Roma. Un giorno come oggi di 40 anni fa l'Argentina si sveglia all'alba, senza sapere ancora di essere precipitata nella dittatura piu' sanguinosa e crudele della sua storia recente. Nella notte del 24 marzo del 1976 una voce solenne e marziale diffonde via radio e tv l'annuncio che una giunta militare guidata dal generale dell'esercito Jorge Rafael Videla, integrata dai capi della Marina e dell'Aviazione, Emilio Eduardo Massera e Orlando Ramon Agosti, ha destituito la presidente in carica, Isabelita Peron, assumendo pieni poteri. Inizia una tragedia collettiva e privata che portera' alla 'desaparicion' e alla morte di oltre trentamila persone, nell'indifferenza, nella accondiscendenza interessata e perfino nella complicita' delle grandi potenze del tempo. A cominciare dagli Stati Uniti. Il golpe e' nell'aria da mesi nel marzo del '76, forse addirittura da anni. L'economia e' in caduta libera, l'inflazione divora salari e stipendi, la guerriglia insanguina il paese, mentre la situazione politica e' surreale: alla Casa Rosada siede l'ultima moglie del leggendario Juan Domingo Peron, la timida Isabelita, ex ballerina di cui il Generale si innamora negli anni del suo lungo esilio a Madrid, portandola con se' a Buenos Aires nel ritorno in patria avvenuto nel novembre del '72. Ma alla morte di Peron, un anno e mezzo dopo il ritorno, il burattinaio che muove i fili del governo nazionale e' l'inquietante Jose Lope Rega, un personaggio oscuro e perverso, fondatore della Triple A, formazione paramilitare dedita all'eliminazione degli oppositori politici, che plasma la fragile personalita' di Isabelita e di fatto comanda il Paese. Gli argentini se lo aspettano il golpe, da un momento all'altro. Chiedono ordine nel caos, pretendono sicurezza, non tollerano piu' le folli decisioni dell'esecutivo in carica. E il golpe arriva. Inesorabile. Nel comunicato numero uno del governo militare diffuso nella notte del 24 marzo, la Junta annuncia la presa del potere definendola 'un dovere di fronte alla grave situazione di crisi morale, declino economico e dissoluzione sociale' che vive il Paese. Inizia quello che i militari chiamano "Processo di Riorganizzazione Nazionale". I partiti politici vengono di fatto messi fuori legge, il Parlamento esautorato, le attivita' sindacali perseguite, stampa e liberta' di espressione cancellate.
Fin dalle primissime ore che seguono al colpo di stato, arresti, perquisizioni, interrogatori, torture e sparizioni diventano moneta corrente. Studenti, sindacalisti, lavoratori e semplici cittadini accusati di simpatizzare per le 'forze della sovversione' vengono perseguitati senza pieta'. I garage di Buenos Aires si trasformano in mattatoi, viene inaugurata l'atroce pratica dei 'voli della morte', la famigerata Esma, la scuola superiore di meccanica della Marina, convertita nel 2004 dal governo Kirchner in un museo per la memoria dei crimini della dittatura e la promozione e la difesa dei diritti umani, diventa uno dei luoghi simboli delle atrocita' dei militari. E' la 'Guerra sucia', la 'Guerra sporca', che il regime mette in atto per reprimere la sovversione marxista e peronista. "L'Argentina e' in guerra e la sparizione di alcune persone e' una conseguenza non desiderata di questa guerra", e' la difesa politica e morale di Videla. Passano mesi prima che le madri degli scomparsi prendano coraggio e vadano di persona a chiedere alle autorita' notizie sulla sorte dei loro figli, scontrandosi contro un muro di menzogne, di coperture reciproche e di omerta'. La loro protesta e il loro dolore si trasformera' nella marcia silenziosa della plaza de Mayo, che ogni giovedi' pomeriggio, da anni, si trasforma in una enorma ronda colorata di bianco, come i fazzoletti delle madri che camminano per evitare l'accusa di adunata sediziosa e dunque l'arresto. Videla lascia il comando della giunta nel 1981 e il comando passa a Roberto Viola e poi a Leopoldo Galtieri. Il governo dei militari dura quasi otto anni, fino al tragico epilogo della guerra delle Falkland, scatenata proprio dal Gualtieri nell'82 per tenere in vita un regime ormai in agonia. La dittatura cade sotto i colpi della sua stessa retorica e delle cannoniere britanniche inviate da Margareth Tatcher nello sperduto territorio d'oltremare di Sua Maesta', lasciando un paese lacerato e cancellando una intera generazione. A distanza di 40 anni, nei giorni i cui Barack Obama, primo presidente americano, visita il memoriale delle vittime della dittatura e promette di aprire parte degli archivi americani per far luce su quegli anni, il discorso pubblico sulla dittatura divide ancora il popolo argentino e la classe politica del Paese. Le ferite restano aperte. E continuano a sanguinare. (AGI)