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bandiera palestinaTra pochi giorni, domenica 29 novembre, l’Onu ci invita a celebrare la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese. Ma nel nostro paese non sono previste molte manifestazioni.

Di certo lo abbiamo rimosso. Dal nostro cuore, dalla nostra agenda, dall'agenda politica e mediatica. Di scuse ne abbiamo molte: la crisi economica che ci ha colpito, il grande caos internazionale, il terrorismo che piomba sulle nostre vite, le tante guerre che dobbiamo affrontare, una situazione in Palestina e Israele che non riusciamo più a capire, un'informazione che non ci aiuta ad andare oltre l'ultimo episodio di cronaca nera.

Ma il problema rimane. E come tutte le malattie trascurate sta degenerando. La parola chiave di questa fase è "disperazione". Una disperazione profonda, diffusa. Quella che viene dopo la fine di una grande speranza. Quella che precede l'irreparabile.

Sono passati ben sessantotto anni, dal giorno in cui l'Assemblea Generale dell'Onu istituiva in Palestina uno "Stato ebraico" e uno "Stato arabo", assegnando alla città di Gerusalemme uno speciale status internazionale gestito dalle Nazioni Unite. Dei due Stati previsti nella Risoluzione 181 (II) del 1947, conosciuta come Partition Resolution, finora è stato creato solo Israele. Lo Stato di Palestina ancora no. E il popolo palestinese continua a sopravvivere nella morsa dell’occupazione militare israeliana, circondato da violenza, muri, filo spinato e uno sterminato silenzio internazionale.

Il 29 novembre l’Onu ci invita a riaccendere i riflettori su un’insopportabile tragedia umana e politica che ogni giorno diventa più pericolosa per tutti. E’ come una molla che si sta continuando a caricare e che all’improvviso ci scaricherà addosso tutta l’energia distruttiva che ha accumulato.

Le cose da fare per scongiurare il peggio sono note. Serve un piano serio per chiudere il conflitto nel più breve tempo possibile. Entrambi i popoli hanno diritto di godere la stessa dignità, gli stessi diritti e la stessa sicurezza. L’Europa ha un grande “interesse” a chiudere al più presto questo conflitto ed evitare che finisca per alimentare il terrore. E l’Italia, che vanta ottime relazioni sia con gli uni che con gli altri, può fare moltissimo. Ma serve un impegno nuovo, di tutti e di ciascuno. Domenica 29 novembre chiediamo pace per Gerusalemme (e il resto del mondo).

"Non ci sarà pace nel mondo finché non regnerà in quelle terre piena pace. E tutti gli sforzi di pace in quelle terre avranno una ripercussione straordinaria sul pianeta intero."
Card. C. M. Martini


Flavio Lotti,
coordinatore nazionale della Tavola della pace

PS: Domenica 29 novembre, a Perugia centinaia di persone prenderanno parte al “Pranzo della Pace”, un piccolo viaggio alla scoperta dei sapori di Gerusalemme e della terra di Palestina accompagnato da musica, poesie, testimonianze, riflessioni e immagini.

Una importante occasione per ritrovarci assieme dopo i tragici fatti di Parigi (e del mondo), stringerci attorno a tutte le vittime di queste tragedie e riflettere su quello che sta accadendo e su quello che possiamo fare noi.

Il “Pranzo” si svolgerà a poche ore dell’apertura della Conferenza dell’Onu sul Cambiamento Climatico Cop21 di Parigi e ci consentirà di partecipare alla Marcia Globale per il Clima che il 29 novembre darà voce a tutti i popoli della terra e al diritto di vivere in un clima di pace.

Spero che tu possa partecipare e vivere assieme a noi questa nuova giornata all’insegna della pace e della solidarietà autentica.

Appuntamento alle ore 12.00 al CVA di Pretola-Perugia.

Per info: Tavola della Pace, tel. 075/5736890 – cell. 335.6590356

Perugia, 24 novembre 2015

Info: perlapace.it

Foto di unimondo.org

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