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Il presidente Trump ignora le richieste di WikiLeaks di ritirare le accuse

Il governo degli Stati Uniti ha depositato oggi l'annunciata richiesta formale di appello contro il no all'estradizione negli Usa di Julian Assange, opposto in primo grado nelle settimane scorse dalla giustizia britannica per mano della giudice distrettuale Vanessa Baraitser. L'atto, secondo le procedure del Common Law, deve passare ora al vaglio della stessa Baraitser, chiamata a valutare se la richiesta sia sufficientemente argomentata e ad autorizzare l'eventuale ricorso effettivo alla Corte d'Appello con un via libera considerato comunque quasi scontato. Il fondatore australiano di WikiLeaks, perseguito legalmente e mediaticamente da anni da Washington per aver contribuito a diffondere imbarazzanti file riservati americani, incluse testimonianze documentali di crimini di guerra commessi in Afghanistan e Iraq, rischierebbe oltreoceano una condanna a 175 anni di carcere in base a controverse accuse di spionaggio e pirateria informatica. La giudice Baraister in primo grado ha rigettato le ragioni della difesa e di attivisti dei diritti umani come i vertici di Amnesty International che denunciano le imputazioni Usa come frutto di "persecuzione politica", ma ha comunque negato l'estradizione avanzando dubbi sull'oppressione del sistema carcerario americano ed evocando rischi di suicidio per Assange. I sostenitori dell'animatore di WikiLeaks, lasciato per ora recluso in un carcere di sicurezza britannico in attesa selle decisioni sull'appello in ragione di un presunto pericolo di fuga, avevano da parte loro lanciato nei giorni scorsi, ripreso nelle scorse ore da Stella Morris, compagna di Julian, un appello alle autorita' statunitensi a ritirare "una volta per tutte" le contestatissime accuse: appello ignorato però dall'ufficio dell'attorney general e da tutta l'amministrazione uscente di Donald Trump.

Fonte: Ansa

Foto © Gerry Knight

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