a uccidere. Nelle comunità densamente popolate, si stanno praticamente preparando alla resistenza civile.

Secondo Kamkin l’intervento delle forze NATO a seguito di possibili scontri tra la minoranza serba e la polizia albanese favorirà nettamente il Kosovo. L’esperto ha poi aggiunto “La Nato non salverà i serbi dal genocidio, ma salverà piuttosto gli spacciatori e i terroristi albanesi che si sono autoproclamati governo legittimo”.

Proprio per questo motivo il presidente Aleksander Vuvic si è dichiarato aperto al dialogo, in quanto è consapevole che Belgrado non riuscirà a proteggere i serbi con la forza.

Gli Stati Uniti attraverso il Kosovo stanno destabilizzando la regione col tentativo di provocare nuovamente la Russia e di dare origine a un terzo fronte di guerra.

A testimonianza di questo il politologo ha affermato: “Sono già trapelate informazioni che gli acquirenti della linea principale, almeno armi leggere al mercato nero, sono solo albanesi. La maggior parte delle armi, molto probabilmente, sono già utilizzate per destabilizzare la sicurezza nella regione.”

La Russia ha da sempre sostenuto la causa serba, non riconoscendo lo stato del Kosovo, ma considerando il territorio come serbo e occupato illegittimamente dal governo kosovaro. In caso di un’escalation degli eventi e di uno scoppio della guerra nell’ex-Jugoslavia, Mosca, a causa del suo isolamento sia aereo che marittimo, non potrà facilmente trasferire armi. Nonostante questo il senatore russo Jabrov ha dichiarato che la Russia è pronta a sostenere Belgrado.

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